..."Il giovane favoloso"...Regia di Mario
Martone...
Dopo aver raccontato l’età del
Risorgimento dal 1828 al 1862 nel film Noi credevamo(2010),
liberamente tratto dal romanzo di
Anna Banti, dopo soprattutto la magnifica rappresentazione teatrale delle Operette morali , Martone torna a trattare al cinema il tema della necessità di promuovere un rinnovamento culturale e morale degli
italiani , che potevano avvertire nel XIX secolo gli intellettuali più
illuminati. Giustamente ha commentato
Roberto Saviano: Martone è attratto dall’Italia che poteva essere e non è stata. Proprio nel delineare una biografia di
Giacomo Leopardi il regista infatti sembra voler raccontare come
nel pensiero e nella sensibilità di un genio precoce come quello
era stato concepito per la prima
volta in modo laico il fondamento
filosofico che avrebbe dovuto ispirare
un miglioramento dei “costumi
degli italiani”, anche se il saggio relativo di Leopardi (Discorso sopra lo stato presente dei costumi
degl'Italiani, scritto nel 1824 e pubblicato per la prima volta solo nel
1906) nel film non è citato.
Già
nel 2004 Martone aveva
rappresentato in teatro il
personaggio Leopardi accanto ad altri due
ugualmente napoletani non nativi, cioè Caravaggio e Anna Maria Ortese, ispirandosi a L’opera
segreta ( raccolta di testi
dell’Ortese a cura di Enzo Moscato).
Nel film si coniugano questo amore del regista per Napoli, sua città natale, e
quello per la personalità stessa del “giovane favoloso”. La sua simpatia per il
poeta recanatese evidentemente ha contagiato anche l’attore
che nel film lo impersona, cioè un sensibile, concentratissimo Elio Germano,
che ha studiato anche lui, come gli sceneggiatori, gran parte della produzione
leopardiana per immedesimarsi nella parte.
La pubblicazione della sceneggiatura (Mario Martone e Ippolita di Majo, Il giovane favoloso. La vita di Giacomo Leopardi, Milano,
Mondadori 2014) ne dà atto, offrendo, in
una appendice a cura di Ippolita di Majo, una scelta di
lettere, di aforismi dai Pensieri
e di brani dello Zibaldone del grande personaggio, raccolti “cercando Giacomo”,
come indica il titolo dell’introduzione. Infatti in
tutti i dialoghi del film gli
interventi attribuiti a
Leopardi sono tratti dai suoi testi. Inoltre, come ha dichiarato
il regista stesso, raccontare la vita interiore, intellettuale e sentimentale, di questo Poeta
è stato reso possibile dall’autobiografismo presente in
tutta la sua produzione letteraria.
La breve vita del “giovane
favoloso” (1798-1837), nato e formatosi
a Recanati, in una famiglia
nobile dell’allora Stato
pontificio, si svolge durante l’età
della Restaurazione, cioè in un ambiente
e un tempo di imperante
conformismo reazionario e bigotto. Pertanto per le sue idee nuove, liberal democratiche,
Leopardi dai contemporanei era considerato
un rivoluzionario. Per raffigurare dunque come questo singolare personaggio, dal pensiero moderno,
fosse fuori del suo tempo, il
primo piano del suo interprete, Elio Germano,
nel manifesto del film è presentato
capovolto. La focalizzazione
sulla figura e la vita interiore del
protagonista, senza le interferenze di
avvenimenti esterni, è resa possibile dal fatto che il relativo contesto
storico era privo di rivolgimenti incisivi come quelli che si sarebbero messi in moto solo più
tardi, dopo la morte del poeta
recanatese.
E’ comprensibile come Il giovane favoloso di Martone si
rivolga particolarmente ai
ragazzi e alle ragazze (e non solo). Non
si tratta però di una lezione sul Poeta,
del quale , poiché lo si studia
in tutte le nostre scuole, ogni
italiano conserva gelosamente una
propria immagine e una personale
lettura: qualunque tentativo
di rappresentare, illustrare sullo schermo oggettivamente la vita e la interiorità di Leopardi apparirebbe, a
ciascuno o ciascuna degli spettatori, inevitabilmente inadeguato
sotto questo o quell’aspetto. Questo film va visto invece come espressione del punto di vista di Martone,
che ha voluto “far sua” l’evoluzione del
pensiero leopardiano fino alla Ginestra per comunicare le proprie idee attraverso il
cinema , come aveva fatto in teatro rappresentandole Operette morali.
L’opera
ritrae un giovane eccezionale,
come recita il titolo stesso, tratto da una definizione di Anna Maria Ortese (in Pellegrinaggio alla tomba di Leopardi ).
Ma nello stesso tempo rappresenta un Leopardi con i
tratti tipici della gioventù di
tutti i tempi, come la propensione allo scherzo e l’uso dell’ironia. Pertanto il film ci dice, senza toni retorici né didascalici,
che la giovinezza in generale, se vissuta coraggiosamente e con riflessione
critica su se stessi e sul proprio
contesto, può far scoprire o costruire nuove, più moderne e utili
visioni del mondo, anche quando queste comportano una tale discontinuità con le
idee dei padri da far esplodere la
ribellione.
Inoltre Martone attraverso Leopardi mostra
come ci possa essere spiritualità in una visione
laica del mondo, in una
concezione materialista della
vita umana, non antropocentrica . La virtù è , secondo il Poeta, cercare e
riconoscere il vero fino in
fondo, guardarlo in faccia
coraggiosamente anche se doloroso,
invece di affidarsi a false
credenze per trovarvi illusorie
consolazioni; solo così si riesce a scoprire il valore della
solidarietà. Chi critica il regista per aver
rappresentato senza reticenze gli aspetti della malattia e delle deformità del corpo
di Leopardi non tiene conto dunque della necessità di rappresentare, e
sottolineare, le condizioni fisiche, materiali,
in cui nasce la spiritualità della poesia e della filosofia morale nell’ autore recanatese, che non faceva
sconti al riconoscimento del vero,
con tutti gli aspetti del “ male
di vivere”, di cui avrebbero parlato molti scrittori e poeti del secolo successivo. Infatti quello di Leopardi - è stato giusto
mostrarlo come ha fatto Martone- è
l’esempio della disabilità che contiene
la ricchezza del pensiero e della sensibilità.
Ma il film ci dice anche di più, valorizzando il desiderio, che viene mostrato sempre
vivo in Leopardi, anche se
insoddisfatto e deluso. Ci dice che la capacità di aspirare alla felicità, quando si sta vivendo
una condizione infelice, comporta un’
immaginazione che crea l’utopia. Ne La ginestra
questa viene descritta nella strofe che definisce saggi gli uomini che
si associano in pace e stolti quelli che si fanno la guerra. E
l’associazione pacifica, civile degli esseri umani, impegnati
nell’essere solidali, in aiuto reciproco contro i mali della natura non è un
bel desiderio utopistico anche oggi?
Nel nostro tempo, di crisi in tutti i campi , manca il desiderio, la
capacità di costruire utopie, specialmente a molti giovani(per esempio quelli che né studiano né
lavorano), che ne avrebbero bisogno per
saper dare alla propria vita scopi attivi e costruttivi. Senza utopie un ragazzo non trova neanche il
coraggio di contrapporsi con il nuovo ai genitori, di ribellarsi contro le
ingiustizie, di leggere il mondo
contemporaneo, aiutando così la
generazione dei padri a vedere quello
di cui, attraverso soltanto
la propria vecchia esperienza, non potrebbe
accorgersi.
Martone insiste anche nell’evidenziare i sentimenti di
Leopardi per le persone: l’amore e
l’amicizia. Nel film, passeggiando con Giordani, Giacomo, deluso da
Fanny, confessa proprio di aver bisogno
soprattutto d’amore. Gli viene risposto
con una rassicurazione affettiva da parte dell’amico. E poi anche Antonio
Ranieri gli vuole bene, tanto da coinvolgere
perfino la propria sorella Paolina nelle cure di lui. E’ merito del regista
aver sfiorato con molto garbo(uno sguardo fulmineo di Giacomo al bel
corpo nudo di Antonio)
il discusso, pettegolo e
ipotetico rapporto omosessuale di Giacomo con Antonio durante la loro
settennale convivenza. Martone ha mostrato lo sconfinamento tra i sentimenti di un
essere umano: amore e amicizia possono essere, o sono, perfettamente
sovrapponibili. Tanto più che -evidentemente il regista non lo dimentica-
Leopardi vive nell’età del “forte sentire”, l’età dei sentimenti, il
Romanticismo, anche se egli non si è mai voluto ascrivere alla categoria dei
poeti romantici.
Il giovane favoloso racconta dunque
in modo corretto la biografia
intellettuale del grande Poeta, che è, almeno fino al Novecento inoltrato,
l’unico autore della letteratura italiana che si possa definire moralista come
quelli della letteratura francese. Tuttavia
il film non
vuole essere e non è, non va visto come una lezione su Leopardi, bensì
come l’espressione del pensiero di
Martone, che comunica la sua visione del mondo
attraverso quel personaggio, pur
attenendosi con rispetto e rigore ai dati autentici della relativa produzione scritta. Lo spettatore è invitato a una tale
interpretazione anche dalla scelta della musica elettronica di Sascha Ring, voluta dal regista, che fa saltare la memoria scolastica del Poeta introducendo
le note del nostro presente.
Perfino la splendida fotografia
di Renato Berta, che utilizza il chiaro e lo scuro come
in una pittura caravaggesca, ma in inquadrature modernissime, induce ad
un confronto fra ieri e oggi.