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Il paese dell'anima. Scene dalla vita di Carl Gustav Jung
Il paese dell`anima: VI) - Dialogo con Sigmund Freud
Franco Livorsi

(franco.livorsi@unimi.it)

 Verso la fine del mio tirocinio in Psichiatria cominciavo a diventare quel che si dice - anche se a me quest`espressione ha sempre fatto un po` ridere - una celebrità. E non sempre per ragioni “scientifiche”.

   Avevo preso ad applicare, come Le ho già detto, l`ipnosi a scopo terapeutico, sulla traccia di Charcot, ma anche di Breuer e di Freud. Ormai facevo i conti con l`inconscio, e applicavo, per esplorarlo, oltre al metodo delle libere associazioni di cui abbiamo parlato, appunto l`ipnosi. Mi capitò però un caso che da un lato mi diede una fama indesiderata; dall`altro mi indusse a rinunciare all`ipnosi terapeutica, (che, come ben sa, è poi basata sulla suggestione).

 

   Dunque, un giorno una signora di sessantacinque anni arriva nel mio studio saltellando su una stampella.

   Da diciassette anni soffriva di un dolore al ginocchio, che talvolta la costringeva a letto per settimane. Da nessun medico era riuscita a trovare sollievo, ed era passata per tutte le cure della medicina moderna. Riversò su di me per dieci minuti circa il torrente delle sue confidenze. A quel punto, d`accordo con un paio di colleghi che stavano in quel momento con me, decisi di ipnotizzarla. Glielo dissi, la fissai intensamente e, come d`incanto, cadde nel caratteristico stato sonnambolico, con acquiescenza totale della sua mente a ogni possibile sollecitazione. Era talmente passiva che faticai persino a svegliarla.

 

- Si svegli, si svegli signora …

   Dovetti persino darle qualche piccolo schiaffo.

- Si svegli, signora! Deve svegliarsi subito!

- Oh, è finito? (E nel dir così si stropicciò gli occhi). Che è successo?

 Ma subito esclamò, vivamente sorpresa: - Dio mio, Dio mio, sono sana. Sto bene. Lei mi ha guarita.

   Ciò detto si alzò, cominciò a camminare regolarmente, e a ridere con evidente euforia.

- Dio mio, Dio mio, - ripeteva - la stampella non serve più, la stampella non serve più ...

   Imbarazzato, più che soddisfatto, dissi allora ai colleghi:- Vedete, questa è la terapia ipnotica, che ha tanto successo!

 

    La fama del guaritore miracoloso, vero taumaturgo, suscitata da quel caso, tuttavia mi faceva vergognare e mi deprimeva.

   Un anno dopo, mentre stavo tenendo non so quale lezione come libero docente, l’anziana signora da me guarita dai dolori al ginocchio attraverso l’ipnosi irruppe nell’aula. Ora diceva di accusare un dolore alla schiena. La sua era una classica somatizzazione. Voleva, in realtà, semplicemente rivedermi, e farsi di nuovo guarire da me attraverso l’ipnosi. Per qualche ragione - come poi compresi - io compensavo la sua delusione per un figlio affetto da cretinismo, che lei, quando lui era nato, aveva sognato di vedere un giorno diventare dottore come suo padre. Anche questa volta il mal di schiena, dopo una piccola ipnosi, sparì d’incanto. La paziente aveva colto l`occasione di venire nuovamente guarita da me in modo teatrale. Io, però, da allora in poi rinunciai all`ipnosi, temendo di essere ammesso - mio malgrado - nella categoria dei santoni. Avevo bisogno di sapere che cosa succeda realmente nell`anima della gente, e non di "miracolare" il mio prossimo. Mi sembrò di colpo incredibilmente infantile voler eliminare una malattia con un soffio, con formule magiche, e considerare tali pratiche come tratti di una psicoterapia scientifica.

  L`ipnosi terapeutica, giusta la lezione da me molto considerata degli Studi sull`isteria di Freud, si basava sulla teoria del trauma. Se la nevrosi viene da un trauma infantile, per lo più di natura sessuale - a base reale, o anche immaginaria - il farlo rivivere ha un effetto catartico, purificatore. Sotto ipnosi il paziente può essere indotto all`attualizzazione dell`episodio traumatico, che a quel punto tende a scomparire o a perdere progressivamente la sua intensità.

 La teoria e la prassi erano di una semplicità estrema. Tutto ciò potrebbe venir spiegato con pochissime parole: "La nevrosi viene dal trauma. Il trauma viene abreagito".

- A-brea-gito?

- Sì, da tanto tempo "noi" psicologi analitici non diciamo più così. E perciò Lei non conosce neppure la parola. Trauma abreagito, a-brea-gito ...

- E che vuol dire?

- Vuol dire "scaricato". L`emozione precedentemente rimossa - gettata nel dimenticatoio dell`inconscio perché troppo dolorosa da sopportare - viene rivissuta sotto ipnosi, e così scaricata. Anche se il paziente non ci capisce niente, e neanche se ne ricorda al risveglio, la sua tensione emotiva per tale via viene alleviata e via via superata. Essa ha appunto subito un processo di abreazione. È stata cioè scaricata, appunto “abreagita”,  come una batteria rimasta senza l`elettricità.

   Certo l`abreazione è necessaria, ma ciò in tanti casi non può accadere tanto facilmente, cioè rivivendo un singolo fatto sotto ipnosi. Infatti ben raramente la nevrosi dipende da un solo fatto. È tutto l`atteggiamento dell`individuo che deve cambiare profondamente. In un certo senso deve mutare radicalmente il suo stesso carattere. Non parlo del suo temperamento, che lo fa essere quello che intimamente è, volente o nolente, in ogni caso. Ma mi riferisco al carattere, che ha via via acquisito. Specie quando si tratti di individui malati spiritualmente superiori, dalla personalità complessa, l`ipnosi a tal fine non serve a nulla, perché al centro di tutto non sta il trauma infantile (sia o non sia esso materialmente avvenuto, oppure sia esso fatto semplicemente di ossessioni della più tenera età). Occorre, piuttosto, depurare l`inconscio e svelarne, soprattutto, le sorgenti interiori, come si può fare appunto tramite il procedimento analitico, di cui certo dovremo parlare. Il senso del colloquio psicoanalitico, in cui il paziente svela tutto se stesso e racconta i propri sogni, e li interpreta, ci porta alla seguente conclusione: la soluzione reale, durevole, di un conflitto è solo quella interiore, che consiste nel portare il paziente a sviluppare, a poco a poco, un diverso atteggiamento, conforme alla sua personalità più profonda, ma con la forza che viene dalla coscienza.

   Approfondendo la questione però compresi che anche Freud, nonostante la sua teoria tutta incentrata sui conflitti sessuali tra i tre e i cinque anni - da me ritenuta sempre troppo angusta e unilaterale - aveva pensato a qualcosa del genere quando aveva rinunciato all`ipnosi per l`analisi psicoanalitica vera e propria. Rilessi l`Interpretazione dei sogni, ed anche molti suoi saggi successivi. E vidi che molte cose - nonostante l`unilateralità o spirito di sistema che di lui era propria - erano accettabili e luminose. Il fatto che la nevrosi fosse una malattia solo d`origine mentale (senza lesioni cerebrali), la realtà dell`inconscio come matrice di tutta quanta la vita psichica, e la primarietà dei conflitti dell`anima per spiegare la nevrosi; l`idea del sogno come "porticina aperta sull`inconscio", e anche quella della potenza psicologica della sessualità - purché non interpretate univocamente ed unilateralmente come faceva lui - mi apparvero ad un certo punto come grandi e feconde verità.

- Insomma, a questo punto divenne davvero freudiano. Quando e come capitò?

- Dobbiamo andare al 1906: l`anno del mio libro sulla psicologia della demenza precoce (come allora si chiamava la vera e propria pazzia, o schizofrenia).

- Molto bene. Oltre a tutto è stato un libro assai importante nella mia formazione.

- Sì? E pensare che quando comparve i miei colleghi ne risero.

- Addirittura? E perché mai?

- Un po` derivava dall`apprezzamento del metodo di Freud, in me esplicito sin dalla mia prefazione all’opera; e ciò benché la riserva sull`enfasi posta da lui sul solo fenomeno della sessualità fosse da me espressa sin da allora. Comunque riconoscevo la validità del suo metodo psicoanalitico per la cura delle nevrosi. Quel metodo mi pareva un punto di partenza solido.

   Ma, soprattutto, i miei colleghi risero perché l`aspetto fisiologico, pur contando ancora per me, era posto in secondo piano, come una concausa, nell`analisi della follia. In pratica applicavo alla demenza lo schema freudiano per cui la nevrosi si fonda sul fatto che le perturbazioni della coscienza vengono spostate nell`inconscio, nel quale formano degli insiemi psichici di disagio, che io - in verità per primo - avevo chiamato complessi. Questi “complessi” vivono per conto loro nella mente, come se avessero un`esistenza autonoma. Questa realtà connessa ai complessi nel caso della pazzia si pone addirittura al posto di quella cosciente. A mio parere nella demenza si esprimono pensieri che a causa del loro tono affettivo penoso sono diventati incompatibili con la coscienza e perciò sono stati rimossi, posti nel dimenticatoio. Essi determinano il tipo delle idee deliranti, delle allucinazioni e tutto il comportamento dei "pazzi" in generale. Se dunque in una persona compare una paralisi dell`appercezione, cioè della capacità di percepire cosciente (in un certo senso della capacità di pensare i pensieri, avrebbe detto Kant), si dà un`attività alterata che però, guarda caso, contiene i complessi di rappresentazione scissi. Tutta la schiera dei pensieri messi al bando si scatena  ...

- Lei stesso, però, parlava e parla di un difetto della capacità di percepire. Non è una tara vera e propria questa? Non è un limite per così dire fisiologico, che va al di là del meccanismo del rimuovere, del rendere inconsci - apparentemente cancellati, chiusi nel cantuccio più impenetrabile dell`inconscio - gli insiemi di pensieri che ci tormentano troppo?

- È vero. E proprio in ciò consiste, per me, la differenza tra nevrosi e pazzia. Il complesso che porta “semplice” isteria scatena conseguenze riparabili, perché il trauma lontano, o anche la tragedia esistenziale attuale, cade su un terreno sostanzialmente solido, che non si lascia penetrare a fondo dai germi del male. Lo stesso contesto esistenziale perturbato, nel caso che poi esplode in pazzia, dà occasione alla comparsa di un`anomalia del metabolismo - forse una tossina - che danneggia il cervello in maniera più o meno irreparabile, cosicché le funzioni psichiche superiori, come appunto l`appercezione, cioè la capacità di pensare i pensieri (la ragionevolezza, insomma), vengono più o meno paralizzate. Nel caso della follia, in altre parole, una causa psichica risveglia un male fisico, cerebrale, latente, che senza la prima avrebbe potuto starsene quieto, come certe formazioni tumorali che grazie al cielo non si attivano mai, anche se in certe circostanze potrebbero attivarsi.

   In fondo la follia si configura come una vera e propria malattia psicosomatica. Un grave turbamento psichico rende operante un male che era latente nel cervello, ma che avrebbe pure potuto appunto restare allo stato potenziale per sempre se qualcosa non l`avesse scatenato, proprio come la broncopolmonite che un individuo debole di polmoni si può beccare, se sta spesso insufficientemente coperto in mezzo alle intemperie. Ma in tal caso, cioè nel caso del "pazzo", a far scattare il male, nella testa, è una tempesta psichica.

- Quindi non c`è poi una differenza tremenda tra nevrosi e psicosi, tra isteria e follia.

- Direi che la prima postula una rottura tra coscienza e inconscio che non altera il centro

 della coscienza; la seconda spacca la psiche come un melone, o, nei casi più gravi, come un vetro colpito in pieno da una martellata. Nella nevrosi il vetro della psiche è scheggiato, rigato o persino rotto in un angolino; nella pazzia si spacca in due o addirittura va in frantumi. Si può dire che nella pazzia l`inconscio non solo si rifrange, con le sue grandi ondate, sulla coscienza, ma che esso la allaghi, la sommerga, parzialmente o totalmente a seconda della gravità del male.

  Tuttavia i punti in comune tra nevrosi e pazzia sono tanti. Al centro sta sempre la dimensione onirica, la vita come sogno. Nel sogno vediamo come la realtà venga rivestita con immagini di fantasia; come ricordi pallidi e sfocati nella veglia acquistino una forma tangibile; come le impressioni ambientali vengano trasformate nel senso del sogno (tanto che il sognatore viene a trovarsi in un mondo nuovo e diverso, che egli ha proiettato al di fuori di sé).

- Insomma, in parole povere, dobbiamo semplicemente considerare il pazzo come uno che sogni ad occhi aperti.

- Sì, è tutto lì. E anche nel suo sognare c`è la realizzazione immaginaria del suo desiderio, o la sceneggiatura dei suoi turbamenti. Le sue allucinazioni sono teleologiche, cioè hanno un télos, uno scopo, un fine, un senso ed uno scopo, sia pure inconsapevoli, ossia inconsci.

 Ho conosciuto uno psicopatico per il quale, a seguito di disgrazie, la vita era divenuta intollerabile. A un certo punto egli volle suicidarsi respirando gas da un rubinetto aperto. Respirò faticosamente il gas per alcuni istanti, finché improvvisamente sentì una mano che lo afferrava al petto e lo gettava a terra. Poco per volta si riebbe dallo spavento. Rinunciò a suicidarsi. L`inconscio, in tal caso, l`aveva salvato. (Naturalmente in altre circostanze avrebbe potuto, invece, addirittura spingerlo alla morte). Pensi che il giorno dopo il pazzo mi mostrava ancora, con la più grande convinzione, i punti in cui le cinque dita della mano invisibile l`avrebbero afferrato per gettarlo a terra. La voce, la visione, l`allucinazione hanno sempre un senso: esattamente come tutti gli altri sogni che facciamo da addormentati. Hanno un significato riposto. Il sogno, quest`allucinosi della vita normale, è anch`esso nient`altro che una rappresentazione allucinatoria di complessi rimossi, cancellati dalla coscienza e mandati a vivere nell`inconscio.

 Capisce, su tali basi, la prossimità con Freud?

- Sì, certo.

- E non era mica una cosa tanto pacifica, sa? I freudiani amano credere, o far credere, che io, dopo aver ricevuto dal loro grande maestro i massimi benefici, lo abbia tradito spudoratamente. Niente di più falso. Allora essere con Freud non era affatto un onore. Era semmai un onere, un grave onere. Il genio di Vienna era molto mal visto dalla cosiddetta comunità scientifica internazionale (che Dio l`abbia in gloria e perdoni le sue innumerevoli miserie).

   In quel periodo, ad esempio, mi trovai ad Amsterdam, ad un congresso di psichiatri. Io intervenni sulla relazione di un famoso studioso che, parlando di nevrosi aveva del tutto ignorato l`apporto di Freud. Sostenni, in un discorso poi pubblicato, che il contributo del padre della psicoanalisi era fondamentale, specie per le nevrosi coatte, in cui il singolo non riesce a togliersi dalla testa pensieri assurdi, che paiono imporsi a lui dall`esterno. In tali casi il nevrotico è disturbato gravemente da determinati pensieri o fantasie ossessive, su cui non può fare a meno di ruminare di continuo. È come se i suoi pensieri gli si imponessero permanentemente, tanto che il suo comportamento risulta fuor di controllo, forzato, appunto “coatto”, obbligato, ripetitivo, stereotipato, ritualistico e superstizioso. Egli è costretto a fare atti che paiono assurdi, come il contare i passi per uscire da una stanza, o non uscire in certi giorni, o attribuire ad altri intenzioni che mai questi si sono sognati lontanamente di avere nei suoi confronti. Ebbene, in tal caso al fondo dell`ossessione stanno proprio le turbe psichiche descritte da Freud: traumi sessuali dell`infanzia, rimozioni di sensi di colpa elementari, presenza di pensieri osceni correnti e ricorrenti, gravi inibizioni o rimorsi infantili. E la terapia analitica freudiana appare efficace.

 

“Ci si può però chiedere - dicevo nel mio intervento - sino a che punto sia valida la concezione freudiana. È estremamente difficile rispondere a questa domanda. Prima di tutto, però, bisogna dire, con la massima energia, che casi del genere, che si adattano perfettamente allo schema freudiano, s`incontrano realmente. L`isteria del tipo descritto da Freud esiste. Se poi lo schema sia applicabile a tutte le forme di isteria, è cosa che per ora nessuno sa. Per i casi comuni d`isteria, che ogni medico neurologo conosce a dozzine, Freud sostiene la validità delle sue idee. Nella mia esperienza, sia pure considerevolmente più ridotta della sua, non ho trovato niente che contraddica l`affermazione di Freud. I casi d`isteria che ho analizzato io erano in parte molto diversi dai suoi nei sintomi, ma quanto a struttura psicologica presentavano una rassomiglianza sorprendente."

     Un moderato applauso e qualche brusio salutarono la fine del mio intervento.

  Più tardi un anziano collega di chiarissima fama, dalla grande barba bianca, mi prese da parte parlandomi, si fa per dire, come un padre. Eravamo nel foyer di un piccolo teatro in stile liberty. Egli mi disse:

- Professor Jung, Lei è un ottimo libero docente. Ha una brillante carriera accademica di fronte

 a sé. Perché vuole rovinarsela per difendere uno come quel Freud, generalmente considerato un ciarlatano scientifico? Se vuole utilizzare qualche intuizione di Freud, lo faccia pure. Ma non lo citi mai. Non vorrei che Lei si rovinasse con le sue stesse mani.

- Caro professore, - risposi io - con tutto il rispetto debbo dirle che quel che propone, per me non è proprio possibile. Su Freud ho pure le mie riserve, specie per la sua esagerata considerazione della sessualità in tutti i casi di nevrosi (una generalizzazione che a me pare dogmatica), ma a parte ciò lo considero un genio vivente, e ritengo il suo apporto fondamentale. E del resto, se ciò che Freud afferma  per me è la verità, io sto con lui, e non attribuisco alcun valore alla carriera se deve basarsi sul presupposto della limitazione della ricerca e sul mascheramento di quella che a me appaia appunto come verità.

 

                                                                                    -----

 

- Proprio in quell`anno, il per me fatidico 1907, incontrai per la prima volta Sigmund Freud. Gli avevo mandato il libro sulla pazzia di cui Le ho detto. Mi scrisse che aveva gradito la copia, ma che aveva già acquistato il libro per conto proprio, che l’aveva letto ed anche molto apprezzato. Esprimeva il desiderio di fare la mia conoscenza. Gli era difficile abbandonare Vienna prima dell`estate. Si chiedeva se non avrei potuto andare io da lui. E così feci, nei primi giorni della primavera. Giunto a Vienna, cercai e facilmente trovai la via in cui abitava. Mi avvicinavo alla sua casa con un misto di fascinazione e di residua diffidenza.

- Diffidenza?

- Beh, sì. Sapevo che Freud era un uomo notevole, ma egli era anche un rappresentante di un`intellettualità ebraica di cui il mondo tedesco di allora, di cui io pure ero parte, diffidava. Lei non deve scandalizzarsi, mia cara, anche se è lei stessa ebrea. Deve piuttosto considerare l`atmosfera particolare della Vienna di quegli anni: gli ultimi del vecchio Impero. Del resto Vienna fu sempre, spiritualmente e sotto ogni riguardo, un luogo un po` speciale. Gli intellettuali ebrei rappresentavano un fenomeno strano e notevole, particolarmente per noi svizzeri. Eravamo, naturalmente, molto diversi, io e Freud, e mi ci volle del tempo per capirlo. Ma già il primo incontro fu rivelatore.

   Del resto - sa? - parlammo quasi ininterrottamente per tredici ore, dalle 13 a tarda notte: a tavola, nel suo studio e poi di nuovo a tavola. Che giornata indimenticabile!

- Tredici ore? Un bell`esame per entrambi ...

- Può ben dirlo!

- E l`impressione, la prima impressione, alla quale noi donne, ma anche noi “junghiani” in generale, diamo tanta importanza? Come Le parve, di primo acchito, Freud?

- Un genio, era un genio certamente. Era il primo uomo veramente notevole che mi fosse stato dato di incontrare nella mia vita. Nessun altro uomo da me conosciuto in precedenza poteva competere con lui. In tutto il suo modo di essere non c`era nulla di banale. Lo trovai di un`intelligenza fuori del comune: acuto, notevole sotto ogni riguardo. Eppure la prima impressione non fu molto nitida. Non sapevo definirlo con chiarezza. Lo spirito di sistema, l`enfasi sulla teoria della sessualità, mi lasciavano sempre perplesso, anche se non ancora desideroso, e neppure in grado, di approfondire il dissenso latente. Anzi, provavo il desiderio di minimizzarlo.

   Egli mi investiva col fumo del suo sigaro, e io ricambiavo con quello della mia pipa. Ricordo bene i termini generali della nostra conversazione.

 

- Sì, sì - diceva - la nostra psicologia si potrebbe definire davvero “del profondo”, per contrapporla alle psicologie “della facciata” o, meglio ancora, “della superficie”.

- Quali ad esempio...?

- Ma tutte le forme dette di comportamentismo, tutte le teorie in cui l`uomo sia considerato interamente - o anche solo prevalentemente - il figlio dell`ambiente ...

- Tipicamente socialiste ...

- Come sono socialisti questi uomini rispettabilissimi che vivono movendo le mani. Intendo dire: gli operai ...

   Le psicologie comportamentistiche o dei riflessi vedono, del mare, solo la superficie.

- Ignorano le profondità abissali.

- Ben detto, dottor Jung, anche se per i miei gusti le sue immagini sono forse un po` troppo poetiche … Ma sono efficaci ... Per quelle teorie, pretese "realistiche", tutto deve venire dall`esterno. Sto male? - Allora qualcosa mi ha fatto male. Sono cattivo? - I genitori si ubriacavano..., e così via. Sarà anche vero. Ma è già una conseguenza. La povertà conta - eccome se conta nella vita di una persona! (io ne so qualcosa) - ma è già una concausa. Non si diventa matti né nevrotici per questo, almeno principalmente.

- Lei però non pensa neppure ad un`affezione cerebrale, se capisco bene.

- Infatti. Siccome mi curo di nevrotici, e non di matti (come santamente fa Lei, e non so proprio come faccia), sospendo il giudizio persino sulla sua idea che nella pazzia si sia in presenza di una tossina balorda che giace addormentata nel cervello e che una qualche tragedia esistenziale ha potuto attivare, scatenando la malattia. Nella nevrosi certamente questa tossina maligna non c`è.

- Su questo concordiamo proprio completamente. Mi chiedo, anzi, come Lei sia arrivato a convincersene con tanta nettezza.

- A dir la verità il merito non è neanche propriamente mio. È di Charcot, che Lei pure ha ben conosciuto. È stato lui a dimostrare non solo l`efficacia della terapia ipnotica, ma anche e soprattutto il carattere psicogeno - ossia l`origine puramente mentale - delle isterie o nevrosi, ed anche l`aura sempre sessuale, alterata, in cui esse maturano.

- È certo che l`ammissione dell’esistenza di malattie senza causa fisica è ricchissima di implicazioni anche filosofiche di ogni genere.

- Sì, di solito tutto è ridotto, specie nella nostra epoca, alla biologia. Ma in realtà la biologia è solo l`ancella della psicologia.

- Straordinario! E niente affatto conforme all`apologia della scienza "sopra tutto" propria della nostra epoca pretesa sperimentale, positiva, anzi positivistica, che se non erro , fortunatamente, è però al tramonto.

- Sì, forse ha ragione. Io, però, al primato della scienza - badi bene - non rinuncerò mai. L’attenersi all’assoluto primato  della dimensione scientifica è una forma di igiene mentale fondamentale, per noi e tanto più per i nostri pazienti. È semplicemente l`ambito della nozione di scienza a dover essere allargato. Ma il metodo scientifico deve restare ben fermo. E anche il ruolo della biologia.

- Pure, la malattia mentale è diversa da tutte le altre. I nostri greci, come del resto tutti i primitivi, consideravano la pazzia come una “malattia sacra” ...

- E in un certo senso avevano proprio ragione! Nel caso della malattia mentale il corpo, infatti, pare ammalarsi dopo la mente. È la personalità che non va, per qualche ingorgo sopravvenuto nella sua evoluzione.

- Pensa che si possa parlare di una vera e propria dimensione psichica a sé stante?

- Ne sono certo, Jung. In ciò sto con il mio amico psicoanalista e scrittore Groddeck, per il quale tutta la realtà è psicosomatica, ossia modellata dallo psichico. Noi siamo vissuti dalla mente. Questo a me pare ormai assodato. Purtroppo la nostra intuizione non ha ancora un sicuro fondamento nella scienza biologica. Ma io non dispero di trovarlo, un giorno.

- Pare, anzi, che l`evoluzionismo smentisca questa nostra impostazione, vero? In fondo il porre la lotta per la vita alla base della plasticità degli organismi, ossia del loro mutamento, è un collocare all`esterno, e nell`ambiente collettivo, le premesse dei cambiamenti delle specie (compresa la nostra).

- Sì, ma per me la psicologia non deve prendere ordini neanche dalla biologia, compresa quella del cervello, pur tenendone necessariamente conto. E perciò, sino a prova contraria, io non sto con Darwin, ma con Lamarck.

- Con Lamarck? Con la teoria per cui la funzione modella l`organo? E perché mai?

- Perché è psicogena, come la mia teoria della malattia mentale; perché, insomma, fa dipendere il piano biologico da quello psichico.

- Benissimo! Ma questo non porta allo spiritualismo puro, ad una sorta di animismo, al quale io, a dir la verità, sono molto portato, ma che se non erro a Lei ripugna?

- No, non porta lì, perché per me lo psichico e il fisico sono inseparabili. Sono due in uno.

- Come per Spinoza, il panteista ...

- Sì, il grande ebreo Baruch Spinoza che tre secoli fa diagnosticò già, scientificamente, la dinamica delle passioni dell`anima.

- Ebreo olandese espulso però dalla comunità ebraica  ...

- Che ci vuol fare? Tutti i preti sono intolleranti, ebrei e non ebrei. Ne sa qualcosa anche Lei, non è vero?

  Scoppiai a ridere.

- Legge dentro il prossimo, Lei … Sì, sì, forse è così. Glielo dico come figlio e nipote di pastori protestanti per parte di padre e di madre.

- Sì, sì, so ..., anche se i protestanti sono già un po` meno dogmatici dei cattolici.

- E della telepatia che pensa Lei?

- Da quando pratico l`analisi sono portato a credervi ciecamente. Con i miei pazienti i casi telepatici sono troppo numerosi per poter essere negati.

- Anche la telepatia però - notai io - può portare fuori dal materialismo. In fondo l`ammettere che il pensiero possa trasmettersi a distanza, anche solo involontariamente, implicherebbe che esso vada, almeno in qualche sua parte, al di là dello spazio ..., e se può andare al di là dello spazio può pure andare al di là del tempo.

- Ed  è perciò che il tutto può essere considerato, per noi psicoanalisti, un terreno minato.

- In che senso?

- Capisco la sua diffidenza, sia pure un po’ da spiritualista piuttosto che da materialista, caro Jung. Io stesso ho molti dubbi in proposito. Il fenomeno della telepatia mi appare così certo che volevo farne la base granitica, di tipo filosofico, dell`edificio psicoanalitico. Ne sono stato dissuaso dai miei allievi più cari, a partire dal bravo inglese Ernest Jones. Siamo già abbastanza mal visti così! Lo statuto scientifico della nostra disciplina non è ancora riconosciuto. E inoltre ci odiano perché tanti di noi sono ebrei. Chi ci salverebbe più dall`accusa di essere una setta occultistica se enfatizzassimo il significato della telepatia, cominciando a parlare di una funzione della psiche che va al di là dello spazio-tempo?

- Eppure l`interesse della verità non dovrebbe essere posto al di sopra di qualsiasi pregiudizio?

- Anche per dire la verità ci vuole "politica". Dovrà impararlo a sue spese, caro Jung. Bisogna sempre dire la verità, come scienziati, questo è certo. Pure, ci sono tanti modi di dirla ... E poi, nel caso specifico, può darsi che i critici non avrebbero tutti i torti. La psicologia è la scienza più equivocabile. Il confine divisorio tra sapienza mistica orientale e medicina, sia pure psicologica, va tenuto ben fermo.

- Ma non è autocensura questa?

- No, no:  solo cautela scientifica. Noi siamo già abbastanza audaci riconoscendo la correlazione tra piano biologico e piano psicologico, e la sovranità del secondo sul - anzi "nel"- primo. Non dobbiamo staccarci da tale humus.

- E quando la realtà paia spingerci a ciò?

- Allora dobbiamo ancorarci ai primi principi della nostra teoria: alla sua solida base psico-biologica, che è poi la teoria della sessualità infantile e delle sue eventuali disfunzioni nell’evoluzione naturale delle persone, disfunzioni che si proiettano sullo sviluppo della persona anche dalla pubertà in poi determinando nevrosi certa.

- Lei vuol dire che la teoria del complesso di Edipo è universale?

- Esattamente. Tutti debbono passare di lì.

- Ma perché? Ed è poi così vero per ciascuno di noi?

- Sì, ciascuno, verso i quattro o cinque anni, scopre la propria zona genitale, l`apprezza, la tocca, la spia nei familiari. Ciascuno allora vorrebbe sostituire il padre nell`amore con la madre, e per questo lo sente come nemico, e tende inconsciamente al rapporto incestuoso con la sua mamma, come l`Edipo della grande tragedia antica del greco Sofocle. Edipo, senza saperlo, ma in realtà sotto sotto volendolo, si unì alla madre dopo aver ucciso il padre; ebbe figlie e figli che erano pure sue sorelle e fratelli, e si accecò per la disperazione quando lo scoprì. Tutti debbono passare di lì, ma la grande maggioranza dei bambini grazie al cielo si stacca dal triangolo familiare, dall`incestuosità per la madre, o per una sorella maggiore in quanto surrogato della madre, e dall`amore-odio per il padre. Ma il nevrotico no. Il nevrotico resta fissato al suo infantilismo psichico. Sotto sotto rimane per sempre il cocco di mamma, attaccato alla sua gonna. Per lui seguita ad esistere solo quella donna. Non diventa mai grande, a meno che non riesca a rivivere il suo trauma infantile che lo ha bloccato, tramite il dialogo analitico. Col nostro aiuto diventa o può diventare veramente adulto superando finalmente la dipendenza psicologica ed esistenziale dalla famiglia d`origine, dipendenza incompatibile con una vita da adulto maturo, che ama altre donne, si fa una famiglia sua, ha figli più cari delle persone della sua famiglia di bambino, e per ciò lavora efficacemente nel grande mondo. 

   Nella sostanza è tutto qui.

- Insomma, ciascuno vivrebbe uno psicodramma sessistico e incestuoso, destinato a diventare esogamico, esterno alla famiglia d`origine, in caso di sviluppo “normale”.

- Precisamente.

- Fatico molto a vedere in queste storie d`alcova la trama di ogni evoluzione possibile dell`essere umano (persone sane comprese).

- Può darsi che Lei abbia una resistenza di tipo molto cristiano, ma Le assicuro, sulla base dei tanti casi di nevosi da me vagliati, che è proprio così.

- Ma se il sesso domina in modo così profondo la vita del singolo, esso dovrebbe dominare persino le più alte e spirituali forme del pensiero, compresa l`arte e la religione.

- Sì, sì, è proprio così! Sono tutte “sublimazioni” della sessualità, forme di vita psicosessuali.

- Se fosse così sarebbe ben triste. Tutto sesso e solo sesso ...

- Sì, è la maledizione e la benedizione della nostra vita. Di lì ci vengono i veri dolori, e le vere gioie, dell’esistenza. Del resto che cosa vuole ogni essere vivente, dall’ameba all’uomo? Non è forse vero che vuole soprattutto vivere e trasmettere la vita? - Perciò la sessualità si pone al primo posto. Non le pare?

- Forse è così. Per i nevrotici in generale dovrebbe essere così. E quel che deve interessarci  prima di tutto è la loro cura, non è vero?

- Certo, certo, caro Jung (6).

22 settembre 2006

(segue)

[Le illustrazioni di questa pagina, dall`alto verso il basso: Charcot, tre riproduzioni di quadri di Dalì, Freud, Spinoza]

                                 

 

 


23/09/2006 12:00:00
04.11.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it )- E poi che accadde?- In quello stesso periodo fui invitato a tenere una serie di lezioni sulla teoria psicoanalitica alla Fordham University di New York. Il contesto di rottura con i freudiani mi consentì di esporre per la prima volta in modo aperto e ampio una nuova teoria...
 
27.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it ) Quando ci rivedemmo, io esordii osservando:- Dottor Jung, abbiamo parlato di tanti eventi che si sono svolti sullo scorcio della fine del primo decennio del secolo. Da quel punto, abbiamo pure...
21.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it )Sì, sì, sì - disse Gross -,. lo riconosco. Te l’ho già detto anch’io … Ma a vincere, alla fine, è stato il Padre, il Grande Padre, sempre maiuscolo e sempre minuscolo, e sempre sulla nostra pelle e sulle nostre palle; per non dire della sorte toccata alle nostre sorelline, che...
 
14.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it ) - Se dovesse indicare - chiesi a questo punto al vecchio Jung - quale sia stato il contesto d`esperienza, in senso professionale, in cui si determinò la rottura irrimediabile con Freud, in che cosa lo individuerebbe? Quale fu insomma l`origine pratica, non banalmente privata,...
07.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it)- Alla luce di queste sue testimonianze, in fondo Freud - osservai io - con la sua psicologia umana tutta incentrata sullo spettro del padre non aveva affatto torto.- Lei mi vuole provocare ...- È il mio mestiere, qui, non è vero? Ci mettemmo entrambi a ridere.- Freud - notò...
 
30.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it)- La psicoanalisi di Freud - chiesi allora al vecchio Jung - accentra tutta l`analisi sui traumi psichici della prima infanzia, ma in generale ad essere vagliati sono soprattutto adulti, per lo più di sesso femminile. Mi chiedevo se Lei, in questa fase freudiana della sua vita,...
23.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it) Verso la fine del mio tirocinio in Psichiatria cominciavo a diventare quel che si dice - anche se a me quest`espressione ha sempre fatto un po` ridere - una celebrità. E non sempre per ragioni “scientifiche”. Avevo preso ad applicare, come Le ho già detto, l`ipnosi a scopo...
 
14.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it ) - Così, attraverso lo studio sistematico dei fenomeni medianici della giovane cugina isterica Helly, iniziai il mio lungo viaggio nei misteri della mente.Mi ero appena laureato, per la verità nel migliore dei modi, quando Bleuler mi offrì un posto da assistente in Psichiatria...
09.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it)Rimanemmo silenziosi, nella penombra, per circa un minuto. Jung si accese la pipa e cominciò ad emettere piccole nuvolette di fumo dal suo “camino”. Poi ruppe il silenzio:- Forse potremmo ricominciare. Ma non saprei bene da dove …- Beh - replicai - intanto potrebbe dirmi quale...
 
02.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it )Le escursioni filosofiche del "primo Jung" mi avevano incuriosita. Perciò nell`incontro successivo ripresi la conversazione da quel punto.- Potremmo ricominciare a parlare dei suoi filosofi da comodino della prima giovinezza?- Volentieri, ma smettiamola con i nostri meravigliosi...
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Alessandro Gassman e Marco Giallini sul grande schermo ...
Al Teatro Sociale tornano i tanto attesi appuntamenti del Sabato Pomeriggio in Famiglia quest'anno una...
Segnaliamo un articolo comparso sulla rivista economiaepolitica.it in cui si sostiene la tesi che le...
Segnaliamo un interessantissimo articolo di Rosa Canelli e Riccardo Realfonzo sulla crescente disuguaglianza...
Il Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio annuncia che il Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico...
Segnaliamo un interessantissimo articolo del prof. Felice Roberto Pizzuti docente di Politica Economica...
I MARCHESI DEL MONFERRATO NEL 2018 Si è appena concluso un anno particolarmente intenso di attività,...
Stephen Jay Gould Alessandro Ottaviani Scienza Ediesse 2012 Pag. 216 euro 12​ New York, 10 settembre...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/lavoro-e-diritti/diritti/scuola-sanita-e-servizi-pubblici/servizio-sanitario-nazionale-a-prezzo-regionale-il-paradosso-del-ticket/...
Segnaliamo, come contributo alla discussione, un interessante articolo comparso sul sito “Le Scienze.it” Link:...
Il Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato” presenta il suo nuovo progetto per il 2018: le celebrazioni...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/europa-e-mondo/la-ripresa-e-lo-spettro-dellausterita-competitiva/...
DA OGGI IN RETE 2500 SCHEDE SU LUOGHI, MONUMENTI E PERSONAGGI A conclusione di un intenso lavoro, avviato...
Segnaliamo il libro di Agostino Spataro, collaboratore di Cittàfutura su un argomento sempre di estrema...
Memoria Pietro Ingrao Politica Ediesse 2017 Pag. 225 euro 15 Ha vissuto cent’anni Pietro Ingrao...
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