XIII. La fine di una dittatura
La “caduta” di Pinochet, a lungo considerato in Cile un intoccabile, tanto che negli ambienti militari continua ad avere numerosi seguaci, iniziò il 22 settembre del 1998, quando, in occasione di una suo viaggio a Londra per una operazione chirurgica, Amnesty International e altre organizzazioni chiesero subito il suo arresto per violazione dei diritti umani.
Pochi giorni dopo il giudice spagnolo Baltasar Garzón emise un mandato di cattura internazionale, chiedendo di incriminare il generale per la morte di cittadini spagnoli durante la dittatura cilena.
A sostegno di questa richiesta si espressero le sentenze dell`Audiencia Nacional di Madrid e della Camera dei Lords di Londra, richiamandosi al principio della Difesa Universale dei Diritti dell`Uomo e stabilendo rispettivamente che la Giustizia spagnola era competente per giudicare i fatti avvenuti durante la dittatura militare in Cile dal momento che si trattava di “crimini contro l`umanità” che colpiscono, come soggetto giuridico, il genere umano nel suo insieme e che i presunti autori di gravi delitti contro l`umanità, come appunto Pinochet, non godono di immunità per i loro crimini, neanche se si tratta di capi di Stato o ex capi di Stato.
Ma, dopo 305 giorni agli arresti, il 2 marzo 2000, il ministro dell’interno del Regno Unito, Jack Straw, respinse la richiesta del magistrato spagnolo e decise di liberare Pinochet e di permettere il suo ritorno in Cile, negando l’estradizione.
A Santiago, il giudice Guzman continuò, comunque, a indagare sui crimini di Pinochet, ottenendo, nel maggio 2004, che la Corte d’Appello, con una decisione storica, approvasse il ritiro dell’immunità all’ex governante, accusandolo di partecipazione alle violazioni dei diritti umani nell’Operazione Condor, e del coordinamento dei servizi di sicurezza dei governi militari dell’America Latina negli anni della sua presidenza. Anni durante i quali furono torturate, uccise e fatte barbaramente sparire almeno trentamila persone: gli uomini di Unidad Popolar, la coalizione di Allende, militanti dei partiti comunista, socialista e democristiano, accademici, professionisti religiosi, studenti e operai.
Nel giugno 2005 la Corte d’Appello decise che era possibile iniziare un processo a suo carico per presunti reati economici, dopo il ritrovamento di conti milionari a nome di Pinochet nella Banca Riggs negli Stati Uniti.
Un mese più tardi lo stesso tribunale dichiarò che poteva esser processato anche per l’Operazione Colombo, che vide la scomparsa di 119 militanti di sinistra nel 1975.
Nell’agosto del 2005, inoltre, furono arrestati la moglie Lucia e il figlio Marco Antonio, per reati connessi ai conti bancari in America.
Nell’ottobre 2006 condannato agli arresti domiciliari, accusato per i crimini commessi nel centro di detenzione “Villa Grimaldi”, pagò la cauzione e rimase libero.
Nel novembre fu nuovamente condannato agli arresti domiciliari, questa volta per la sua presunta responsabilità nei sequestri e nell’omicidio di due guardie del corpo di Allende.
(continua)