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Letture
Il duello ai tempi di Facino Cane
Giorgio Marenco
 Tecniche e malizie del combattimento individuale.

 

L'immagine del combattente in armatura è ricca di suggestioni e racchiude in sé una forte carica evocativa. L’uomo coperto di piastre metalliche rimanda subito ai cavalieri di antiche leggende ed è, infatti, uno dei simboli più utilizzati per rappresentare il Medioevo.

In realtà questo tipo di protezioni fu in uso soltanto negli ultimi secoli dell'età di mezzo[1] e la possente armatura quattrocentesca costituisce il punto di arrivo di un lungo cammino condotto dal lavoro dei fabbri i quali, da semplici artigiani, divennero progressivamente maestri di un'arte[2] con elevatissimi livelli di specializzazione.

Nel momento in cui le armi da fuoco si affacciavano sui campi di battaglia la protezione del combattente conobbe il suo livello di massima evoluzione nel vano tentativo di contrastare il progressivo avanzare di scoppietti ed archibugi.  Questi ultimi oltre al massiccio impiego dei cannoni (che privilegiavano il ricorso a truppe capaci di rapido movimento) avrebbero progressivamente segnato la fine delle grandi corazze archiviando con esse un lungo capitolo della storia bellica .

 

Sentendo parlare di un personaggio come Facino Cane la curiosità si spinge, inevitabilmente, verso i contenuti militari delle sue imprese. Cosa sappiamo del modo di combattere di quell’epoca? Moltissimo.

Questo grazie al fatto che uno dei più noti autori italiani in materia, il maestro di scherma Fiore dei Liberi da Cividale (1350 circa - 1420 circa), fu coevo del condottiero casalese  e ci ha tramandato nella sua opera il Fior di Battaglia o Flos Duellatorum[3] una vasta panoramica sugli strumenti di offesa in uso in quel periodo, illustrando metodi e  malizie alle quali ricorrere per il migliore armeggio. Tecniche frutto di una pratica consolidata ed espressione di una autentica arte marziale che andò formando i propri principi e strategie durante tutto il Medioevo, seppure con caratteristiche specifiche a seconda del tempo, dell'area geografica e dello sviluppo tecnologico raggiunto nella fabbricazione di armi e armature.

 

Lo sguardo di Fiore dei Liberi è rivolto principalmente al combattimento individuale (c.d. monomachia) del quale scrisse il giurista Giovanni da Legnano[4] descrivendo il duello come «.un combattimento volontario di due individui per discolparsi, per la gloria o per eccesso di odio»[5]. Sono così riassunte, in poche parole, tre pratiche di scontro armato presenti all'epoca: il combattimento giudiziale (o ordalia), quello svolto in occasione di tornei ed infine la lite nata dall’astio fra due persone . A queste tre categorie si aggiungerà il c.d. duello d’onore fondato su motivazioni di offesa personale e che risulta già praticato alla fine del 1300 come testimonia la cronaca del duello svoltosi a Padova nel 1395 tra il cavaliere Galeazzo Cattani del Grumello e l’illustre Jean le Maingre detto Boucicaut i quali vengono a tenzone in quanto:«Messer Bucicardo dicesse certe parole contra d’Italiani per le quali parole Messer Galeazzo la prese»[6].

 

Il Medioevo viene spesso immaginato come una sorta di Far West nel quale le persone camminavano con la spada al fianco. In realtà la spada non era un oggetto di uso comune e la quantità di lavoro richiesta per la sua fabbricazione ne faceva un oggetto di grande valore il cui possesso era prerogativa di un numero limitato di soggetti.

Il combattimento individuale maggiormente praticato non fu dunque quello della lizza,  ma si svolse anzitutto nei luoghi della vita quotidiana: la strada, la campagna, la taverna dove in palio non c’era la gloria ma la vita stessa dei contendenti.

L’arsenale di questi scontri trova una dettagliata descrizione negli Statuti medioevali che elencano tutte le armi, attrezzi o oggetti che, per la loro pericolosità, non potevano essere legittimamente portati all’interno delle mura cittadine: «falcionem, mannarensem, forconem, bechacinerem, spietum, spatam nudam seu chiaverinam vel similia arma»  (1398 – Lega di S.Pietro in Mercato) «falconum de caveze, azza, lanzonum seu lancea, spatam seu spontonum, stochum, sublonum et cazafrustum, cultellum de ferire, ronconum, spedum, mazam vel bastonum de ferro, manarolam se manarettam de ferro» (1441 – Ravenna)[7].

Con riferimento a questo contesto il Flos Duellatorum illustra una serie di tecniche di combattimento a mani nude per la difesa contro la daga[8] e dispensa consigli per reagire contro aggressioni improvvise di coltello utilizzando la spada in fodero[9] (non essendoci il tempo per sguainarla) oppure per parare i colpi da seduto (come poteva accadere in una taverna) ricorrendo a strumenti improvvisati quali un bastoncello, un cappuccio o una corda[10].

 

La rissa, non conoscendo regole, si avvaleva di trucchi ed espedienti quali le temutissime piombette (dette anche piombate o balle armate)[11]: si trattava di biglie fatte di ferro, di pietra, di piombo o di altro metallo («Ballota ferrea, five plumbea, five lapidea, five de alio metallo»[12]) che venivano facilmente trasportate e nascoste nel palmo della mano. Potevano essere tirate da lontano (il piombo era preferito per il suo peso) ma anche a distanza ravvicinata, d’improvviso, sulla faccia dell’avversario per avvantaggiarsi su di lui prima di venire a contatto.

Altra arma di difesa personale era ovviamente il bastone, in particolare il lungo bordone utilizzato dai viaggiatori per sostenersi nel cammino ma anche quale arma di difesa  contro i lupi o i briganti. Il legno era ferrato alla sua estremità inferiore per avere una maggiore presa sul terreno e questa punta lo rendeva ancor più temibile al di là degli effetti (già devastanti) derivanti dalla forza del colpo impresso con una leva così lunga. Fiore dei Liberi ne illustra l’uso abbinato a quello del coltello riproducendo una scena di difesa personale contro un avversario armato di lancia [13].

 

La spada usata nei combattimenti individuali di inizio quattrocento e che ritroviamo in manuali successivi del secolo stesso, è un’arma dalla lama lunga che può essere impugnata con una o entrambe le mani. Le tecniche illustrate per il suo utilizzo dimostrano come venisse impiegata tanto di punta quanto di taglio ma non solo: quando il contatto diventava ravvicinato si usava il pesante pomolo[14] per colpire la faccia dell'avversario sicché «Quatro denti fora buta de boca»[15] senza poi tralasciare la possibilità di fare prese, leve o di colpire con la spada sferrando contemporaneamente un calcio «cum lo pè in li cogloni»[16].

 

Secondo le necessità la spada poteva anche essere lanciata come un giavellotto[17] ed in Germania alcuni manuali suggeriscono perfino di impugnarla al contrario per la lama usando l’elsa come una sorta di martello (il c.d. murder-stroke) o per agganciare e strappare via l’arma dell’avversario[18].

 

Abbandoniamo la strada per parlare del duello organizzato che, come detto, poteva svolgersi per vari motivi (torneo, questione d'onore, ordalia); si tratta di un ambito ricchissimo di fonti, di norme e rituali che sarebbe inutile provare a sintetizzare in questa sede. Mi limiterò pertanto a descrivere alcuni aspetti del combattimento rimandando alla lettura di validi testi dove l'argomento è adeguatamente sviluppato come ne Il sangue dell'onore di Marco Cavina edito da Laterza o Il fior di battaglia di fiore dei liberi da cividale di Massimo Malipiero edito da Ribis[19]  e da me più volte richiamato in nota.

 

Prima di affrontare la sfida era opportuno raccomandarsi al Cielo (laddove si tratti di un combattimento giudiziale la preghiera è parte integrante del rituale) ma il combattente non tralasciava di consultare gli astri. Un secolo dopo l'epoca di Facino Cane la pratica è ancora in uso come ci testimonia Achille Marozzo nella sua Opera Nova[20] : « molte volte secondo il giudicio delli Astrologhi li pianeti superiori, adoperando la loro influenza nelli corpi inferiori, nelli quali dispongono a bene & al male operare & vincere & perdere, per gli aspetti & congiontione di lor proprietà & per loro oppositione muovono li corpi humani, sì come vuole Aristotile; & son di tanto potere li pianeti celestiali che muovono le anime degli huomini, mutando le lor complessioni dando buona & mala influenza agli huomini più in un luoco che in un altro, secondo l’aspetto & moltitudine delle stelle, le quali alcuna volta danno la vittoria a quelli che non la sperano conseguire;».

 

A questo punto si passa allo scontro che si svolgeva con gli strumenti, i tempi e le regole precedentemente pattuite tra i due contendenti. Si poteva fare uso di un'arma sola oppure ricorrere a più di una; talvolta i combattenti si affrontavano per scontri consecutivi (prima a cavallo, poi a piedi) concedendosi pause per cambiare armi e prendere fiato. Altre volte il combattente doveva portare da solo tutte le armi delle quali intendesse fare uso e la sua abilità stava anche nel saper gestire contemporaneamente lancia, scudo, spada e daga. Le ultime due avrebbero potuto essere tenute nel fodero ma non era inconsueto che si preferisse  tenerle tutte in mano per risparmiare anche solo  quell'attimo che sarebbe stato necessario ad estrarle.

 

Nella strategia dello scontro nulla viene lasciato al caso: si cercava di entrare mettendo l'altro contro sole, si poteva valutare se passare subito alle strette (ossia alle prese di braccia o di mani, laddove si pensasse di possedere un fisico più vigoroso) oppure girare al largo facendo affidamento sulla propria velocità e capacità di gestire le armi da getto. Il contesto apparentemente più “nobile” non escludeva il ricorso ad espedienti quali il lancio di oggetti contro il viso dell'avversario: dal semplice copricapo di stoffa sino al pesante pomolo della spada che veniva svitato dall'elsa per essere usato come una piombetta[21].

 

L'esperienza aguzza l'ingegno che si manifesta anche nello studio di armi anomale. In esse si tenta di assemblare i vantaggi di più strumenti differenti costruendone uno solo avente caratteristiche polivalenti: Fiore dei Liberi disegnò un ibrido di spada ed azza[22] che permetteva, dalla stessa posizione, di sferrare colpi di botta e di punta. Immaginò inoltre delle armi spadiformi  con la parte centrale della lama non affilata[23] ed il pomolo pesante e appuntito, molto idonee ad essere afferrate con due mani (una sull'elsa ed una nel mezzo) e impiegate nella corta misura del combattimento in corazza[24].

 

Talvolta la malizia scivolava nella scorrettezza che si espresse nella costruzione di armi truccate: Fiore dei Liberi propone al riguardo un'azza dalla testa cava in modo da inserire in essa una polvere e lanciarla contro il volto dell'avversario «et è questa polvere sì forte corosiva, che subito, come ella tocha l'ochio, l'omo per nissun modo no'l'pò avrire e fuorsi may non vederà più»[25].

L'autore ne fornisce anche la ricetta: «piglia lo latte dello titimallo[26] e seccalo al sole overo in forno caldo e fane polvere e piglia di questa polvere unçe II e una unza de polvere de fior de preda e mescola insembre»[27]

Secondo la studio di Carlo Lagomarsini[28] si tratterebbe di un composto costituito dalla polvere ricavata da una pianta (il Titimallo, un genere di euphorbiacea: amygdaloides o helioscopia) avente una linfa lattiginosa dalle proprietà urticanti mescolata insieme ad allume potassico naturale (detto Fior de Pedra ossia di Pietra).

 

Si potrebbe pensare che spade, lance, mazze, asce ed azze costituissero  uno strumento più che sufficiente, soprattutto perché impiegate con una forza tale che il guerriero, nella furia e nello slancio del colpo, poteva rischiare di finire a terra[29].

Eppure l'armatura poteva avere la meglio: ce ne dà testimonianza la cronaca del duello svoltosi il 24 giugno del 1399  all'interno del castello di Pavia dove si affrontarono in steccato il cavaliere italiano Giovannino da Baggio e lo scudiero tedesco Sirano. Essi si scontrano in fasi successive prima a cavallo con lance affilate, quindi a piedi con azza, poi con la spada ed infine con la daga. Alla fine uscirono dal combattimento senza perdere sangue ed il cronista annotò: «Queste, queste o mio magnifico signore sono le armature protettrici del sangue umano che respingono colpi tanto potenti, che smussano punte tanto acute. Vorrei che voi ne aveste di simili, dicono che possano appena temere il fulmine di Vulcano»[30]

 

Le corazze ci stupiscono per la loro capacità di resistenza, ma anche per libertà di movimento che consentono a colui che le indossa. Non semplici gusci di tartaruga dentro i quali nascondersi ma piuttosto abiti di acciaio costruiti su misura per il loro padrone. Quest'ultimo doveva ovviamente allenarsi con assiduità per avere il necessario vigore fisico; sono al riguardo memorabili gli esercizi di guerra del maresciallo Boucicaut il quale «Faceva il salto mortale armato di tutto punto, fuorchè dell'elmo, e quando danzava lo faceva rivestito di una cotta d'acciaio.  Item saliva su un corsiero (cavallo) senza mettere il piede sulla staffa, armato di tutto punto. Item da terra saltava a cavalcioni sulle spalle di un grosso uomo montato su un grande cavallo  appoggiandosi solo ad una manica del detto uomo, senz'altro appiglio. Item afferrando con una mano l'arcione della sella di un gran corsiero e con l'altra la criniera vicino alle orecchie saltava da terra ricadendo dall'altra parte del corsiero... Item saliva sul retro di una grande scala rizzata contro un muro, sino in alto, senza posare i piedi, ma solo saltando con le due mani insieme di scalino in scalino armato di una cotta d'acciaio e, tolta la cotta, con una mano sola»[31]

 

Ma se dunque anche questi uomini, pure così vigorosi, facevano fatica ad intaccare le armature nonostante l'impiego di armi taglienti e pesanti, cosa succedeva nel combattimento in campo chiuso?

Anzitutto le armature, anche se non forate, potevano piegarsi nell'impatto e cagionare danni seri a chi le indossava: ne Le livre de Seyntz Medecines (1354) Enrico, primo duca di Lancaster, racconta proprio che il cavaliere esercitato alla giostra poteva essere riconosciuto dal naso deforme, spaccato a causa dei colpi di lance, mazze e spade dell'avversario sulla parte anteriore dell'elmo[32]. Ai giorni nostri ho potuto raccogliere l'interessante testimonianza del fabbro savonese Alberto Digirolamo il quale è anche, da più edizioni, componente della rappresentativa italiana a Battle of Nations (l'odierno campionato mondiale dei combattimenti in armatura). Egli mi ha confermato che un elmo di acciaio di qualità, anche se spesso due millimetri, viene comunque piegato e segnato dalla potenza dei colpi sferrati (nonostante le lame usate, per ovvie ragioni, non siano affilate).

In secondo luogo se la copertura preservava la carne e le ossa da tagli e rotture, non poteva comunque assorbire l'energia dell'impatto sicché il combattente, seppure non ferito, poteva facilmente essere sbattuto a terra dalla forza del colpo, ritrovandosi, stordito, alla mercé del rivale.

Consultando i numerosi manuali di scherma del quattrocento, si possono vedere in grandi quantità disegni di uomini in armatura completa che combattono disarmati oppure rotolandosi al suolo con la sola daga: la cosa potrebbe apparire quasi un controsenso. Si tratta in realtà di una soluzione estremamente efficace, infatti se la corazza non può essere sfondata essa lascia ovviamente libere tutte le articolazioni (come potrebbe il guerriero combattere altrimenti?), diventa pertanto possibile aver ragione dell'avversario mettendo in leva una gamba o un braccio, per non parlare degli effetti di una torsione al collo praticata afferrando la visiera dell'elmo.

Registriamo così un curioso paradosso: l'evoluzione del combattimento individuale passa attraverso armi più affilate e pesanti alle quali si oppongono armature sempre più coprenti e resistenti, e tutto questo conduce a praticare con efficacia le stesse prese di lotta  che due lottatori dell'antica Grecia avrebbero usato confrontandosi nudi all'Olimpiade.

Nel combattere al suolo oppure in piedi, avvinghiati l'uno all'altro, la corta daga veniva usata per sferrare il colpo decisivo: si cercava, senza nessuna pietà, di trafiggere il viso e gli occhi attraverso i buchi della visiera; oppure si provava a colpire l'ano in quanto le armature erano fatte per andare a cavallo e quindi quella parte del corpo, giocoforza, non poteva essere corazzata ed era, al più, coperta con un risvolto di cotta di maglia.

Fiore dei Liberi ironizza al riguardo: «Quando lo zugadore è voltado subito io lo fèra (ferisco) di dredo [...] overo in le nadeghe del culo, cum riverencia»[33],  ma a noi, uomini moderni, anche solo l'idea di una ferita come questa basta per riflettere sulla distanza che (fortunatamente) separa la nostra mentalità da quella di queste persone disposte ad affrontare armi alla mano, magari per futili motivi, il rischio di una morte dolorosa o di una terribile mutilazione.

Se moltiplichiamo per mille gli effetti dello scontro individuale abbiamo  l'istantanea visione del campo di «un'attroce battaglia» quale fu, ad esempio, quella combattuta nel 1400 dall'esercito di Roberto Conte Palatino del Reno, della Casa di Baviera contro le truppe del Duca di Milano tra i cui capitani figurava Facino Cane il quale «Gran cose operò quel giorno [...] con la lingua, con la destra e con l'impeto del Cavallo». Se il cronista conclude il racconto dicendo che i tedeschi furono sconfitti e «gran numero tagliati a pezzi»[34] potete esser certi che non sta facendo una metafora ma descrive in modo crudo e diretto il devastante effetto delle armi bianche in uso all'epoca.

Voglio concludere questo mio breve percorso con un'immagine di Facino Cane: quella del combattente cui prima virtù nelle armi: «fu l'esser'ultimo ne gli honori. Non andò al Campo come Re, ma come Soldato, e con l'hasta sola si mise tra'fanti, nelle prime file, godendo di stare fra minimi, per sormontar'a'maggiori».[35]

E' una descrizione da epopea cavalleresca: il Nobile-Soldato che pratica le armi e vive nell'umiltà, un'immagine sicuramente esagerata ma visto che anche ai giorni nostri le guerre ed i massacri abbondano, forse vale la pena soffermarci su di essa e magari far finta di crederci un po', senza sentire il bisogno di aggiungere ai mali di oggi il crudo e dettagliato ricordo delle violenze di ieri.

Testi, immagini e filmati di approfondimento.

I manuali di scherma, per quanto ricchi di dettagli, non dicono che una parte di quello che si potrebbe conoscere. Per una visione più approfondita su armi e tecniche di combattimento è doveroso rimandare ad alcuni testi e strumenti multimediali che vorrei suggerire al lettore.

Per quanto concerne gli armamenti utilizzati nel Medioevo si possono anzitutto consultare due eccellenti manuali, reperibili in rete, e redatti a cura del Ministero dei Beni Culturali: 

 

Dizionari Etimologici. Armi Bianche dal Medioevo all’Età Moderna a cura di Carlo De Vita, Firenze, Centro Di della Edifimi S.r.l., 1983

Dizionari Terminologici. Armi Difensive dal Medioevo all’Età Moderna a cura di L.G.Boccia,  Firenze, Centro Di della Edifimi S.r.l., 1983

 

essi descrivono le armi offensive e difensive di tutto il medioevo corredando le spiegazioni con moltissime tavole illustrate che si ispirano a reperti dell’epoca giunti ai giorni nostri. Una panoramica più focalizzata sull'epoca di Facino Cane è stata curata da Marco Vignola nella recente opera dedicata al condottiero casalese ed edita dal Circolo Culturale Marchesi del Monferrato[36].

 

Sull'argomento della guerra nel Medioevo suggerisco senz'altro Rapine, Assedi e Battaglie di Aldo Settia edito da Laterza, oltre al classico La Guerra nel Medioevo di Philippe Contamine edito da Il Mulino. Sempre molto interessanti sono anche i testi di Andrea Frediani, autore di numerose opere specificamente dedicate al tema delle battaglie e dei condottieri.

 

Per farsi un'idea delle tecniche di scherma medioevale (in particolare di quelle di Fiore dei Liberi) internet abbonda di materiale ma, proprio per questo, risulta difficile ad un profano della materia distinguere le rappresentazioni scenografiche da quelle storicamente e tecnicamente valide.

Personalmente suggerisco filmati italiani dell'Associazione di Scherma Storica Regia Turris di Pordenone che mi paiono di buona qualità e dei quali si può prendere visione a questi indirizzi:

https://www.youtube.com/watch?v=_RXlZdV8u4Q

https://www.youtube.com/watch?v=3WCgubznOlI

https://www.youtube.com/watch?v=zxKklcP-jkE

 

Un'ultima raccomandazione dedicata ai lettori più giovani: ricordiamoci sempre che la scherma medioevale non è uno spettacolo ma un'arte marziale; chi si avvicina ad essa non potrà mai impararla né da un libro né da un filmato ma solo da un istruttore competente, con una pratica assidua e la cautela di indossare adeguate e robuste protezioni.

 

 



[1]   M.VIGNOLA,  Armamenti corazzati ed archeologia: spunti per uno studio interdisciplinare. Il caso dell'Italia e dei contesti friulani , Quaderni Cividalesi30, 2008/2009, VI Serie, p. 138-139 

[2]   Gli Armaioli erano riuniti in corporazioni ed i loro prodotti sottostavano a norme ben precise.. Tanto per dare un'idea nel 1321, in Inghilterra, la Corona concedeva patenti di armaiolo con l'onere di testare la qualità dei prodotti che non potevano essere venduti se non superavano prima delle prove di qualità predefinite. Nella Londra dello stesso periodo era stato fatto divieto di vendere armature ricoperte di seta o altre stoffe perché si era capito che, spesso, era un sistema per nascondere un cattivo lavoro. Al riguardo vedasi W.REID, Storia delle armi, Bologna, Casa Editrice Odoya, 2010, p. 94

[3]   Il titolo completo è Flos Duellatorum in armis, sine armis, equester et pedester si tratta di un’opera datata intorno al 1410 della quale sono pervenute diverse versioni manoscritte.

[4]   G. DA LEGNANO, Tractatus de bello, de represaliis et de duello, 1360, CLXIX.

[5]   M. MALIPIERO, Il fior di battaglia di fiore dei liberi da Cividale, Campoformido (UD), RIBIS, 2006, p. 17

[6] La cronaca completa del duello è riportate in M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit, p.55

[7] Citazione tratta da M.TROSO, Le armi in asta delle fanterie europee (1000 – 1500), Novara, Istituto Geografico De Agostini, 1988, p.16

[8] Grosso pugnale da guerra con lama a doppio taglio a sezione triangolare o romboidale. Ne esistettero vari modelli  di diversa forma quali la Basilarda o la Daga a rondelle  vedi al riguardo M.VIGNOLA, Armi e armature all’epoca di Facino Cane in Facino Cane. Sagacia e astuzia nei travagli d’italia tra fine Trecento e inizio Quattrocento a cura di R.MAESTRI e P.PIANO, Alessandria, Edito a cura del Circolo Culturale Marchesi del Monferrato, 2014, p. 178-179

[9] Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecniche n. 108/112, p. 320

[10] Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecniche n. 21/24 -  p. 313.

[11] Vedi L.OLIVIERI, Gli statuti di Millesimo. aspetti di vita medievale in Val Bormida, Camerana (CN), I.E.E. Impresa Editoriale Europea, 1986, p.  94 e gli Statuti di Noli in Storia di Noli, ristampa a cura del Comune di Noli. 1981 di B.GANDOGLIA, Storia del comune di Noli dalle sue origini fino alla sua unione al Regno di Sardegna nel 1815, Savona, 1897, p. 141.

[12]        Tratto dagli Statuti di Ferrara in M.TROSO, Le armi in asta delle fanterie europee (1000 – 1500), cit., p. 217

[13]  Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecniche n. 197/199, p. 329. Lo stesso trattato espone una tecnica con due bastoni più corti (ed una daga) sempre contro un avversario armato di lancia. Trattasi di tecniche successivamente riprese da Filippo Vadi nel suo De Arte gladiatoria dinimicandi redatto tra il 1482 ed il 1487.

[14] Il “pomolo” è una protuberanza metallica (ne esistono di svariate forme) che si trova alla base dell'impugnatura, sotto lo spazio dove afferrano le mani, e serve a controbilanciare il peso della lama per rendere l'arma più maneggevole. Per l'uso del pomolo vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica  n. 174-175, p. 327.

[15]  Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica  n. 175, p. 469

[16]  Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica  n. 159, p. 465

[17]  Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica  n. 195, p. 329

[18]  Vedasi ad esempio Hans Talhoffer Fechtbuch in Medieval combat, Translated and Edited by Marc Rector, London, Greenhills Books, 2000, plate 52

[19] In materia di ordalia rimane tuttora interessantissima , la XXXVIII Dissertazione di Ludovico Antonio Muratori vedi Dissertazioni sopra le antichità italiane, Milano, Società tipografica dei classici italiani, 1837, II

[20] Del Trattato di Achille Marozzo (1484 – 1553) esistono differenti edizioni, ho tratto la citazione da Opera Nova de Achille Marozzo bolognese, mastro generale de larte de larmi, stampata in Venetia per Gioane Padouano, MDL, Libro V, cap.195

[21] La Tecnica è tratta dal manuale di scherma tedesco contenuto nel manoscritto Ms. Germ Quarto 16 (1435 – 1440), ho tratto le immagini ed informazioni da C.CAVAZZUTI, Gladiatoria, Asola (MN), Gilgamesh Edizioni, p. 63

[22] Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica  n.  132, p.458

[23] I colpi a tagliare non servono molto in un combattimento in armatura.

[24] Per le immagini e descrizioni delle spade vedi IM. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit.,  fig. n. 225-226, p. 481

[25] Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica n. 242, p. 485

[26] La pianta Titimallo è citata in  G.G.ZANNICHELLI, Istoria delle piante che nascono nei lidi intorno a venezia, Venezia, Appresso Antonio Bortoli, MDCCXXXV, p. 259-260 in essa sono descritte quattro specie di Thitymalus e l'autore specifica che «Tutte le spezie di Titimaglio sono ripiene di suco latiginoso» . Della stessa pianta parla Leonardo Fioravanti in Della Fisica, Venezia, per gli Heredi di Melchior Sessa, MDLXXXII, Lib. 1, cap. XL, p. 49 : «Il Tittimaglio è erba notissima à ciascuno, la quale nel mese di maggio cresce e rompendo il fusto per il traverso n'esce un latte bianchissimo ….»  Lo stesso autore cita il Tittimallo anche in Dello specchio di scienza universale, Venezia, Appresso Vincenzo Valgrisi, MDLXIIII, p. 110: «Nei luoghi paludosi nascono le paniere, i gigli gialli, le canne, il capil venere, i tribuli, i gionchi, il tittimallo.....».

[27] Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., tecnica n. 243, p. 485

[28] C.LAGOMARSINI, Un manuale d'armi d'inizio sec. xv: il flos duellatorum di Fiore dei Liberi da Cividale in «Studi di Filologia Italiana», LXIX (2011), pp. 257-291.

[29] «Tiracossa, con volto oscuro e bruno/ colpir volendo alfin cadde per terra/ Per sfortunato caso ed importuno»:  dalla cronaca del duello combattuto a Siena nel 1508 tra gli italiani Tiracossa da Castello e Giulian Romano contro gli spagnoli Juan Gomez e Francesco Montagnese in  M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., p. 60

[30]  Vedi M. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit., p. 96 e p. 228

[31] P.CONTAMINE, La guerra nel medioevo, Bologna, Il Mulino, 2005, p. 297

[32] Tratto da W.REID, Storia delle armi, cit., p. 71

[33] Vedi IM. MALIPIERO, Il fior di battaglia, cit.,– p. 113 e tecnica n. 224, p. 481

[34] Le citazioni virgolettate sono tratte da S.A. MAFFEI,  Gli annali di Mantova,Tortona, Nella Stampa di Nicolò e Fratelli Viola, MDCLXXV, Lib. X, Cap. V, p. 738.

[35] S.A. MAFFEI,  Gli annali di Mantova, cit., p. 737

[36] Facino Cane. Sagacia e astuzia nei travagli d’italia tra fine Trecento e inizio Quattrocento a cura di R.MAESTRI e P.PIANO, Alessandria, Edito a cura del Circolo Culturale Marchesi del Monferrato, 2014.

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II Quando era in attesa di Emma, Adelaide aveva preferito traslocare verso la zona interna del palazzo, che aveva il pregio di essere più appartata. Lì si era sistemata in una grande camera, comunicante con un locale più angusto, ma caldo e luminoso, che era stato destinato alla bambina. In quel...
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
III La porta Marinca apparve quando ormai Adelaide non ci sperava più. La prima parte di quella nottata infernale l’aveva passata districandosi nel cunicolo sotto la cappella, e non era stata la parte peggiore. Infatti, appena arrivata a san Colombano, non aveva avuto neanche il tempo di riprendere...
 
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
IV Adelaide era sicura che prima o poi sarebbero andati a sbattere contro qualche pianta, oppure il carro sarebbe sprofondato in una delle tante rogge che le ruote bordeggiavano pericolosamente. Ne era così certa che si teneva con tutte due le mani al sedile, pronta a saltare giù al primo urto o al...
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
VQuando la carretta si mise in marcia per lasciare la casa di Taso, il sole si era levato da un pezzo. Soltanto il giorno avanti Osmund avrebbe sbuffato, recriminato e sbraitato ordini, lamentandosi del ritardo. Quel mattino, invece, aveva manifestato un umore completamente diverso. Si era aggirato...
 
18.12.2009
Giancarlo Patrucco
VI Il pettirosso arrivava sul torrione ogni mattina, subito dopo l’alba. Con un fruscio leggero si posava sulla grata della finestrella, serrando l’unica sbarra orizzontale fra le sue zampine. Poi si rassettava le piume delle ali e guardava dentro. Un’esplorazione breve, condotta più per abitudine che...
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Stephen Jay Gould Alessandro Ottaviani Scienza Ediesse 2012 Pag. 216 euro 12​ New York, 10 settembre...
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Il Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato” presenta il suo nuovo progetto per il 2018: le celebrazioni...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/europa-e-mondo/la-ripresa-e-lo-spettro-dellausterita-competitiva/...
DA OGGI IN RETE 2500 SCHEDE SU LUOGHI, MONUMENTI E PERSONAGGI A conclusione di un intenso lavoro, avviato...
Segnaliamo il libro di Agostino Spataro, collaboratore di Cittàfutura su un argomento sempre di estrema...
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