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Anima e terra: aforismi e annotazioni
La rivoluzione culturale junghiana: I) Nel segno di Dioniso
Franco Livorsi

1) Dioniso e il Crocifisso da Nietzsche a Jung 

  Nelle note che seguono vorrei riflettere sul ruolo dello junghismo nella cultura contemporanea, anche nella prospettiva del nostro secolo..

   Al proposito mi pare che un buon punto di partenza possa essere costituito dallo scambio di lettere tra Jung e Freud dell`11 - 13 febbraio 1910. Scriveva allora Jung a Freud, motivando il suo rifiuto di aderire ad un`organizzazione etica a sfondo umanitario, diretta da un tale dottor Knapp, evidentemente segnalatagli dal padre della psicoanalisi: 

   Se una coalizione deve significare qualcosa sul piano etico, non deve essere mai artificiale, ma essere alimentata dagli istinti profondi della razza (qui nel senso di specie umana, n.d.a.). Insomma, qualcosa come la Christian Science, l`Islam, il buddhismo. La religione può essere sostituita solo dalla religione. (...). I duemila anni di cristianesimo debbono essere rimpiazzati in maniera equivalente. Un ordine etico che non abbia in sé niente di mitico e sia privo di qualsiasi forza motrice arcaico-infantile, è invece un vuoto puro e non potrà mai destare nell`uomo un po` di quell`antichissima forza animale che spinge gli uccelli migratori a varcare i mari, e senza la quale non si avrebbe la transumanza irresistibile delle greggi. Io mi immagino per la ΨA (psicoanalisi, n.d.a.) un compito ben più bello e ben più vasto del semplice approdo a un ordine etico. Penso che occorrerebbe lasciare ancora alla ΨA il tempo di filtrare da molti centri nei popoli, di ridar vita negli intellettuali al senso del simbolico e del mitico, di ritrasformare piano piano il Cristo nel profetico dio della vite che egli fu (Dioniso, n.d.a.), e di assorbire così quelle forze propulsive estatiche, e tutto all`unico scopo di fare del culto e del mito sacro ciò che essi furono, ossia l`ebbra celebrazione della gioia (come nell`orgia sacra dei misteri di Dioniso e delle sue baccanti, n.d.a.), dove l`uomo può essere animale in ethos e santità (come nel genuino cristianesimo, n.d.a.). (...) Una pura e autentica evoluzione etica non può abbandonare il cristianesimo, ma deve crescere nel suo grembo, deve condurre a pienezza il suo inno d`amore, il dolore e il rapimento per il Dio che muore e risorge, la forza mistica del vino, e i brividi antropofagici della comunione... solo questa evoluzione etica fa proprie e utilizza le forze vitali della religione. Mentre un sindacato di interessi dopo dieci anni torna a morire.  

   La psicoanalisi, secondo Jung (e non secondo Freud, che subito si schermì laicamente, in modo persino spiccio, negando di aver mai voluto fondare una religione)[1], qui emerge come qualcosa che è ben più di una psicoterapia. Deve piuttosto essere intesa, secondo Jung (che pure era ancora un freudiano entusiasta, o così credeva di essere), come la base per una nuova cultura, tale da riconciliare, o da ri-fondere, Dioniso e Gesù Cristo: il dio della vite che muore e rinasce e il redentore; la santità dell`istinto liberato - o scatenato - e la coscienza etica più elevata, la spontaneità vitalistica della Natura e la responsabilità morale che dello Spirito - pur immanente in essa - è proprio. Questo è, per Jung, il problema della Modernità, o della post-modernità.

 (È tra l`altro del più grande interesse la questione del "ritorno di Dioniso" nella cultura moderna e contemporanea, in cui l’archetipo di questo nume pare operare quasi come un fiume carsico, specie dal proto-romanticismo in poi, come emerge in un bellissimo libro di storia della cultura su Dioniso, specie in ambito germanico e nell`epoca del Romanticismo, ma con una proiezione anche sull`oggi: Il dio a venire. Lezioni sulla nuova mitologia, di Manfred Frank, del 1982)[2].

   Nell`approccio di Jung a Dioniso di cui si è detto, in ogni caso si esplicita già un riferimento centrale nella cultura di Jung: Nietzsche, il grande riscopritore dello "spirito dionisiaco", spirito inteso come immagine della natura e della nostra stessa vita, che procede attraverso la distruzione, o la morte, o il dolore. Dioniso, il dio della tragedia greca, è il nume della gioia di vivere e della creatività della vita, e della liberazione orgiastica del femminile (espressa dalle sue "baccanti"), ma è anche la personificazione della vita che procede come un tutt`uno (direi come il Vivente) attraverso la morte e la rinascita, in eterno. Dioniso fatto a pezzi e divorato dalle sue baccanti in forma di capro, durante l’orgia sacra delle baccanti, rinasce nel succo della vite, che, forse in forma di vino drogato, bevuto in quei riti notturni, dà gioia e, insieme, la visione di se stesso[3].

   Il rapporto tra Jung e Nietzsche del resto è già stato studiato a fondo, anche negli ultimi anni. Al proposito è da vedere il saggio del 1992 di uno studioso afferente all`Associazione Italiana di Psicologia Analitica, Romano Madera: Jung e Nietzsche[4]. Ma è soprattutto da vagliare con attenzione un volume collettaneo di Mario Pezzella, Fulvio Salza, Dario Squilloni, Giorgio Concato, con un saggio di James Hillman. Al centro di questo lavoro del 1996 sono i seminari che Jung, per ben cinque anni consecutivi, dal 1934 al 1939, dedicò al Così parlò Zarathustra di Nietzsche, letto da lui in chiave psicologica: lavoro raccolto postumo, in inglese, nel 1988[5].

 Ma dalla bella lettera citata di Jung a Freud emerge anche, sin da quel momento, la differenza tra Jung e questo grande filosofo del mondo contemporaneo. Nietzsche concludeva il suo Ecce homo, la sua autobiografia idealizzata del 1988, con l`indicazione icastica: "Sono stato capito? Dioniso contro il crocifisso"[6]; Jung vuole "Dioniso e il Crocifisso", uniti e possibilmente fusi. (In caso di contrasto irriducibile, opta sempre, persino con prudenza deliberata, da svizzero di fatto e di elezione, per il secondo).

   Una tale conciliazione o fusione però è possibile solo in quanto nella natura, o nell`inconscio, o anche nell`animale (in quanto noi pure lo siamo, sia pure "culturali", "razionali"), ci sia già, da sempre, anche lo spirito, la coscienza almeno latente, il logos (minuscolo e maiuscolo). Il centro della coscienza individuale (l`Io) e dell`inconscio personalizzato (l`Anima) si raccolgono per Jung nel Sé: non proprio Deus che habitat in interiore homine come per Agostino, ma comunque imago dei, o Dei, a priori in noi: latenza del Numinoso in ciascun individuo e a sua misura. Noi, secondo Jung, siamo vissuti dall`inconscio collettivo, che dal Sé - al pari della coscienza - s`irradia (solo che per lui dal Sé s’irradia anche l’inconscio). Ad esso ineriamo, sia esso solo attività simbolizzatrice com`è oggi anche per alcuni junghiani "critici" (come Mario Trevi)[7], o sia il cosiddetto, o non-cosiddetto, mondo del dio, o degli dèi, come per altri (Hillman e la psicologia archetipica). Ci si trova comunque, in senso lato o in senso stretto, su un terreno ben contiguo rispetto a quello religioso.

   Questo è importante, nell`economia dell`analisi che prospetto. Infatti lo junghismo può anche essere considerato come una grande interpretazione, e soprattutto come una grande risposta, nei confronti del processo di secolarizzazione,o scristianizzazione, o perdita progressiva di ogni fede religiosa (per molti inarrestabile). Presuppone sin dall`inizio il "Dio è morto" di Nietzsche, ma anche la ricerca volta a far risorgere il morto (Dio) dal sepolcro.

 

2) La secolarizzazione come punto di partenza della nuova religiosità psicologica 

   Qui si deve fare speciale riferimento a Presente e futuro di Jung (1957). La religione cristiana come insieme di fatti storici documentati dai Vangeli in questo grande saggio junghiano è ritenuta incompatibile con la coscienza "scientifica" dell`uomo moderno, che se deve credere in quella maniera tradizionale, la quale pretende che eventi chiaramente mitici, o avvolti nel mito, siano creduti storici in senso forte, non può più farlo: anche se poi, rimasto senza dio, secondo Jung l’uomo  moderno rischia di regredire al pre-cristianesimo (ossia di approdare al neopaganesimo, inteso come ritorno del rimosso), o comunque rischia di cadere in atteggiamenti da pazzo morale, ormai forieri persino di olocausti nucleari.

   La numinosità, il senso del Sacro, l`apertura al divino, ritenuti comunque psicologicamente imprescindibili e vitali per il futuro della civiltà occidentale, sono dunque problemi fondamentali, per Jung[8]. Ma egli ritiene che tutto ciò possa darsi solo a partire da punti di arrivo della Modernità stessa, quali: la non-fede, sempre più diffusa, in un dio indipendente dalla creazione, e dunque trascendente; l`insostenibilità del dualismo metafisico, che raddoppia senza necessità logica il mondo ponendo da un lato la materia e dall`altro lo spirito, e del parallelo dualismo morale, che separa nettamente non solo Dio e mondo, spirito e materia, infinito e finito, ma anche bene e male; la scoperta del carattere mitico piuttosto che storico delle narrazioni religiose anche più sublimi e a noi più care.

   Ciò premesso per lo Jung specie post-freudiano, diciamo dal 1912 in poi, si deve ritrovare la numinosità nell`essere, dio nella materia. Si deve, inoltre, riscoprire la santità, o meglio la numinosità, la divinità, nella spontaneità vitale, e specialmente nella sfera istintuale. Usando la famosa affermazione del De vera religione di Sant`Agostino sulla necessità di "non voler uscire" da se stessi", e anzi  di "tornare" in se stessi, perché "nell`interiorità umana abita la verità", identificata con Dio ("Noli foras ire; in te ipsum redi, in interiore homine habitat veritas"[9]), si può dire che per Jung si debba ritrovare Dio (maiuscolo o minuscolo) "in interiore Natura" e soprattutto "in interiore homine" (anche per lui come per il santo di Ippona), ma sapendo che specie da Freud in poi l`interiorità dell`uomo è l`inconscio: è - per intenderci bene - la psichicità delle pulsioni, per cui la traccia di dio va trovata, per così dire, nell`interiorità della sfera pulsionale (e qui fa di nuovo capolino Dioniso). Quel dio sarà solo un evento psicologico, ma per la psiche, che è poi il solo tramite che abbiamo con la realtà, sarà il numinoso vero e proprio, l`infinito, l`eterno, direttamente esperiti, a scorno "dei sapienti", dei logici puri, degli empiristi e di quant`altri non ne abbiano fatto esperienza. La dimostrazione di esistenza del Numinoso in sé e per sé è indifferente a colui che fa esperienza del Sé, come lo è la realtà delle allucinazioni per i pazzi, che le ritengono autoevidenti perché ne fanno esperienza (con la differenza che colui che compie il grande viaggio alle radici dell`inconscio, sino a rinascere nel Sé, o a intuire che potrebbe rinascere, o a rinascere parzialmente, non è pazzo affatto; non perde la coscienza di sé neanche nell’esperienza estatica, anche se nell`ardua discesa nella propria interiorità più profonda potrebbe pure diventarlo, qualora non avesse prima reso solido il proprio Io attraverso un lento processo di autotrasformazione interiore, analitico o no)

 

3) La religiosità psicologica oltre il dualismo 

 Tutto ciò è spiegato ampiamente da Jung in tutto l`XI volume delle sue Opere, intitolato Psicologia e religione[10]. Jung propone di recuperare la fede religiosa a livello psicologico, attraverso un ragionamento complesso, che ritroviamo anche in molti saggi sulla struttura della psiche e sull`alchimia, compresi in altri volumi delle opere[11]: da un lato affermando la plausibilità, anche senza certezze, di una spiegazione non materialistica dei fenomeni naturali (ricerche sul sincronismo condotte con l`amico grande fisico Wolgang Pauli, per scoprire, ad esempio a partire da eventi largamente comuni come la telepatia, un nesso tra i fenomeni di tipo acausale: di interdipendenza nell`unità della vita invece che di causa-effetto e di determinismo o necessitarismo anche intesi - come fa ormai tutta la scienza - in modo non meccanicistico, e cum grano salis); dall`altro dimostrando, come psicologo-filosofo, ma anche come psicologo empirico, la realtà fenomenologica dell`esperienza del Sacro, nel senso di Rudolf Otto, la cui opera fondamentale - Il sacro. L`irrazionale nell`idea del divino e la sua relazione al razionale, del 1917 - è a Jung ben nota, ed espressamente citata come referente teorico accettabile e importante[12]. Anche di lì trae l`idea, poi permanente in lui, del carattere antropologico imprescindibile dell`esperienza religiosa.

   Le ricerche del primo genere, sulla spiritualità della materia, vengono a Jung, per suoi espliciti riferimenti, dal bergsonismo. Per noi però vanno implicitamente, ed anche esplicitamente, molto al di là: sino all`indeterminismo di Heisenberg, e soprattutto sino al Tao della fisica (1975) di Fritjof Capra (e opere successive), autore che non a caso inserisce esplicitamente Jung nel nuovo paradigma del sapere, post-materialistico, di cui anche come scienziato è alla ricerca. L`indeterminismo di Heisenberg - contraddetto dalla famosa affermazione di Einstein per cui "Dio non gioca a dadi", con cui lo scopritore della relatività indicava l`irrinunciabilità di una teoria scientifica atta a trovare "un giorno" una nuova spiegazione unitaria e necessaria dell`insieme dei fenomeni come quella che aveva creduto di aver scoperto Newton con la sua "legge" della gravitazione universale, sorpassata proprio dalla teoria della relatività - affermava che a livello sub-atomico le leggi della fisica tradizionale non valgono più, e gli atomi paiono muoversi “come vogliono”, con logica ricostruibile solo applicando a tali eventi, formalmente arbitrari, una visione sistemica, una sorta di "calzascarpe" atto a razionalizzare fenomeni formalmente irrazionali (attraverso un modello sovrapposto ai fenomeni stessi, che a quel punto potrebbe ben essere immaterialistico invece che materialistico). Su tale traccia Capra, suo allievo, è giunto appunto a vedere il tutto come una sorta di grande organismo vivo che opera, per dirla con gli antichi mistici tendenzialmente neoplatonici o panteisti, come "natura naturans", ossia come natura che crea la natura (ossia che “fa” la natura naturata), ossia come un tutto che è mondo e dio (Tutto-Uno, o “in” Uno), nel senso che agisce come il Vivente. Il mondo è infatti rappresentato da Capra con l`immagine della "danza di Shiva", che nell`induismo aveva già avuto un senso analogo, in riferimento al farsi e disfarsi di tutto in una natura intesa, nella più profonda essenza, come energia pura ed eterna, o spirito, o dio vivente.

   Ora, non a caso, Capra dedica a Jung molte pagine della sua opera fondamentale, Il punto di svolta. Scienza, società e cultura emergente (1982), sia a proposito degli studi sul sincronismo, sia per i nessi tra nuova fisica e misticismo. Mi pare rilevante, in particolare, la seguente osservazione:

 

   L`approccio di Jung alla psicologia ha avuto un impatto profondo su successivi sviluppi (...). I suoi concetti di base trascesero chiaramente i modelli meccanicistici della psicologia classica e portarono la sua scienza molto più vicina alla cornice concettuale della fisica moderna di qualsiasi altra scuola psicologica[13].

 

   Va tra l`altro notato che anche questi aspetti che connettono psicologia analitica e nuova fisica hanno a che fare con la questione del dionisiaco di cui si è detto. Per me non è affatto casuale che la parentela tra Dioniso e Shiva sia stata tematizzata da Alain Daniélou, in Siva e Dioniso. La religione della Natura e dell`Eros. Dalla preistoria all`avvenire, del 1979 [14].

 Nel mito antico a un certo punto Dioniso guarda la sua immagine in un pozzo e vede tutto l`universo.

(Segue)



[1] Lettere tra Freud e Jung, a cura di W. McGuire, con la collaborazione di W. Sauerlander, Torino, Boringhieri, 1974, pp. 316-317.

[2] Trad., Torino, Einaudi,  1992.

[3] L`ipotesi dell`uso di una droga simile all`LSD mescolata al vino nei misteri ellenici è stata fatta in un piccolo strano, e forse “pericoloso”, ma pure interessante libro di Albert HOFMANN (lo scopritore dell`LSD), di Gordon WASSON ("esperto di funghi psichedelici", come recita il rovescio di copertina) e di Carl RUCK, insigne antichista: Alla scoperta dei Misteri Eleusini, del 1978, Milano, Libri Urra: Apogeo editore,  1996.

[4] Il saggio è comparso nel primo vol. del Trattato di psicologia analitica, diretto da A. Carotenuto, Torino, UTET, 1992, pp. 67-93.

[5] L`op. di F. W. NIETZSCHE, Così parlò Zarathustra. Un libro per tutti e per nessuno- sottotitolo spesso omesso-  comparsa tra il 1883 e il 1885, è disponibile in italiano in molte traduzioni, tra le quali si segnalano quelle uscite a Milano da Longanesi, da Adelphi e nella Biblioteca Universale Rizzoli. E` consigliabile avvalersi della trad. di S. Giametta edita dalla Biblioteca Universale Rizzoli nel 1985 con introduzione e commento di G. Pasqualotto, soprattutto per il commento, che pur non essendo sempre condivisibile- ad esempio in materia di eterno ritorno (relativizzato sino a rovesciarne il senso trasformandolo in un divenire continuo) - è importante ed imprescindibile specie per un primo approccio critico, necessitante di un dettagliato e approfondito commento.

 Il grande testo di Jung cit. è: Nietzsche`s Zarathustra. Notes of the Seminar Given in 1934-1939, a c. di J. L. Jarrett, Princeton University Press, 1988, due volumi.  

 Si veda infine: M. PEZZELLA, F. SALZA, D. SQUILLENI, G. CONCATO, con un saggio di J. HILLMAN, Lo spirito e l`Ombra. I seminari di Jung su Nietzsche, a c. di M. Pezzella, Bergamo, Moretti e Vitali editore,  1996.

[6]  Il testo Ecce homo di Nietzsche, del 1888 (ma postumo 1907), è stato pubblicato in ed. critica in italiano  a Milano, da Adelphi,  nel 1970.

[7] M. TREVI, Per uno junghismo critico, Milano, Bompiani, 1987.

[8] C. G. JUNG, Presente e futuro, cit., 1957, in: “Opere”, X/1: Civiltà in transizione dopo la catastrofe”, 1986, pp. 101-155.

[9] L`op. cit. di Sant`Agostino è del periodo compreso tra 387 e 396. Si veda: A. Pincherle, Vita di Sant`Agostino, a cura di M. G. Mara, Bari-Roma, Laterza, 1980.

[10] Il vasto volume è stato edito a Torino da Bollati Boringhieri  nel 1979 come vol. XI delle “Opere”.

[11] Si vedano soprattutto i volumi: La dinamica dell`inconscio (vol. VIII delle “Opere”), 1976; Psicologia e alchimia (vol. XII delle “Opere”), 1992; Studi sull`alchimia (vol. XIII delle “Opere”), 1988; Mysterium coniunctionis (vol. XIV delle “Opere”), 1990, in due volumi. Al testo collaborò molto M.-L von Franz.

[12] R. OTTO, Il Sacro (1917), Milano, Feltrinelli, 1984. Si vedano soprattutto le osservazioni di C. G. JUNG in: Bene e male nella psicologia analitica (1959), in: Psicologia e religione, cit., pp. 469-481.

[13] F. CAPRA, Il Tao della fisica (1975), Milano, Feltrinelli, 1979.

Idem,  Il punto di svolta (1982), Milano, Feltrinelli, 1984. La citazione è a p. 155.

[14] L`opera, del 1979, è stata pubblicata in italiano da Ubaldini a Roma nel 1980.

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