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Il paese dell'anima. Scene dalla vita di Carl Gustav Jung
Il paese dell`anima: IV) - La psiche e i suoi fantasmi
Franco Livorsi

(franco.livorsi@unimi.it)

Rimanemmo silenziosi, nella penombra, per circa un minuto. Jung si accese la pipa e cominciò ad emettere piccole nuvolette di fumo dal suo “camino”. Poi ruppe il silenzio:

- Forse potremmo ricominciare. Ma non saprei bene da dove …

- Beh - replicai - intanto potrebbe dirmi quale fu l`effetto di tutto questo suo meditare sulla vita. Perse la fede? E suo padre, che era pur sempre un pastore protestante calvinista, in tal caso come la prese?

- No, non persi la fede. Sono svizzero, io ...

- E con questo?

- Noi siamo i montanari d`Europa. Siamo diversi dai valligiani, anche se questi sono nostri cugini. Dicono che noi, in quanto montanari, siamo più duri di comprendonio, più ostinati. Ma certo siamo anche più stabili psichicamente, rispetto a tanti altri popoli europei. In sostanza siamo più equilibrati e meno nevrotici di loro ...

- Non capisco ...

- Forse un giovane avido di letture di un`altra patria, un tedesco o anche un italiano, che avesse avuto come me il suo rapporto di simpatia, anzi di vera e propria empatia, con il Faust di Goethe e con il Così parlò Zarathustra di Nietzsche, avrebbe rinnegato la fede cristiana. E magari la sua vita sarebbe stata sconvolta per anni ed anni da ciò, come accade, laggiù, quantomeno alle nature più profonde. Ma a me questo non capitò. E non certo per caso. Io la mia fede la scossi tutta da cima a fondo, come fosse stata una quercia investita da un nubifragio, ma non volli reciderne le radici. Nella sostanza, me la tenni ben stretta ... Forse avevo troppa paura di finire come quei fratellini germanici, o anche di altri grandi paesi europei, per fare il grande salto ... O forse la ragione sarà stata un`altra: più nobile e meno prosaica della mia identità svizzera ...

- E sarebbe?

- Sarebbe che per me - Nietzsche o non Nietzsche - Dio esiste ed è sempre esistito ...

- Ma come fa ad esserne così sicuro? Le sembra un`ipotesi così verificata o verificabile?

- Sì, per me è così. Lo so che Le parrà strano, o difficile da accettare … Ma il Sacro, il divino, il Numinoso sono stati parte della mia esperienza sin dalla prima infanzia. È un privilegio che la sorte ha voluto darmi. Non so perché ... Il mio dubitare “religioso” si è sempre, dall`infanzia, rivolto ad altro.

- E cioè?

- Mi sono sempre chiesto se Dio fosse buono. Mi chiedevo che razza di Dio fosse quello che consente quel che sappiamo. La storia che ciò sarebbe connesso al libero arbitrio lasciato all’uomo da Dio, con le nefandezze connesse, non mi ha mai persuaso, tanto più che noi protestanti non facciamo dipendere nemmeno il nostro aver “fede” dal povero e umano, e sempre troppo umano, libero arbitrio. La base del mio credere è stata un’altra … Si ricorda della mia visione, da quindicenne, di Dio che dall`alto del trono copre di merda la sua chiesa? Mica era consolante sa?

- Lo credo, anche se quella visione a me fa venire in mente lo spirito demoniaco piuttosto che quello devoto.

- D’accordo, d’accordo. Ma non è possibile credere di vedere il diavolo senza credere in Dio, o acquisire coscienza della sua esistenza. Se c’è il no, ci deve essere il sì. Per me i poli si son sempre richiamati l’un l’altro, come il più e il meno, come l’essere e il nulla.

Certo assumevo un modo di credere che era l`opposto di quello del pastore calvinista mio padre ...

- Forse - suggerii maliziosamente io - il suo Cristo era troppo dionisiaco, troppo bacchico ...

- Anche ...  Ma vede, tornando a mio padre le dirò che egli stesso, sotto sotto, non era neppure lui un uomo di inossidabile fede. Era anzi, per certi versi persino più di me, che pure a lui apparivo un mezzo miscredente, un dubitante terribile. Quando giunsi all`età di cui Le ho detto, a diciannove anni, alla vigilia dell`Università, finalmente lo compresi a fondo. Mio padre desiderava con tutto il cuore la fede, ma non l`aveva. Aveva la “volontà di credere”, come avrebbe detto l’ottimo William James, ma non credeva veramente. Sentiva con angoscia il grande silenzio di Dio. E dubitando si chiedeva se non avesse gettato la vita per qualcosa o Qualcuno che neanche esisteva. In tal caso la sua vita sarebbe stata senza senso, gettata via. L`avrò visto non dico ubriaco - troppo pastore calvinista svizzero anche per questo -, ma un po` brillo, due volte in vita mia. In entrambe le occasioni compresi che il suo cruccio segreto era questo. Non avrò vissuto per niente? E se Dio neanche esistesse?

Ricordo un giorno, dopo il pranzo. Eravamo ancora a tavola, e papà, al termine di un pasto più ricco del solito, aveva un po` di sonnolenza. Sorbiva perciò con vero piacere il caffè, che mia madre ci aveva appena portato.

 

- Il caffè - disse - ci voleva proprio. Credo di aver bevuto troppo, oggi ... Mi sento la testa un po` appesantita ...

- E perché non vai subito a fare un sonnellino, papà?

- Ma no, ma no ... Tra un`ora debbo prendere la carrozza per Basilea, per recarmi dagli zii: gli ultimi teologi della famiglia Jung (che Dio li abbia in gloria). Un pochino - detto in confidenza - mi stufano. Mi piace parlare di religione con loro - del resto non sanno fare altro - ma li trovo - come dire? - un po` melensi. A volte mi chiedo come possano essere così certi di cose tanto incerte ..., anche se - ben inteso - fondamentali per ciascuno di noi.

- Tu non lo sei, papà ?

- Io? Sì, sì, naturalmente … Ma meno, molto meno ... (Lo disse quasi arrossendo). Ho tanto pensato, tanto predicato e tanto pregato. Ma il buon Dio, Carl, chi Lo ha mai visto?

- Tutti lo abbiamo visto, in sogno, o in una visione.

- Sogni, visioni ... Ma i sogni sono solo esperienze frammentarie e senza senso, assurde e sfuggenti più del fumo della mia pipa ... E le visioni sono sogni ad occhi aperti.

- Eppure, papà, la Bibbia li valorizza a più non posso. Interpretando il grande sogno del faraone, Giuseppe divenne suo beniamino a corte ..., e del contatto con Dio è piena la storia della nostra religione: anzi, credo di tutte le religioni.

- E se fossero tutte leggende? Perché, con tutti, oggi Dio tace? Perché noi in Svizzera non l`abbiamo visto mai?

- Fratel Klaus l`aveva visto, e il suo volto dopo quella visione si trasformò completamente. Divenne così pieno di grazia da incutere paura in chi lo guardava, come se Dio vi si fosse specchiato nel suo essere tremendo e fascinoso.

- E tu ci credi?

- Ma io sì … A questo sì ... Penso che Mosè, dopo l`incontro con l’essere, con "colui che è", come l`Eterno chiamò se stesso sul Sinai, avesse una faccia simile: trasformata. Anche le stigmate di San Francesco, di cui parlano i cattolici, possono derivare da un`esperienza del genere, di vero e proprio contatto diretto con il divino.

- A me non sembra una cosa tanto ovvia. Se ci mettiamo a dar retta alle visioni, dovremmo prendere sul serio tutti i pazzi di questo mondo ...

- E perché no, papà?

- Ma perché sono pazzi, Carl ...

- E se avessero visto o vedessero davvero qualcosa?

- Vuoi dire qualcosa che c`è?

- Sì, spesso qualcosa di straordinario, che poi il loro racconto magari trasforma un poco, involontariamente.

- Mah! A me sembrano tutte congetture, e neanche tanto importanti alla fin fine ... E del resto, Carl, a parte i pazzi, se stessimo a quel che dici tu, con la tua testolina inquieta, dovremmo prendere sul serio le visioni degli uomini di tutte le religioni, comprese quelle degli stregoni pellirossa o del Congo belga, per non parlare degli incontri di Ulisse, o di Enea, con le loro dee protettrici, nell`Odissea del vecchio Omero, o nell`Eneide di Virgilio ...

- Sugli stregoni sono d`accordo...

- Sei d`accordo con me?

- No, sono d`accordo con loro. (E qui entrambi scoppiammo a ridere). Sui poemi antichi, il discorso è più complesso. Chi li raccontava inventava, ma quando riferiva visioni accadute - non sappiamo quali - poteva dire il vero. Ad esempio quando Tito Livio, o Plutarco, o anche il più antico Erodoto - i grandi storici antichi insomma - raccontavano eventi soprannaturali - prodigi, presagi e visioni, ad occhi chiusi o aperti - spesso potevano dire la verità ...

- Che assurdità! Ma allora per te esistono gli dèi. Bel cristianesimo è il tuo!

- Non dico questo. Ma anche gli antichi pagani avevano un`esperienza del soprannaturale, e l`interpretavano a modo loro, come tutti quelli che l`hanno avuta: da San Paolo che perde per un po` la vista vedendo Cristo come Dio sulla via di Damasco, a frate Klaus, e anche a Maometto.

- Mi preoccupi, Carl ...

- Il filosofo Nietzsche diceva: "È questa la particolarità della fede, che esistono molti dèi, ma nessun dio" ... Io lo capisco, anche se questo non è del tutto il mio pensiero.

- Ma Dio è e può essere solo uno, se c`è …, come per me c`è (sia chiaro) …

- Sì, papà, ma può avere tanti volti: tutti i volti che Gli diamo quando Lo vediamo ...

A questo punto mio padre, non senza imbarazzo, rigirandosi il bicchiere vuoto tra le mani, pensoso, esitante, quasi si vergognasse della propria opinione, mormorò:- Io non L`ho mai visto, Carl...

Poi, in tono più fermo, e quasi severo, "da padre" e "pastore", osservò:- Comunque, nonostante la mia teologia liberale, la tua eterodossia mi preoccupa, Carl. Tu vedi Dio in mille forme, ma per tale via si potrebbe pure concludere che non ce n`é nessuna che sia reale. Se io dico che le verità sono mille, o anche che una sola verità ha mille volti, è facile che giunga a pensare che nessuna di esse sia vera ...

- Oppure posso pensare che lo siano tutte ...

- Per me è impensabile ...

Fu in quell`occasione che papà volle discutere con me del mio futuro. Si alzò da tavola. Andò ad accendersi nuovamente la pipa. Si sistemò in poltrona e mi invitò ad occupare la poltrona accanto alla sua. - Mettiti accanto a me, Carl. Volevo parlarti di una cosa … più seria ...

- Più seria di Dio, papà?

- Ma no, no… Più seria dei nostri discorsi su di Lui, Carl ... Senti, Carl... Hai deciso la Facoltà? Che farai all`Università?

- Sì, papà, vorrei fare Medicina ...

- Non Teologia come gli zii, e anche come me?

- No, piuttosto vorrei essere medico come il nonno ...

- Non dico che non sia una scelta valida, bella e redditizia (il che non guasta). Ma a furia di fisiologia, non finirai per diventare ateo, Carl? Perché non fai Teologia? O non ti piace la povertà della nostra vita?

- Ma no, papà. Ai soldi neanche ci penso. O quasi ... Piuttosto sono andato per esclusione. Le religioni m`interessano molto, ma la teologia mi pare un accessorio inutile. Per me Dio è esperienza. M`interessa solo la testimonianza dei mistici. Quel che se ne evince, nelle teorie, mi scalda molto, ma molto molto meno, persino quando a “ragionare” sulle esperienze mistiche siano quelli stessi che le hanno avute. E poi, quantunque sia tanto interessante, tutto - nella religione - è così opinabile!

- Non posso darti torto, sulla discutibilità delle nostre discipline. E tuttavia la tua scelta per la medicina mi preoccupa ...

- Ma perché, papà ?

- Perché, perché ...mi sembri già così vicino alla miscredenza senza Medicina ... Non vorrei che quell`impostazione di studio tutta fisiologica, tutta sperimentale, tutta di laboratorio, e di corporeità pura e semplice, potesse allontanarti definitivamente dalla fede...

- Non sarà così, papà…

- E come fai a esserne così sicuro?

- Ma perché per me la fede è esperienza, papà …

Mio padre mi guardò perplesso, scotendo il capo.

 

Poi, nel 1895, nei giorni di Natale, mio padre si ammalò gravemente di polmonite. Io ero all`Università, a Basilea. Dovevo sostenere l`esame d`ammissione alla Facoltà. Tornai a casa e lo vidi sul letto, febbricitante. Chiesi a mia madre come stesse.

- Oh, sempre lo stesso. È molto debole, sai?

Gli rimboccò le coperte. Egli allora le sussurrò qualcosa. Mia madre mi disse:- Vuol sapere se hai già superato l`esame di stato per l’ammissione alla Facoltà.

Capii che dovevo mentire e osservai: - Sì, è andato benissimo ...

Papà emise un sospiro di sollievo e chiuse gli occhi. Uscii dalla stanza e poco dopo tornai a vederlo.

Era solo. Mia madre stava facendo qualcosa nella stanza accanto. Dalla gola del babbo proveniva un lieve rantolo. Mi resi conto che era in agonia. Rimasi accanto al suo letto, incatenato. A quel tempo non avevo ancora visto morire nessuno. Improvvisamente cessò di respirare. Attesi a lungo il respiro successivo. Ma non venne. Finalmente mi scossi.

- Mamma! Mamma! Vieni, presto ...

La mamma corse dentro, ancora con i ferri da maglia e con un gomitolo di lana tra le mani.

- Dio mio, Dio mio, non respira più! ... È morto... Com`è finito presto!

Accarezzò con tenerezza la testa del babbo e cominciò a piangere sommessamente. Poi si sedette sulla poltrona che stava accanto al capezzale e mi guardò malinconicamente.

- È morto in tempo per te, Carl ...- sussurrò ad un certo punto, come parlando a se stessa.

Ancora molto commosso e turbato risposi:- Ma che dici, mamma?

- Che ho detto? Cosa ho detto? Non lo so nemmeno io, caro. Non ci badare. Straparlo, ora ...

 

Più tardi compresi. Era come se avesse voluto dirmi: "Non vi capivate, e avrebbe potuto esserti di ostacolo". Era il commento profondo, anche se inconsapevole, del suo inconscio. Ora ero responsabile unico di ogni mia scelta, e dovevo renderne conto solo a me stesso ... e a Dio.

 

In quelle settimane sognai mio padre ripetutamente. Mi ero sistemato nella stanza che era stata sua, perché quella sala era molto più luminosa e spaziosa della mia cameretta. Mi parve di svegliarmi, subito dopo pranzo, dal sonnellino, sulla sua poltrona ...

Mi stropicciavo gli occhi, "svegliandomi".

- Oh, papà, sei tornato?

- Sì, sì, Carl, - rispose sorridendo dolcemente - sono tornato. Sono stato in vacanza sulle montagne.

- E come stai, ora?

- Sono guarito, Carl. Sono proprio guarito ...

- Ti avevo già preso lo studio, papà. Spero che non ti spiaccia.

- Ma no, Carl. A me non serve più... Ciao, ciao...

 

Due giorni dopo la scena si ripeté...

Anche in tal caso mi svegliavo sulla sua poltrona, di primo pomeriggio.

- Oh, papà, sei tornato nuovamente?

- Ma certo, Carl. Come ti dicevo sono guarito, e dunque era giusto che tornassi a casa, non ti pare? Sono guarito per sempre, Carl ...

 

In seguito mi chiesi spesso: "Che vorrà dire quest`apparizione di mio padre in sogno, con un aspetto così reale?"

Si trattò di un`esperienza indimenticabile, che mi costrinse per la prima volta in vita mia a pensare intensamente alla vita dopo la morte.

 

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- Fu allora - chiesi a questo punto al vecchio Jung - che incominciò a interessarsi di spiritismo?

- Chi glielo ha detto?

- Il suo amico Oeri, suo antico compagno di studi. L`ho incontrato l`altro giorno all`uscita dalla Biblioteca di Zurigo.

- Sì ?? - fece il vecchio Jung con una punta di diffidenza -. E che cosa le ha raccontato quel chiacchierone?

- Avevo tra le mani alcuni libri di Johann C. F. Zollner e di Williamo Crookers, che come ben sa furono due tra i primi studiosi accreditati dello spiritismo: grandi fisici e al tempo stesso cultori appassionati dei fenomeni medianici. Per questo dovettero subire molte amarezze, nel clima preteso scientifico, tutto materialistico – o positivistico, come allora si diceva - del loro tempo.

- Sì, conosco quei libri. Anzi, è probabile che siano gli stessi volumi che ho letto io sessant`anni fa, nella stessa biblioteca cittadina.

- Chi lo crederebbe? Oeri si ricordava proprio di ciò. Quando mi vide infatti osservò:

- Tale il maestro e tale l`allieva?

- Perché?

- Erano i libri preferiti del vecchio Jung quando facevamo insieme l`Università. Che gran parlare su tali cose, in quegli anni!

- E Lei, dottor Oeri, di tali sue letture che cosa pensava?

- Io, cara Aniela, mi tenevo alla larga, avendo una bella fifa ... Ma mi piaceva ascoltarlo. E apprezzavo la sua tenacia.

Egli ha intrapreso un cammino che richiedeva - soprattutto dapprincipio - un certo coraggio personale, studiando la letteratura spiritistica, sperimentando i fenomeni paranormali, formandosi idee proprie in proposito, e difendendole strenuamente...

- Dunque ci credeva davvero sin da allora?

- Almeno dapprincipio sì, prima di scoprire la psicologia "scientifica". In quel primo tempo mostrava, soprattutto con me, e con un altro amico, non poca irritazione di fronte al fatto che la scienza ufficiale, secondo lui, invece di prendere in considerazione gli innumerevoli fenomeni paranormali cercando di studiarli e spiegarli, li rifiutasse semplicemente in blocco. Ricordo bene proprio le conversazioni sui due autori che ora sta leggendo Lei. Delle dottrine di Zollner e Crookes era in grado di parlare per ore. Considerava questi autori come eroici martiri della scienza.

Più tardi, com`è noto - perché ne parlò nella tesi di laurea, subito pubblicata - prese a sperimentare egli stesso, reclutando i partecipanti alle sedute spiritiche tra amici e parenti. ... Era affascinante farsi raccontare tali cose da Jung, seduti insieme a lui nella sua stanzetta da studente. Aveva un bassotto nero. Questo cane ci stava a sentire con una tale attenzione che sembrava capisse tutto quanto si diceva. E Jung, quando glielo facevo osservare, si affrettava a spiegarmi che la sensibile bestiola a volte guaiva penosamente, quando in casa era all`opera, secondo lui, qualche forza occulta.

- E mantenne sempre questo punto di vista?

- Chi? Jung? No, no. Direi solo che seguitò a ragionare così sino a quando non ebbe deciso di specializzarsi in psicologia, verso la fine dei nostri studi. Allora cercò di interpretare in chiave psicologica, o psichiatrica, le manifestazioni paranormali, se ben ricordo. Ma solo sino ad un certo punto. Forse rimase sempre, in questo campo, un dubitante.

 

Chiesi conferma al vecchio Jung.

- È vero? Continuò a credere nello spiritismo o no?

- Credere? Non credere? Non è mica facile sa stabilire una linea netta in tale campo! Diciamo che da un lato c`erano, nei contenuti delle manifestazioni spiritiche, molti tratti che potevano essere agevolmente spiegati con la personalità della medium (l`evocatrice dei cosiddetti spiriti): come parte del suo mondo dei sogni; dall`altro c`erano però questioni generali, su cui dopo innumerevoli letture tornavo a riflettere, che mi parevano sempre aperte.

- E cioè?

- Ad esempio, anche senza i libri degli spiritisti si poteva vedere che in ogni epoca e in tutti i paesi le stesse storie erano state ripetutamente riferite. Una ragione di questo fatto doveva esistere. E questa non poteva consistere nel predominio di uguali concezioni religiose dappertutto, poiché evidentemente le cose non stavano così. La causa doveva piuttosto essere connessa al comportamento "obiettivo" - causante e non causato - della psiche: in una sua identità più profonda ed unitaria. Ma su questa psiche, o anima, da giovane non trovavo nessuna risposta soddisfacente. Le sole "soluzioni" elaborate parevano quelle dei filosofi, che a me, però, per quanto affascinanti, nell’insieme sembravano alquanto astratte. I fenomeni spiritici mi parevano spesso indubitabili, ma la loro spiegazione mi pareva insoddisfacente.

Intuivo, comunque, che questo mondo degli spiriti, che - non posso negarlo - mi ha sempre attratto fortemente, aveva molto a che fare con la natura profonda della mente, ossia con la realtà - o irrealtà - dell`anima. Di lì era sempre venuto, a me, un richiamo, che ora assumeva pure un aspetto ben visibile, come se si fosse trattato di un tale che volesse a tutti i costi farsi sentire suonando più e più volte il campanello di casa mia.

- Racconti, racconti ...

 

- Un giorno stavo nella mia camera, studiando i miei trattati. Nella stanza accanto - la porta di comunicazione era spalancata - mia madre lavorava a maglia. Era infatti in sala da pranzo. Lì c`era un tavolo rotondo in noce che, provenendo dalla dote della mia nonna paterna, era ormai vecchio di circa settant`anni. Mia madre era seduta accanto alla finestra, a circa un metro di distanza dal tavolo.

Improvvisamente si sentì uno scoppio, come se fosse stato sparato un colpo di pistola.

Spaventato mi alzai dalla scrivania e corsi verso mia madre.

- Che c`è mamma? Che è accaduto?

- Che è accaduto? Qualcosa è esploso proprio accanto a me, nel tavolo.

Allora guardammo ben bene il tavolo. Il piano risultava spaccato dall`orlo fin oltre il centro, nella parte più compatta.

- Il tavolo...il tavolo - dissi con voce tremante - si è spaccato in due, non lungo una sconnessura, ma proprio nella parte più massiccia. Com`è possibile? Un tavolo in legno stagionato, di settant`anni... come può spaccarsi così ?

- Sì, sì - mormorò mia madre -, questo fatto deve avere un significato.

 

In quei giorni dovevo dare il mio ultimo esame - a Medicina - in Psichiatria. Il corso del mio docente non mi era molto piaciuto, ma lo strano mondo visionario dei pazzi mi attraeva già, perché mi pareva affine a quello spiritistico che mi aveva affascinato. Iniziai a leggere il trattato per l’esame, con curiosità, ma senza aspettarmi niente di speciale. Era il famoso manuale di Psichiatria di Krafft-Ebing. Non mi ripromettevo nulla, anche perché allora questa materia a Medicina era la Cenerentola. Era considerata il ramo più opinabile della nostra scienza. I manicomi - allora come per tanti secoli passati - erano quasi ovunque dei lazzaretti, o delle prigioni di lusso (per taluni pazienti ricchi, nella nostra Svizzera). I pazienti li si curava - si fa per dire- col bromuro, le blandizie, o la camicia di forza. Non si facevano tante distinzioni tra le diverse forme di disagio psichico. Cominciai a leggere. Ad un certo punto fui colpito - voglio fargliele vedere (e nel dir così il vecchio Jung trasse dalla libreria un vecchio volume rilegato e lo aprì alle prime pagine) - dalle seguenti parole: "Probabilmente a causa della peculiarità di questo ramo della scienza e del suo incompleto sviluppo, i testi di psichiatria recano l`impronta di un carattere più o meno soggettivo."

La stessa psicosi - spiegava l`autore -, comunemente detta pazzia, non è una malattia come tutte le altre. È, piuttosto, una malattia della personalità.

La psichiatria, nel senso più ampio, è un dialogo tra la psiche ammalata e la psiche del medico, che si suppone sia `normale’; è una comunicazione tra la personalità ammalata e quella del terapeuta, tra una soggettività e un`altra soggettività.”

A questo punto il cuore prese a balzarmi nel petto. Dovetti alzarmi e respirare profondamente. Ero terribilmente eccitato, poiché mi era apparso evidente, in un` illuminazione improvvisa, che l`unica mia possibile meta, nella vita futura, sarebbe stata la psichiatria. Solo in essa avrebbero potuto confluire insieme le correnti vuoi spirituali e vuoi obiettive del mio interesse per la psiche e, dopo essersi congiunte, proseguire il loro corso. Intuii infatti che avevo finalmente individuato il campo di esperienza comune ai fatti biologici e spirituali: un`area di convergenza e di confluenza che avevo cercato dappertutto senza riuscire a trovarla. In tale contesto disciplinare lo scontro tra spirito e natura appariva risolto in una sola realtà, come se in quell`ambito, e solo lì, anima e corpo fossero stati concepibili e concepiti come due in uno...

La decisione era presa. Mi sarei specializzato in Psichiatria. Quando informai di ciò il professore di medicina interna, potei leggere sul suo viso stupore e disappunto. Si riaprì la mia vecchia piaga: il sentimento di estraneità e di alienazione, l`impressione di non appartenere a questo mondo e di essere altro dal mio prossimo (grandi maestri compresi). Ora, però, sapevo perché mi sentivo così lontano dagli altri. Avevo infatti scoperto che il mio vero mondo era quello degli abissi della mente. Nessuno, nemmeno io stesso, aveva mai supposto che potessi avere il desiderio di mettermi per una strada così appartata ed oscura. Ne parlai con Oeri.

 

- Che ne dici?

- Jung, perdonami se te lo dico. Ma io credo che proprio tu sia un po` matto. Sei stato apprezzato come pochi altri studenti. Ti è stata offerta, dal primo professore della Facoltà, una brillante carriera in medicina interna. E tu getti via quest`invidiabile e allettante possibilità. E in cambio di che cosa? Per i famigerati vaneggiamenti della psichiatria.

Capii che avevo preso una via oscura, su cui nessuno avrebbe voluto o potuto seguirmi. Ma sapevo - e niente e nessuno avrebbe potuto dissuadermi dalla mia convinzione - che la mia decisione era ben salda, e che era voluta dal destino. Era come se due corsi d`acqua si fossero uniti in un unico impetuoso torrente spingendomi inesorabilmente verso mete lontane.

 

 - E l`esame?

- Lo superai nel modo più brillante.

Ero l`ultimo della giornata, e il professore volle che lo accompagnassi a casa. Allora la relazione tra il professore e i migliori allievi diventava spesso personale. Mi fece accomodare in salotto, e una cameriera ci servì del tè al latte. Era quasi il tramonto, ed era estate.

 

Il professor Eugen Bleuler mi parlò con la massima cordialità e fiducia.

- Ho sentito dire che Lei si interessa molto di spiritismo. Anzi, che lo pratica …

- Ahimè, non posso negare questa mia debolezza ...

- Non abbia timori, Jung. Noi siamo abituati a prendere sul serio l`insolito. Se non fosse così, addio pazzi  ...

- La sua è un`idea che mi consola molto.

- A Lei stesso, in queste sedute spiritiche, è mai accaduto qualcosa di veramente paranormale, che possa configurarsi come tale senza ombra di dubbio?

- Veramente sì, anche se temo che se glielo dirò Lei si metterà a ridere ...

- Ma no, Le assicuro di no. Dunque?

- Ho visto il movimento di oggetti senza che nessuno li toccasse direttamente, e questo in condizioni di controllo pienamente soddisfacenti. Questi movimenti potrebbero essere definiti, nel linguaggio degli spiritisti, lievitazione, se si ammettesse che gli oggetti possano muoversi da soli. Ma ciò non sembra avvenire, in quanto tutti gli oggetti che paiono spostarsi da soli lo fanno come se fossero sorretti, spostati, o gettati a terra da una mano. In questa serie di esperimenti io, insieme ad altri osservatori, ho anche visto una mano e sentito la sua pressione. Si trattava apparentemente della mano che aveva provocato tutti gli altri fenomeni di questo tipo.

- E ammesso - e per la verità non proprio concesso, perché esiste pure l`autosuggestione - che sia così, come se lo spiega? È forse il frutto di un`estrema concentrazione della realtà su un punto, come dicono certi cultori dell`occultismo?

- No, no, non direi proprio. Direi anzi che questi fenomeni non avevano niente a che fare con la volontà, in quanto si verificavano unicamente quando la medium era in trance, cioè profondamente addormentata, in stato come di sogno, e di possessione da parte di un`identità diversa da quella solita. È chiaro che sussistendo la trance non c`è alcun controllo da parte della coscienza, ossia della volontà.

- E com`era la mano vista da Lei per aria?

- Era una mano diversa da quella della ragazzina medium. L`ho vista benissimo. Ne ho anzi persino sentito la pressione sulla mia. E dopo qualche secondo si è dissolta.

- Interessante, veramente interessante...

 E come si svolgono le vostre sedute?

 - Ci sediamo attorno a un tavolo rotondo, quello del mio nonno materno, Samuel Preiswerk, che tra l`altro era pure noto per la sua sensibilità paranormale. Vedeva fantasmi persino mentre preparava le sue prediche di pastore protestante ...

Sul tavolo viene posto, in precedenza, un bicchiere pieno d`acqua. Viene formata una catena spiritica, cioè ci si tocca leggermente con le punta delle dita, mignolo contro mignolo e pollice contro pollice, dopo aver posto le mani sul tavolo, e si aspetta, concentrati e silenziosi, che lo spirito si manifesti. A un certo punto il bicchiere comincia a muoversi leggermente e l`acqua, in esso, a tremolare. La medium, una ragazzina - Helly - prende a parlare, con una voce alquanto diversa da quella che le è propria di solito. Tutti sono convinti che per sua bocca parli veramente il nonno Preiswerk. Gli si fanno delle domande, e quello che la voce dice o accenna è considerato niente meno che la parola del nonno. Chissà ...

- Ed è sempre così?

- Dipende. A volte, d`estate, cominciamo quando c`è ancora un po` di luce. Allora si tirano le tende scure, per evitare qualsiasi disturbo o distrazione. Restiamo a lume di candela.

Alcune volte utilizziamo un cartellone su cui sono state scritte le lettere dell`alfabeto. In tal caso usiamo un bicchierino da cognac rovesciato. Formiamo la catena toccandolo appena con l`indice. Il bicchierino si muove ...

- Lo muovete voi però ...

- Sì, ma va con sicurezza avanti e indietro senza sbagliare una sillaba, formando parole e frasi, che io, che osservo la scena, trascrivo ...

- E crede veramente che a comunicare sia il suo nonno defunto?

- A volte sì, a volte no ...

- Mi spieghi quando non ci crede ...

- Ad esempio la ragazzina mi ha sentito, da sveglia, discutere con i miei amici su Nietzsche e sulle sue famose idee relative alla morte di Dio ... Ebbene, in trance il nonno, o il cosiddetto nonno, dice: "Carl, Carl, credi a tuo nonno! L`insegnamento di Nietzsche contiene molti errori in riferimento a Dio." Certo, potrebbe essere l`opinione, sempre molto edificante, di un vecchio pastore protestante com`era stato lui, ma potrebbe pure essere l`eco delle nostre conversazioni, conturbanti per la psiche debole della ragazzina medium. Credo anzi sicura questa seconda versione.

Altre volte, però, lo spirito ci ha dato descrizioni complesse dell`altro mondo, simili a quelle della filosofia neoplatonica: cose che la ragazzina non può certo né conoscere né tanto meno rielaborare autonomamente, a meno che non le pensi nel sonno ...

- Senta, Jung, perché non ci fa sopra la tesi?

- La tesi di laurea?

- Ma sì, una bella tesi sulla psicologia e patologia dei cosiddetti fenomeni occulti, in cui potrà descrivere analiticamente tutto il caso in questione, però discutendolo in termini psichiatrici, o psicologico scientifici: senza nulla concedere - ben inteso - al semplice occultismo, o quantomeno sospendendo il giudizio quando il discorso potrebbe farsi, per così dire, fideistico.

- Dio mio, certo che sarebbe per me entusiasmante ...

- Dunque, venga a trovarmi nel mio studio all’Università e ne parleremo.

 

   A questo punto chiesi al vecchio Jung:

- E nella tesi descrisse tutto?

- Sì, ma con diversi, e non casuali, "omissis". Ma che ci vuol fare?

- Omissis?

- Ad esempio non dissi, neanche in privato, a Bleuler, che Helly, la medium quindicenne, era la mia cugina Helene Preiswerk-Allensbach.

 La povera ragazzina aveva pure preso una gran cotta per me. Era anche per questo che si preoccupava tanto per la mia anima, parlando come se fosse stata nostro nonno mettendomi in guardia dalla miscredenza di Nietzsche.

Inoltre accettai di interpretare tutto in chiave di “isteria”, pur sapendo che c`era una zona d`ombra, certo paranormale, su cui avrei potuto dire molte cose.

Naturalmente le faccio queste confidenze perché ho deciso di intendere l`autobiografia come una specie di occasione d`analisi, evitando perciò, il più possibile, le autocensure. Ma Lei questo non potrà scriverlo. Anche H. S., la cugina medium, sarà bene che resti tale.

- E perché si censurò con Bleuler?

- Ma perché a ventiquattro anni non mi sentivo di dirgli: "Posso fare la tesi sui deliri di mia cugina?" E anche sul resto dovevo un po` trattenermi. Lo spiritismo pareva, e pare, a quasi tutti, pura ciarlataneria. Forse era giusto, in sede scientifica, tacere sulle cose di cui, in modo appunto rigoroso, non si era in grado di parlare.

- Forse sì, anche se l`anima dice di no.

- Anche l`anima deve adattarsi alla scienza.

- Mi racconti ancora qualcosa delle famose sedute e su quello che ne dedusse nella sua tesi (se vuole).

- Bene. Siamo qui per questo, no?

Ricordo ad esempio, in modo particolarmente vivo, una seduta.

 

Helly, che certo era isteroide se non proprio isterica, ebbe una crisi di sonnambulismo. Mi pare che fossimo nel settembre 1899. Era comunque la fine dell`estate di quell`anno. La ragazzina si sedette sul divano, si lasciò cadere all`indietro, chiuse gli occhi, e cominciò a respirare in modo lieve e regolare. Gradualmente entrò in catalessi. Questa scomparve dopo circa due minuti. A quel punto Helly piombò in un sonno apparentemente tranquillo, con la muscolatura in completa distensione. Poi cominciò a parlare con voce sommessa.

- No, tu prendi il rosso, io prendo il bianco. Tu puoi prendere il verde e tu il blu ... Siete pronti?

- Allora andiamo.

A questo punto vi fu una pausa di parecchi minuti, durante la quale il suo viso si coprì di un pallore cadaverico. Le sue mani divennero fredde e del tutto anemiche. Improvvisamente, ormai in stato di profonda trance, chiamò con voce alta e solenne ...

- Johann, Johann, Johann ...

 

Osai interrompere il vecchio Jung per chiedergli:- Chi era questo Johann?

- Era mio padre, naturalmente, per cui a chiamarlo era mio nonno, Carl Gustav ..., o almeno così pareva.

 Helly, sempre in trance, diceva:- Johann, ti dico che nell`insegnamento di Nietzsche ci sono molti errori ...

 

Di nuovo interruppi il mio caro narratore, per osservare:- Ah, è qui che il "fantasma" la criticava?

- Già … A questo punto la nostra medium, che era diventata bianca come un cencio, parve rianimarsi. Infatti le sue parole ora sembravano quelle di una persona che conversasse normalmente.

 

- Ecco, è molto spaventato, non poteva neppure più parlare ...

- Ci penserò, certo.

Helly continuò il discorso sullo stesso tono di conversazione, ma in uno strano idioma che suonava simile al francese o all`italiano, richiamando ora questo e ora quello. Parlava correttamente e con grazia, molto velocemente, tanto che si capivano solo alcune parole, senza tuttavia che fosse possibile tenerle a mente, a causa del loro strano suono. Talvolta certe parole ricorrevano più frequentemente di altre, come "vena, venes, venai, vene", eccetera. Era però sorprendente come il discorso suonasse assolutamente naturale. Di tanto in tanto Helly faceva delle pause, come se qualcuno le rispondesse. Poi la sentii dire, con voce afflitta ...

- Ahimè, è già ora? Debbo già andare? ... Addio, addio!

A questo punto si diffuse sul suo volto un`indescrivibile espressione di beatitudine estatica. Sollevò le braccia, riaprì gli occhi, fino a quel momento chiusi. Li volse verso l`alto. Mi parvero luminosissimi. Restò per un istante in questa posizione, mentre l`espressione del suo viso appariva improvvisamente stanca e spossata.

Dopo un breve sonno catalettico si ridestò con un sospiro e si guardò intorno sorpresa.

- Ho dormito ancora, vero?

- Sì, Helly - dissi io -, e durante il sonno hai parlato. È venuto a trovarci il nonno, a quel che pare.

- Ma perché questi dannati spiriti non mi lasciano in pace? Perché? Perché? (E nel dir ciò si torceva le mani, con la massima apprensione).

- Ma non c`é niente di male, Helly. È stato anzi interessante. Il nonno mi ha messo in guardia, parrebbe parlando all`anima di mio padre, nei confronti di Nietzsche.

- Di chi?

- Di quel filosofo di cui parlavamo giorni fa.

- E poi?

- Hai parlato in una strana lingua, a un certo punto. Pareva italiano, o francese, o un misto tra i due idiomi.

- Eppure - disse allora Helly con voce tristissima - ho detto agli spiriti che non volevo, che non poteva essere, che mi affatica troppo. (E qui cominciò a piangere sommessamente). Mio Dio, mio Dio, deve tutto, proprio tutto, ripetersi come la volta scorsa? Non mi verrà risparmiato proprio niente?

- Ma no, Helly, vedrai che la prossima volta saranno meno esigenti.

Ma il quadro divenne, la sera dopo, anche più movimentato. Fu allora infatti che comparve, se così vogliamo chiamarlo, lo spirito di Ulrich von Gerbenstein. Era un tipo divertente e pettegolo, parlava con proprietà e nella lingua letteraria - certo in modo assolutamente sproporzionato alle capacità coscienti di Helly - con accento spiccatamente tedesco settentrionale. Ma procediamo con ordine.

Uno dei partecipanti domandò al "bicchierino" che vibrava tutto:- Chi sei?

Subito il bicchierino prese a correre qua e là formando il nome di Ulrich von Gerbenstein.

Nel frattempo Helly si era profondamente addormentata, con la testa in avanti. Il suo respiro era però affannoso. Un po` preoccupato per lei, chiesi:

- Che fa ora Helly?

Helly allora cominciò a parlare, lentamente, in un tedesco letterario di secoli passati, che certo le era estraneo.

- Helly - diceva - è lontana. Il suo corpo sottile è volato via. Io sono qui per prendermi cura del suo organismo, rimasto incustodito. Devo badare alla circolazione del suo sangue, alla sua buona respirazione, perché il suo equilibrio non si alteri troppo. Debbo soprattutto vigilare perché nessuno spirito nero ne approfitti per impossessarsi di lei per farle del male.

- Ma dov`è, dov`è ora Helly, dimmelo, ti prego... (chiese quasi implorando la madre della medium, che partecipava alla nostra "catena").

- È andata, insieme ad altri spiriti amici, in Giappone. Deve comparire laggiù, in sogno, ad un vostro parente, per indurlo a non fare uno stupido matrimonio.

 La voce si fece, a questo punto, appena mormorio.

- Ecco, ora appare al lontano congiunto di Tokio. Guardate come s`è fatta pallida! Vi prego, tacete, tacete, per carità … La materializzazione, a tanta distanza dal proprio corpo, costa ai viventi un enorme e pericoloso sforzo. Quando si sveglierà, preparate una borsa col ghiaccio e premetegliela subito sulla fronte, per lenirle il mal di testa, che certo avrà.

Seguirono forse due minuti di totale silenzio. Poi lo "spirito" riprese a parlare, sempre sussurrando.

- Vedete, il volto torna ad assumere il suo colorito.

Eccoli, eccoli, finalmente!

La voce dello "spirito" si era ora fatta più "normale".

- Li vedo venire, ma sono ancora molto lontani.

La vedo come se fosse una piccola stella. (E qui Helly puntò l`indice verso il nord).

- Ma perché - chiesi io stupito, e anche con malizia - non viene da est, se è andata in Giappone?

- Vengono - rispose Ulrich - proprio per la via più breve, attraverso il Polo Nord. Ma adesso io vado. Addio!

Helly a quel punto si svegliò, si stropicciò gli occhi. E subito osservò:- Non mi è piaciuto per niente, e ho la testa che mi scoppia.

- Oh, cara - disse sua madre - forse dovremmo smettere ...

- Lo sai che il nonno ne soffrirebbe ...(replicò prontamente la medium).

- Sì, sì, povero mio papà … Mi fa così piacere starlo a sentire, quando viene ...

- Ho visto lo spirito chiamato Ulrich presso il mio corpo. Che voleva?

- Dice - risposi io - che doveva vigilare sulla tua buona salute.

- È un imbroglione. Tant`è vero che ho un gran mal di testa. Ha vigilato proprio bene, quel matto ...

- Ma ce l`ha detto che l`avresti avuto, il mal di testa, e io ti ho già preparato la borsa per il capo. Tienila ferma sul punto della testa che ti fa male, piccola cara. Per un po` sarà bene che smettiamo le sedute spiritiche  ...

- E Ulrich che cosa vi ha raccontato?

- Dice che sei andata con altri spiriti in Giappone, per parlare a un nostro lontano parente e sconsigliargli un cattivo matrimonio.

- Ma guarda quante sciocchezze deve raccontare quel buontempone. Non ne può proprio mai fare a meno!

 A questo punto il vecchio Jung si rivolse a me, e osservò:

- Fu così che entrai per la prima volta in contatto con il mondo dell`inconscio.

- L`inconscio? - notai io un po` stupita.

- Sì, sì, l`inconscio, naturalmente svelato da un`isterica, come già avevano compreso Charcot… e Freud.

- Lei conosceva già gli scritti di Freud?

- Sì, almeno il suo libro Interpretazione dei sogni. Allora era considerato da tutti un insieme di illazioni pseudoscientifiche, ma io, nonostante la mia giovinezza, l`avevo letto e riletto, e in effetti è citato nella mia tesi, e nella sua prima edizione, allora appena uscita.

- Bisogna proprio che me lo presti, questo suo primo libro sulla psicologia dello spiritismo, professor Jung.

- Una volta o l`altra, Aniela, una volta o l`altra … Non c`è fretta. Quel che ho fatto anni dopo, e che Lei ben conosce, ingloba anche quest`aspetto, non Le pare? Comunque glielo darò ...

Anche se non mi soffermavo molto sulla teoria freudiana sulla sessualità infantile, coglievo già il nesso tra fantasie sceneggiate dalla medium e sua crisi puberale. Aveva pur sempre quindici anni, la piccola e graziosissima cugina Helly. Naturalmente l`ottica di Freud, per la quale ogni manifestazione onirica, ogni fantasia dell`isterico o nevrotico, ogni apparizione, dovrebbero spiegarsi con un qualche ingorgo nella "normale" evoluzione della sessualità, è tanto esplicativa quanto fuorviante. Chiude taluni problemi ed altri ne apre.

- Che vuol dire, in riferimento al caso in questione?

- Ad esempio a un certo punto comparve, nelle nostre sedute spiritiche, il fantasma di Ivenes: una bella donna di vent`anni, sicura di sé, influente, saggia, graziosa, devota. Su di essa la piccola Helly raccontava ogni sorta di storie. Abbondavano vicende di amori palesi e segreti, di nascite illegittime, e altri sottintesi sessuali. Ivenes, avvalorando le teorie sulla reincarnazione, parlava, per bocca della nostra medium, di tante sue vite passate, in cui lei stessa appariva genitrice o progenitrice di migliaia di esseri invariabilmente buoni, intelligenti e forti. Ogni volta si doveva scontrare con una signora che era il suo opposto. Ivenes appariva sempre come l`apice della virtù. La signora come sentina di ogni iniquità. In proposito la chiave di lettura freudiana mi persuadeva abbastanza. Ne parlai nel mio testo e anche in sede di seduta di laurea, dialogando con il mio relatore, che stava al centro di un grande tavolo a ferro di cavallo. Egli era del tutto paludato, al pari di una decina di altri suoi colleghi.

 

Si era nella sala lauree della Facoltà di Medicina dell`Università di Zurigo. Ovviamente il mio relatore, il professor Bleuler, su Ivenes sapeva tutto, perché aveva seguito la tesi nel suo farsi. Per approfondire la questione comunque mi chiese:

- E dalle fantasie da grande madre dei mortali della giovane "anima" - si fa per dire - di Ivenes, Lei che cosa evince, signor Jung?

- Mi pare che si debba tener presente il fatto che la paziente - se così vogliamo chiamare la giovane isteroide che ci faceva da medium - aveva quindici anni e mezzo. Aveva dunque raggiunto l`età della pubertà. Ho pertanto ritenuto che i suoi disturbi - comprese le visioni, che come sempre sono sogni ad occhi aperti - avessero molto a che fare con le alterazioni fisiologiche, e quindi del carattere, proprie del periodo della pubertà.

- Sì, in effetti Lei nella tesi cita, a questo proposito, il Ribot. Mi sono segnato la pagina. Leggo anzi il passo, per i miei illustri colleghi: "In questo periodo della vita compare nella coscienza dell`individuo un nuovo gruppo di sensazioni cui s`alleano i sentimenti e le idee che da esse derivano. Il premere ininterrotto di stati mentali insoliti - che si fanno costantemente sentire, perché perdura la causa che li determina, e che sono tra loro coordinati perché procedono dalla medesima fonte - deve provocare a poco a poco profondi mutamenti nella costituzione dell` Io." La coscienza ne viene insomma profondamente e inevitabilmente modificata, tanto forti sono le reazioni in tale fase. Non è così, Jung?

- Esattamente. Sono infatti ben noti i fenomeni di improvvisa mutabilità d`umore, i sentimenti nuovi, ma forti e confusi; l`inclinazione alle fantasticherie, all`esaltazione religiosa e al misticismo, accanto alle ricadute nella puerilità, che conferiscono all`uomo che sta formandosi l`impronta in lui ben caratteristica. L`individuo, in questo periodo, compie i primi maldestri tentativi d`indipendenza, in ogni campo. Si serve, per la prima volta ai propri fini, di quello che la famiglia e la scuola gli hanno insegnato nell` infanzia. Abbraccia ideali, elabora progetti per il futuro. Si immerge in sogni alla cui base stanno ambizione e presunzione.”

- Molto ben detto. E come lo spiega?

- A tutto ciò conduce già il solo fattore fisiologico.

- E tutto ciò come si lega al "fantasma" della paziente, o meglio  a ... Ivenes?

- Nella spiegazione io ritengo che dobbiamo pensare ad una specifica turba della pubertà. È vero che Ivenes ricorda la famosa sonnambula di Prévorst, con il suo strano mondo "altro", e che la descrizione di questo “mondo altro” ha spesso riscontro nelle cosmologie degli gnostici o dei neoplatonici antichi. Ma in lei c`è  pure la proiezione di quello che la nostra medium quindicenne certo vorrebbe diventare: la donna sicura, influente, saggia, graziosa e devota che per ora certo non è. Ivenes è la sua personalità ideale, insomma.

- Se non sbaglio Lei cita addirittura Freud e la sua Interpretazione dei sogni, a questo proposito. Le dirò che a me è parso un azzardo scientifico, ma siccome per sua fortuna Lei ha ventiquattro anni, ed io non sono certo qui per spegnere la sua creatività sul nascere, l`ho lasciata dire. Tuttavia ora ha l`occasione per spiegarsi meglio.

- Le storie romanzesche in cui attraverso Ivenes la paziente genera mezzo mondo, la dicono già lunga, in proposito. Quale sia il suo impulso centrale, prorompente e naturalmente ancora insoddisfatto, mi pare chiaro (fare all`amore, generare). Ma ancora più interessanti sono le quattro figure attorno alle quali gira tutto il mondo onirico sonnambolico della paziente: tutto il suo produrre inconsciamente visioni, ossia sogni ad occhi aperti.

- Cioè?

- C`é una coppia di donne: Ivenes, la grande e rispettabile procreatrice, e la sua nemica. Sono chiaramente la luce e l`ombra della paziente, il suo ideale e il suo rovescio.

- L`ideale femminino e la sua ombra, vero? - aggiunse un altro docente.

- Sì, sì, proprio così.

- E i vecchi fantasmi: il nonno e quel tale ...Ulrich? - domandò nuovamente il mio professore.

- Sono proprio due "tipi". L`uno, il nonno, non produce nulla che non sia religioso-pietistico ...

- Del resto - osservò con un risolino bonario un altro docente - nella vita era stato un pastore, no? Che vuole aspettarsi da un fantasma del genere?

Il mio professore, con bonaria ironia, si rivolse al mio contraddittore:- Non mi dirai che credi ai fantasmi, caro collega?

- Ma no, no, che diamine! Sta sicuro. Anche se sono un po` come quel grande filosofo italiano, Benedetto Croce, che, trovandosi a dover passare sotto una scala di legno che stava tra il muro e la strada che costeggiava il suo marciapiede, fece un giro attorno per evitarlo. All`amico che era con lui, e che si stupiva di tanta superstizione, egli rispose: "Perché rischiare?"

 Non è vero giovanotto?

- Io, per me, la penso proprio come quel filosofo.

- Ma torniamo - osservò il mio relatore - ai nostri allegri fantasmi: il nonno e l`amico Ulrich...

- Dunque, il nonno, il cosiddetto nonno, enuncia una quantità di precetti morali edificanti. A questo proposito io ricordo, nella tesi, che la paziente, o medium, a quindici anni ricevette la confermazione, la prima comunione e cresima, da un pastore molto pietistico, e che anche a casa essa aveva continue occasioni di ascoltare, dalla madre, prediche cristiane molto per bene. Il nonno rappresenta quest`aspetto del suo passato. Ulrich, invece, è l`altra metà: il rovescio. Da ciò deriva uno straordinario contrasto di tipi. Abbiamo dunque qui personificati i due lati opposti del carattere della ragazza: da una parte l`essere “pietistico” dell`educazione coatta; dall`altra la totale assenza di freni propria di un`adolescente che si risveglia e che passa sovente il segno, almeno con l’immaginazione. In effetti nella paziente troviamo una straordinaria mescolanza delle due tendenze. Ora è timorosa, timida, di una riservatezza esagerata; ora sbrigliata fino al limite del lecito, ed ella stessa si rende penosamente conto di questi contrasti. Questa circostanza ci dà la chiave dell`origine delle due persone subconsce. La paziente è evidentemente alla ricerca di una via di mezzo fra i due estremi; si sforza di reprimerli e aspira ad una condizione più ideale. Questo sforzo la porta al sogno di pubertà dell`Ivenes ideale, rispetto alla quale quanto nel suo carattere è oscuro passa in seconda linea. I tratti respinti in lei - il nonno bacchettone e l`amico libertino - non scompaiono, ma intraprendono, come idee rimosse, un`esistenza indipendente, di personalità artificiali. Questo comportamento, a mio parere, ricorda chiaramente le indagini sui sogni di Freud, che ove siano interpretati scoprono le espressioni autonome dei pensieri rimossi.

- E con ciò dove pensa di poter arrivare, signor Jung? - chiese un altro docente con una piccola nota di diffidenza.

- Spero solo - risposi io con evidente spirito diplomatico - che il mio lavoro possa dare un contributo sia pure minimo all`ancora tanto opinabile psicologia dell`inconscio.

- Benissimo, può accomodarsi, signor Jung - disse il presidente della commissione.

Così mi laureai, nel migliore dei modi.

 

Ancor piena di curiosità per il racconto ascoltato, chiesi al vecchio Jung:- E Helly? Proseguì gli esperimenti spiritistici con lei?

- Sì, per un anno ancora. Poi, a dir la verità, ne ebbi proprio abbastanza. Tutto ristagnava. Un paio di volte sorpresi persino la medium nel tentativo di fare dei trucchi, e ciò mi fece smettere definitivamente. Però più tardi me ne rammaricai, poiché grazie ad Helly venivo apprendendo, in termini via via più chiari, che una personalità inconscia, con le sue multiple sfaccettature, può svilupparsi nell`essere umano, o entrare in una coscienza infantile o puerile e alla fine farne parte integralmente. La medium era una di quelle personalità che maturano precocemente e che precocemente possono pure lasciarci. Morì a ventisei anni. Niente di misterioso, ben inteso. Si trattava di tubercolosi. Ma, guarda caso, la malattia se la prese proprio lei.

- "Muor giovane chi è caro agli dèi", come dicevano gli antichi greci.

- Cioè chi è caro al mondo dell`inconscio collettivo, con i suoi archetipi personalizzati - osservò Jung meditabondo.

- Lei la vedeva ancora, negli ultimi anni della sua vita?

- La vidi per l`ultima volta quando lei aveva ventiquattro anni. Fui profondamente colpito dalla sua indipendenza e maturità. Dopo la sua morte appresi però dalla sua famiglia che durante gli ultimi mesi di vita il suo carattere si era un po` alla volta disfatto, tanto che alla fine era ritornata alla condizione mentale di un bambino piccolo, e in questo stato era caduta nell`ultimo sonno.

In embrione, comunque, anche grazie ad Helly, avevo già scoperto tante cose, che solo molti anni dopo avrei potuto capire pienamente, interpretare ed utilizzare.

- Cioè ?

- Intanto, ripeto, avevo potuto toccare con mano la realtà dell`inconscio. Non si trattava solo di un`acquisizione generica, che avrebbe potuto avere ben poco valore. L`inconscio mi si palesava come un sistema psichico autonomo, che agisce in noi in parallelo all`altro, cosciente, e pensa il mondo a modo suo, direi misticamente: tanto che la ragazzina produceva spontaneamente tutta una visione che sin dall`inizio mi ricordò certe fantasie o concettualizzazioni gnostiche dei primi secoli dopo Cristo (tutta una sapienza di cui Helly certo non poteva sapere nulla).

E quelle sue figure di cui si diceva la portavoce? Non erano forse archetipi, “impronte dell’originario”, fatte muovere nel suo teatrino del sogno?

Quei due vecchi, l`uno tutto buono e l`altro senza freni inibitori, non erano i due volti dell`Animus: l`immagine permanente della dimensione interiore inconscia, che nella donna emerge, in sogno, al maschile (e nell’uomo al femminile, come Anima)? E quelle donne opposte non erano forse il pallido riflesso dell`inconscio personale di lei, del suo essere singolare nelle sue opposte polarità ?

Ma io allora come avrei potuto comprenderlo? E anche se qualcosa già intuivo, come facevo a dirlo senza apparire a tutti quei vecchioni e benpensanti - con cui abbiamo sempre a che fare specie nelle accademie - come un mattoide inaffidabile?

- Com`è triste, tutto questo, dottor Jung!

- Un pochino, un pochino, ma si può sopportare, anche se l`incomprensione di chi - o affettivamente, o intellettualmente, o addirittura su entrambi i piani - avrebbe ogni mezzo per capirci,  è una delle prove più dure da sopportare nella nostra tragica maturazione e maturità. Ma per oggi abbiamo parlato abbastanza, non Le pare? (4)

(Segue)

9 settembre 2006

[le immagini di questa pagina sono riproduzioni di quadri di Munch, nell`ordine dall`alto verso il basso: Autoritratto; Notte a S. Cloud; Notte bianca; Malinconia; Angoscia; Ritratto di Nietzsche; Madonna; Rosso e bianco;La bambina inferma]

 


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