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Il paese dell'anima. Scene dalla vita di Carl Gustav Jung
Il paese dell`anima: IX) - Carl Gustav Jung, Sigmund Freud e Otto Gross
Franco Livorsi

(franco.livorsi@unimi.it

- Se dovesse indicare - chiesi a questo punto al vecchio Jung - quale sia stato il contesto d`esperienza, in senso professionale, in cui si determinò la rottura irrimediabile con Freud, in che cosa lo individuerebbe? Quale fu insomma l`origine pratica, non banalmente privata, ma relativa - se ci fu - a un diverso modo di curare la gente, che vi portò alla ben nota frattura?

- Forse Le parrà paradossale, ma fu lo stesso terreno che ci aveva originariamente avvicinati, ossia la riflessione sui pazzi.

   Come le ho già raccontato, nel 1907 avevo scritto un libro sulla schizofrenia, o dementia praecox, come allora si chiamava: libro che Freud - a me ancora sconosciuto, di persona - aveva letto ancor prima che io glielo avessi mandato. Ne abbiamo già parlato, ma ora sarà bene tornarvi sopra. Nel libro, come le ho detto, esponevo una tesi originale ed ardita, che, benché facesse ancora spazio ad una spiegazione anche fisiologica della follia, suscitò non solo il dissenso, ma persino l`ilarità di tanti miei colleghi svizzeri. La pazzia per me interveniva quando una specie di cellula killer giacente addormentata nel cervello veniva risvegliata da una gravissima turba emotiva, da un dramma esistenziale sentito dal demente sin lì solo potenziale come una vera catastrofe esistenziale. Per tal via verrebbe tragicamente attivata la tossina addormentata, per così dire latente. Con ciò invece di ammettere che una disposizione ereditaria, o una tossina, sia capace di scatenare da sola la pazzia, vedevo la pazzia come effetto di una tossina scatenata da un processo psichico. Lo psichico faceva da detonatore di un male “fisico” allo stato latente, che senza la tempesta emozionale tremenda che l`aveva attivato avrebbe anche potuto non verificarsi mai, come accade nei tumori che restano fermi lì per anni e anni, per poi scatenarsi all’improvviso in tutta la loro immane distruttività. 

- Parrebbe una dialettica tra anima e cervello.

- Esattamente. Ed è proprio di questo che i miei benamati colleghi ridevano. "È vero - dicevo io - che noi sappiamo già da tanto tempo che la pazzia ha a che fare con il disturbo di un determinato organo (appunto il cervello). Ma solo al di là di esso, al di là del substrato anatomico, c`é ciò che per noi è il dat decisivo: ciò che dà fuoco alla dannata polvere da sparo pur presente in determinati cervelli, polvere che - se incendiata - fa appunto esplodere - per così dire - la testa. Ma quella polvere presuppone un incendiario al di là del cervello, vale a dire l`anima: entità da sempre indefinibile, che continua da sempre a sfuggire ai più abili tentativi di afferrarla."

- Interessante, molto interessante. Ma non si rischia così di riproporre il dualismo del vecchio Cartesio tra res cogitans e res extensa, tra realtà pensante e realtà estesa, tra il pensiero preteso in sé spirituale e le cose, solo materiali?

- E se fosse? Non mi stupirei che qualche studioso, magari di fama mondiale, del cervello, un giorno o l`altro prendesse a sostenerlo, anche se personalmente posso farne a meno. Ma tra noi e il vecchio Cartesio sussisterà sempre una gran differenza, anzi una doppia differenza.

- E sarebbe?

- Per noi l`essere può essere solo "uno". Non possiamo più opporre il fisico e il mentale, se non separando - così, tanto per discorrere e intenderci - funzioni che nella “realtà effettuale” sono invece fuse. Bisogna, per noi, che la materia sia la manifestazione visibile dello spirito e che lo spirito sia l`aspetto invisibile della materia, anche se non sappiamo come quest`identità del due in uno possa darsi. Io, comunque, come a suo tempo forse dovremo ricordare, su ciò ho pure fatto le mie brave ricerche, apertissime, con un grande amico fisico, Pauli.

- Ha detto che c`é pure un`altra differenza rispetto a Cartesio (oltre a questa sua teoria tanto vicina a quella del mio correligionario eretico Baruch Spinoza, notoriamente panteista) …

- … ed anche vero cultore dell`analisi razionale dell`anima, e delle sue passioni, sia pure con un linguaggio matematizzante per me oltremodo indigesto …

- Ma l`altra differenza da Cartesio, se ancora se la ricorda, qual è?

- Che per noi la res cogitans, la realtà pensante, è originariamente e in gran parte irrazionale, cioè inconscia. È questo che renderà sempre la psicoanalisi, ogni psicoanalisi, incompatibile con il razionalismo, illuministico o meno.

 Se non fosse così, lo stesso ruolo dei sogni nella psicoanalisi sarebbe inconcepibile.

  In me, poi, taluni grandi sogni hanno addirittura svolto un ruolo-guida, nel superamento di quello che potremmo ben dire "freudismo" … Lei ricorda, a questo proposito, il sogno dei piani della casa da me esplorati, che scendendo verso il basso portavano alla preistoria ed ai relativi teschi del paleolitico?

- E come potrei dimenticarmene ?

- Bene! Deve sapere che dopo quel sogno fui indotto ad occuparmi - sempre di più - da un lato della mitologia e dall`altro della psicologia dei primitivi.

- Solo dal sogno?

- No, certamente no - replicò il vecchio Jung sorridendo bonariamente -. Il nesso tra psicologia dei nevrotici e mentalità dei primitivi era già stato notato da Freud mille volte. E Freud aveva ben visto che le fantasie religiose dei primitivi, i loro miti, erano parte integrante della loro mentalità (e di quella dei nevrotici e dei malati di mente in generale).

- Si può pensare al libro di Freud Totem e tabù, non è vero? ...

- Esattamente. Proprio mentre io compivo un mio impegnativo studio sui “simboli della trasformazione” della libido, scoprendo empiricamente - si fa per dire - che il complesso di Edipo era innanzitutto solo uno degli archetipi dell’inconscio collettivo (ma di ciò credo che dovremo parlare in seguito), Freud - certo in "paterna" - si fa per dire - emulazione con me - cercava di dimostrare che la stessa origine della civiltà e della religione nella storia umana doveva essere connessa a concrete esperienze del “suo” famoso complesso.

- Come Le parve e come Le pare quel libro, che se non erro comparve nel 1912?

- Credo sia uno dei migliori di Freud. Egli interpreta come un modo di evocare e placare il complesso di Edipo i riti degli aborigeni australiani relativi alla rievocazione periodica della caccia all`animale totem del villaggio, culminante nel cosiddetto pasto totemico, in cui gli abitanti del villaggio, tutti insieme, mangiano un animale della specie raffigurata nel totem. Solitamente la caccia all’animale sacro è un tabù, ma in quel caso le cose vanno ben diversamente. Tanto la mimesi della caccia solitamente proibita a “quell’animale sacro” (che avviene nel rito) quanto la consumazione della carne di quell’animale (normalmente tabù, da non uccidere a nessun costo), avvengono in un contesto di intensa partecipazione mistica, ai limiti del delirio collettivo. Siccome il totem è identificato con il dio padre del clan, si può dire che in quel rito il dio padre sia evocato, ucciso, pianto e infine incorporato - nel pasto totemico - dai figli, che lo divorano.

 Freud ne arguisce che in quella forma primordiale di vita religiosa sia mimato e ritualizzato il parricidio.

 Per lui, come già per Darwin, la forma originaria di organizzazione sociale, prima della famiglia monogamica e della stessa tribù - che è un insieme di famiglie affratellate, una sorta di grande famiglia - era stata l’orda primordiale. I membri di tale orda, com’è ancora vero tra i gorilla, avrebbero vissuto sotto la protezione e tirannia di un maschio dominatore che si riteneva ed era ritenuto il più forte e capace di tutti, il solo autorizzato dal clan - volenti o nolenti i singoli - ad accoppiarsi con le femmine, certo senza alcuna nozione di tabù dell’incesto. Gli altri maschi dovevano accettarne il dominio o erano scacciati quando maturava in essi la capacità, o volontà incoercibile, di accoppiamento con le femmine. In condizioni del genere il grande padre originario, il padre-padrone dell`orda tribale del paleolitico profondo, poteva però essere spesso ammazzato, specie da un certo punto dell’evoluzione in poi, tramite rivolta dei figli maschi, stanchi di vedere che tutte le donne erano suo possesso sessuale più o meno esclusivo. Poi i figli si pentivano regolarmente di questo loro “peccato originale” (del parricidio); si disperavano per averlo compiuto, chissà quante volte nella preistoria più profonda, e stabilivano che i comandamenti del padre - il non uccidere e il non copulare con le femmine del clan - cose concesse solo a lui, in quanto dio vivente - diventassero tabù assoluti. Per tal via il tabù dell`incesto e il tabù dell`omicidio vennero a fondare la prima convivenza o civiltà umana, dalla tribù in poi (in fondo in ogni società organizzata).

   Come vede per Freud il complesso di Edipo, l`amore-odio per il padre maturato sullo sfondo della tendenza all`incesto con le madri (o con le sorelle), non solo fa da base inevitabile di ogni evoluzione personale, di ogni infanzia e vita, e di ogni nevrosi, ma addirittura della civiltà … Specie della sua, cara Anela ...

- Della mia?

- Ma sì, della sua ... che è poi diventata la nostra, perché il detto "Graecia capta ferum inimicum cepit" - per cui la Grecia, civilissima, conquistata dai feroci romani, li avrebbe a sua volta presi prigionieri, cioè grecizzati culturalmente e spiritualmente - dovrebbe essere applicato, proprio da tutto l`Occidente "cristiano", agli ebrei.

- Ma come si lega questo con il discorso di Freud? Questo nesso, come capirà, mi interessa moltissimo ...

- Lì, in Totem e tabù di Freud, si lega alla comunione cristiana, stabilita comunque dall`ebreo Gesù Cristo, o dai suoi discepoli (poco importa), ugualmente ebrei. Infatti Freud dice che la comunione è il nostro pasto totemico. Si recita l`uccisione, per crocifissione, del Dio, Figlio ma anche Padre (in quanto compreso nella trinità dell’Eterno). Il Dio è incorporato per divoramento (come nel cannibalismo rituale dei più primitivi), così da diventare il nostro Maestro interiore. L`ostia è il corpo di Cristo, e il vino che beve il prete è il suo sangue. Per i cattolici è vero in senso addirittura fisico, concreto, ancora oggi. Parlano di transustanziazione, cioè di trasformazione effettiva dell`ostia in corpo di Cristo, ogni volta che uno faccia la comunione. Il vino bevuto dal sacerdote celebrante si muterebbe effettivamente nel sangue di Cristo.

   Ma il discorso in realtà, in Freud, non finisce qui, con Totem e tabù, ma concerne pure la storia del popolo ebraico in senso stretto.

- Sìì ??

- Sì. Verso la fine della vita Freud scrisse un libro su Mosè e le origini del monoteismo. Il vero Mosè sarebbe stato un principe egiziano, seguace del faraone Amenofi IV, lo scopritore sfortunato del monoteismo (un grande sovrano fatto fuori, alla fine, dai politeisti del suo paese, incitati dai sacerdoti, che sul legame speciale con l’uno o con l’altro dio avevano costruito ogni loro fortuna, e certo anche la loro vera fede) ... Mosè, principe egiziano ribelle, seguace di Amenofi IV, avrebbe trovato seguaci negli ebrei, schiavi degli egiziani. Alla sconfitta del tentativo monoteista in Egitto, il principe egiziano Mosè avrebbe persuaso gli ebrei, schiavi ribelli da lui convertiti, a seguirlo alla ricerca di una nuova patria, da fondare sul culto del Dio unico e sui relativi imperativi di fraternità. Li avrebbe elevati a compagni “scelti”, "eletti", ossia a “popolo eletto” (da lui) nella grande fuga verso la libertà, ossia nel famoso Esodo. Ma per strada i rozzi ebrei, ridiventati idolatri a contatto di antichi correligionari semiti del deserto adoratori del dio del fuoco Jahvé. Avrebbero rinnegato l’insegnamento di Mosè. Sarebbero ridiventati idolatri, attratti dal bue d’oro. Avrebbero con ciò provocato la famosa ira di Mosè, connessa nel mito biblico alla sua discesa dal Sinai con le tavole della legge del Dio unico, e nella storia non scritta, ma che trasparirebbe da una lettura per indizi dell’Antico Testamento, l`avrebbero ammazzato ...

- ...proprio come i selvaggi delle origini avevano fatto con il grande padre dell`orda primordiale stando a Totem e tabù...

- Sì. E poi anch`essi, come quei selvaggi dei primordi, si sarebbero spaventati e pentiti e, più tardi - nel caso degli ebrei per incitamento dei discendenti dei Levi, che probabilmente, secondo Freud erano stati i più fedeli compagni egiziani di Mosè - si sarebbero convertiti, questa volta definitivamente, al monoteismo: sentendosi - in tal caso per sempre - i prescelti del Dio unico, gli eletti di Mosè, cioè dell`Eterno che a lui aveva parlato, uguali per ciò a se stessi - secondo Freud - nei secoli dei secoli, mentre altri popoli antichi si disperdevano o alteravano totalmente nel corso dei tempi. Tutto ciò sarebbe accaduto grazie a questo mito monoteistico e di elezione di Mosè, e del suo Dio unico, trasmesso dagli ebrei di padre in figlio, e sempre interiorizzato, per millenni, sino ai giorni nostri.

- Non è mica pensata male!

- Certo... Freud era davvero un genio, anche quando sbagliava.

- E dov`è per Lei, in tal caso, l`errore?

- Come al solito consiste nell`unilateralità, e naturalmente anche nel sessismo esagerato.

   Per Freud sembra esistere una sola fantasia ancestrale e centrale nella psiche, quella di Edipo, col triangolo madre-padre-figlio, e con l`odio a morte per il padre, un odio che però sottende pure grande amore: ambivalenza emotiva che si placa poi in forma di morale e religione, ritrovate, del “padre” … Badi però che io, sottolineando in Freud questa trasformazione del padre in fonte della norma morale - o immorale, se vista da altri - scritta nel fondo del nostro cuore - una norma generalmente “blindata” - per così dire - dalla religione del clan di appartenenza, ossia in interiore nomine, prescindo del tutto, per ora, dalla questione dell’ateismo in Freud. Non considero, insomma, l’idea di Freud volta a vedere la posizione ateistica come propria della persona “matura” e “moderna”, secondo lui chiamata a staccarsi dal padre celeste ed ideale così come l’uomo normale - per lui colui che sa fare l’amore, può lavorare regolarmente ed è pronto a formarsi una famiglia propria - dovrebbe staccarsi dal padre e dalla madre naturali. Metto insomma tra parentesi, almeno per ora, grandi saggi di Freud quali Il disagio della civiltà e L’avvenire di un’illusione, pubblicati intorno al 1930…

- Non sarebbe bene fare almeno un cenno?

- Ma sì, se proprio vuole. Freud non vede che Dio, in noi, è sempre Padre, ma anche Madre, e Figlio, e forse anche Amato, o Amata, e forse Amico o Amica, ideale. Dio è Amore, e come tale  ha più sfaccettature, come nel politeismo si vedeva già benissimo. Lo si può anzi osservare ancora in forma viva, ad esempio nell’induismo. Naturalmente l’amore infinito può anche avere un volto terribile, come ben sanno gli ex amanti appassionati, che possono giungere ad uccidersi o comunque a odiarsi. Questo carattere polimorfo, a più facce, dell’Amore assoluto, in realtà c’è anche nel cristianesimo, in modo un po’ mascherato: ad esempio nell’immagine “trina” di Dio, ma anche nella semidivinizzazione cattolica della Vergine Maria, felicemente detta “Madre di Dio”. Ma Freud - per il quale Dio può essere solo il Dio unico come per ogni ebreo, e poi musulmano - tutto ciò non poteva vederlo, e perciò non poteva vedere che Dio non è solo una specie di controfigura idealizzata del padre, ma che Egli è, piuttosto - in ciascuno e in tutti - la matrice eterna di tutti i volti, o archetipi, che costituiscono la nostra personalità profonda. Tutti gli archetipi sono maschere di Dio, ossia di quella sorta di archetipo degli archetipi che io in seguito ho chiamato Sé. Del resto Freud non vedeva neppure la “matrice” come tale (come paternità ideale), ma ne faceva addirittura un mero derivato del padre concreto, mentre il “senso del padre” - pensai ben presto e ancora penso - è così forte in noi - al pari di talune altre presenze a noi inifinitamente care - perché è una concretizzazione di un bisogno ancestrale, ossia di una disposizione arcaica, di specie. Ma ora, passiamo oltre …

- Sarebbe interessante vedere, ormai, come Lei giunse a superare decisamente le idee di Freud, tanto incentrate sul complesso di Edipo, ossia   sul triangolo padre - madre - figlio …

- Ciò fu reso possibile da alcuni grandi incontri, di cuore e di testa, personali ed intellettuali, fatti, come al solito “per puro caso” (come ritiene il pensiero ingenuo, preteso scientifico)  ...

- Sta pensando, in positivo, al fenomeno del sincronismo, con relativa questione delle coincidenze significative, non è vero?

- Sì, nella realtà in se stessa, che, come mi aveva ben insegnato il vecchio Schopenhauer sin dalla mia prima giovinezza, è così diversa dalla sua rappresentazione astratta (o se preferisce "intellettuale"), gli eventi sembrano legati da un rapporto non già di causa ed effetto, o anche di interdipendenza diretta tra l`uno e l`altro. Piuttosto, in essi, a quel che pare, tout se tient, come dicono i francesi. Tutto è in tutto. Non c`è un prima e un dopo, ma una rete di coincidenze, in apparenza casuali, che però, guarda caso, si richiamano le une con le altre in modo significativo, come nodi di una sola rete, che è poi quella della vita, a partire naturalmente dalla vita nostra. Uno pensa intensamente ad un vecchio amico che non vede da trent`anni e proprio in quel momento giunge una sua lettera, o qualcuno entra dalla porta e ci parla di lui, o addirittura entra lui  stesso. Tra l’altro nelle ultime lettere prima della pazzia, Nietzsche dice che allora ciò gli capitava di continuo.

  È un caso? Non è un caso? Chissà? ... Il fatto è che quando hai dei pazienti che ti abbiano coinvolto e soprattutto che ti coinvolgano profondamente, e ciò ti capita, o con l`uno o con l`altro, una volta al giorno (dal più al meno), ecco che tu non credi più al caso. Per me, ad esempio, la telepatia è addirittura evidente. Forse non posso "verificarla", ma sono certo che c`é. E quelli che la negano perché non si può ripeterla in laboratorio, a comando, per me non sono per nulla diversi da quei tali che si rifiutavano di vedere, in quel caso, le macchie lunari con il cannocchiale di Galileo perché la fisica di Aristotele pareva negarle. Per quelli là la vera scienza era il ragionamento astratto, anche a costo di negare il fenomeno che si poteva vedere col cannocchiale; per questi qua è la sperimentazione, a costo di negare verità intuitive provate da ciascuno innumerevoli volte. -

- Bene! - dissi io con un piccolo sospiro -, ma siccome del sincronismo se non erro dovremo parlare molto in seguito - quando arriveremo ai suoi maggiori studi sull`alchimia -, proporrei di tornare ai grandi incontri umani ed intellettuali che La condussero oltre Freud, cui accennava poco fa.

- Sì, sì, - disse Jung sorridendo - debbo pur frenare la mia odierna tendenza a divagare. Forse questo mio odierno divagare sottende una mia resistenza psicologica a ripercorrere la strada tormentosa della mia rottura finale con Freud.

  Vediamo - proseguì il vecchio Jung come se facesse un grande sforzo per concentrarsi -, dapprima arrivò Otto Gross, un giovane - ma allora eravamo tutti giovani - assistente in psichiatria proveniente da Monaco di Baviera. Gross però era, non certo a caso, originario di Salisburgo.  C’era in lui lo spirito della vecchia e libera Austria, così diverso da certa tetraggine teutonica …-

   L`ingresso in scena di Gross mi faceva piacere per una ragione che espressi subito al vecchio Jung dicendo:- Bene! Ne ho sentito parlare un po` dappertutto, ma per la verità come di un pazzo puro, anche se "nostro" e geniale. Anzi, mi sembra di aver sentito dire che Otto Gross è morto in manicomio a Vienna, già un bel po` di anni fa.

- Sì, - disse Jung con profonda malinconia. - Purtroppo il mio gemello spirituale Otto Gross precipitò, non solo temporaneamente come era parso a me quando fu ricoverato nel mio bell’ospedale psichiatrico di Zurigo, nella follia. Potenza annientatrice dei grandi padri! Chissà, io stesso - benché mio padre non fosse per niente autoritario, ma solo un rigido moralista protestante - avrei potuto finire pazzo come il mio fratellino spirituale Gross e, prima ancora, come il mio amato Nietzsche, se il mio genitore non mi avesse fatto il piacere - come mi disse mia madre poco dopo il suo decesso - di morire presto, quando io non avevo ancora valicato la porta d`ingresso dell`Università. Oppure non avrei potuto realizzare il mio destino, se non, magari, nell’estrema vecchiaia …

- Non mi tenga troppo sulla corda, dottor Jung - dissi io. - Mi parli un poco di questo benedetto Gross, e soprattutto del perché Lei lo sentisse, almeno in un primo tempo, come un fratello gemello. Lo ha ben definito così, non è vero?

- Per la verità quel matto austriaco, quel compatriota di Mozart, aveva un radicalismo che al mio temperamento di svizzero tedesco, oltre a tutto di matrice protestante piuttosto che cattolico pagana, era negato. Era anche lui dottore, ed anche lui  assistente in psichiatria in una grande clinica, nel suo caso appunto di Monaco (la stessa in cui operava allora il futuro biografo di Freud, Ernst Jones). Lui pure si era convertito al freudismo, e sulla base di istanze non tanto diverse dalle mie.

- Chi? - feci io, che avevo molto sentito parlare di questo Gross, il cui impasto di genio e sregolatezza aveva molto colpito innumerevoli psicoanalisti, i quali ne chiacchieravano volentieri in margine a tanti meetings anche tanti anni dopo -, quel matto anarchico?

- Sì - rispose Jung, che si imbronciò per un attimo per il mio modo spiccio di definire il suo vecchio amico Gross, ma per scoppiare subito dopo in una fragorosa risata -, proprio lui.

   Lei ricorderà bene, spero, la mia piccola discussione epistolare con Freud su Dioniso e la psicoanalisi. Io avevo sostenuto che la psicoanalisi, lungi dall`essere una semplice psicoterapia, avrebbe potuto diventare il fondamento granitico per una rivoluzione psicologica, culturale e religiosa, di portata universale, grazie alla quale il dio della vite, Dioniso - il quale fa capolino anche nei "sacri misteri" della morte e resurrezione di Cristo, ad esempio nel calice di vino puro del prete identificato con il sangue del Dio - sarebbe stato di nuovo introiettato dal nostro Dio: un Dio che è poi Figlio, anche se da millenni lo si è voluto incorporare, ed anzi identificare, con il Padre, il quale forse - mi perdoni la bestemmia, che se sarà il caso sopprimeremo nella versione finale - lo aveva voluto morto, “sacrificato”, suscitando nel povero Gesù - che pure per i cristiani dovrebbe essere stato sempre “vero Dio”, oltre che “vero uomo”, anche in quel momento - quel famoso grido disperato da ragazzo tradito dal suo papà autoritario, sulla croce ("Eloi, Eloi, lamma sambactani", cioè: "Dio, Dio, perché mi hai abbandonato?"). Quel grido ante mortem era il punto del Vangelo che, non a caso, turbava molto anche Lutero … Ma chissà perché, Aniela  - aggiunse il vecchio Jung con un doloroso sospiro e divagando un poco di nuovo - si debbono sacrificare i figli invece di perdonarli senza tante storie, com`è giusto fare persino con tutti i fratelli umani? Io, questo, come figlio un po` ribelle, non l`ho capito mai. Questo finale dei Vangeli - in cui l`innocente per eccellenza lava le colpe altrui con il proprio sangue, per volontà di Dio, suo Padre - a me pare persino in contrasto con la parabola del figliol  prodigo. Lì il padre non ha mica accoppato il figlio, pure colpevole, seppure pentito, ma lo ha accolto con infinita gioia. E senza tante storie di espiazione. Gli ha fatto semplicemente tanta festa, com’è giusto quando ci si voglia davvero bene (anche se il fratello bacchettone, la solita faccia da prete, questo non poteva capirlo).-

   A questo punto il vecchio Jung mi guardò e mi sorrise con un pizzico di malinconia. - Ma sì, ma sì - disse come se lo avessi rimproverato, mentre io, presa dal suo discorso, non ci avevo neanche pensato  -, ora vengo al caso Gross. 

   Anche lui, il buon Gross, aveva posto a Freud la questione del considerare la psicoanalisi come una grande rivoluzione culturale.

- Qual era, in proposito, l`idea di questo Gross?

- Era, sostanzialmente, la stessa identica concezione di Charles Fourier, il teorico del libero amore e dei falansteri dei primi decenni del secolo scorso. Già in Fourier, a quel che sembra, era viva l`idea della necessità di realizzare una grande rivoluzione libidica, istintuale, nel quadro di libere e fraterne comunità di vita nuova, in cui la famiglia monogamica - con la sua arcaica e maschilistica fedeltà sessuale, alias con la pretesa del maschio di dire di una donna: "questa è mia" come se si trattasse di una cavalla - fosse del tutto dissolta, al pari del dire, e fare, "questo è mio".

- Ma Fourier - provai ad obiettare io un po’ ingenuamente e un po’ per partito preso, ma comunque anche per stimolare in modo apparentemente polemico il mio maestro - era comunista . Mi sembra un approccio ben diverso dal nostro …

- Comunista? Comunismo? Ma che cosa vogliono mai dire tali parole? Io di questi maledettissimi "ismi", tanto più se politici, nulla so, nulla capisco e nulla credo. Vadano tutti quanti al diavolo, che anzi, secondo me, è il vero specialista nel fabbricarli. Io so solo che Fourier dello Stato non ne voleva proprio sapere, mentre mi dicono che Marx, comunque, volesse sì distruggere lo Stato che c`è, ma per farne sorgere un altro, preteso “proletario”. Con ciò, poi, rinasce lo Stato vecchio, o lo Stato solito, come l`araba fenice che secondo il bel mito antico torna sempre in vita riformandosi a partire dalle sue ceneri. Sarebbe anzi diventato uno Stato ancora più autoritario di quello che c’era stato prima, con gli effetti rovinosi che tutti noi ormai dovremmo conoscere tanto bene: roba da Hitler, con lo sterminio dei ricchi, o mezzi ricchi o quarto di ricchi al posto di quello degli ebrei. Sai che consolazione!

- Su questo, - dissi io - non sono del tutto d`accordo con Lei. C`è chi dice che senza la battaglia di Stalingrado avremmo avuto Hitler come padrone del mondo ...

- Lasci stare, Aniela - disse Jung con impazienza -. Non volevo certo urtare la sua suscettibilità di appartenente al popolo eletto, per cui Hitler in quanto antisemita deve sempre apparire il peggio del peggio per definizione.

   Del resto con me, quando mi capita - tanto raramente in verità - di dire contro voglia qualcosa sulla politica, Lei deve avere pazienza. Io di politica non capisco molto. L’ho sempre riconosciuto. E penso anche, tanto più dopo il 1939, che chi s`imbarca nella politica finisce sempre o in qualche associazione di malaffare o al cimitero prima del tempo, anche se ammetto che qualche volta di questa maledetta politica non se ne possa proprio fare a meno. Io, del resto - senta un po`- questo Fourier non l`ho mica letto, sa? Come non ho poi letto neanche Wilhelm Reich, anche se forse in tal caso avrei dovuto farlo. Il mio tempo è limitato. Io lo economizzo come posso. E poi non mi è mai piaciuto annoiarmi, neanche per una giusta causa. Si figuri un poco per la politica!

 Comunque questo Fourier l`aveva letto Gross, e l`aveva verificato, e rivitalizzato, tramite Freud. Diceva - ancor prima di impazzire (niccianamente) - che il nucleo della psicoanalisi consisteva nel superare il peccato originale, la scissione tra l`istinto e la coscienza, o, detto con Nietzsche - il quale tra parentesi piaceva tanto anche a lui - tra "l` io voglio" e il "tu devi": sino a recuperare l`innocenza vitale del “bambino che ride”, l`innocenza “del” divenire, o meglio “nel” divenire.

- E come reagì Freud a tutto ciò? Sul piano personale il vecchio Sigmund non era certo un rivoluzionario...

- Oh! Freud gli rispose allo stesso modo spiccio che aveva usato con me a proposito della riconciliazione tra istinto e coscienza, tra Cristo e Dioniso. A me aveva detto che la psicoanalisi non è né vuol diventare una religione. A Gross fece notare seccamente che noi siamo e dobbiamo rimanere medici, o comunque terapeuti della psiche, e perciò scienziati, e nient`altro.

- Ma come avvenne la sua conoscenza di Gross?

- Me lo mandò proprio Freud, per incarico del padre dello stesso Gross, un grande sociologo decisissimo a far curare il figlio, considerandolo come un folle puro.

- E come si era manifestata la cosiddetta, o reale, follia di Gross?

- In sostanza come rottura pura e semplice - che poi però scoprii essere stata cosciente e volontaria - con la normalità, specie com`è intesa nel mondo dei padri (tanto più se “tetesco”).

  Il padre di Gross era un vero scienziato, un grande sociologo del suo tempo. Ma aveva una sua idea dell`ordine sociale, e dei doveri cui conformarsi, piuttosto chiusa. Otto Gross figlio non riusciva ad uscire in un modo positivo da tali vincoli rigidi realizzando una vita normale, magari un po’ diversa da quella dominante nella società ufficiale. Riteneva, anzi, che solo la negazione radicale dell`esistente fosse fruttuosa. Perciò si propose di tornare ad una sorta di spontaneità animalesca, come quella del bambino piccolo, però deliberatamente, e di perfezionare sempre di più quest`attitudine (direi da buon selvaggio nel senso di Rousseau, ma con una tendenza iconoclasta molto più radicale, in conformità con lo spirito rivoluzionario militante del nostro secolo). Era uno per cui il pensiero nuovo era subito costretto a farsi azione. Se, ad esempio, conversando con l`amato-temuto padre, come aveva fatto dalla più tenera età, si trovava in netto disaccordo con lui, o aveva l`impressione che questi fosse meschino nei suoi confronti, non ci pensava un secondo a dirglielo, senza la minima diplomazia, alla fine dandogli persino del cretino o del miserabile. E se questi reagiva da grande accademico offeso, era capace di rincarare la dose. Era pronto a rispondergli persino con "rumori molesti", per scherno e supremo disprezzo, e fece cose del genere anche in presenza di illustri ospiti del suo genitore. (La madre era morta quando lui era piccolo). In due o tre occasioni diede al padre persino dei manrovesci, con grande scandalo mio (quando, come paziente ricoverato da noi, me lo disse vantandosene), ma, a sua detta, con grande gioia sua. Analogamente, investiva con torrenti di parole di disapprovazione il direttore della clinica di Monaco in cui lavorava, reo a suo dire di non voler applicare la psicoanalisi, che a lui pareva in gran parte - dapprincipio - una vera panacea e, più in generale, una scienza da prendere come oro colato. In un primo tempo questi scandali furono soffocati e Gross ottenne anzi, in clinica, il diritto di poter praticare le sue "analisi" in modo sperimentale. Ma anche lì, ben presto, vennero i guai. Intanto, persuaso che la base di tutto fosse una sorta di ritorno alla natura, impose a sé ed ai pazienti un radicale nudismo. Il terapeuta ed il paziente dovevano starsene appunto, nella seduta, nudi come gatti per tutto il tempo, e se durante le libere associazioni emergevano tendenze libidiche reciproche, queste secondo Gross non andavano assolutamente "represse". Gross riteneva ciò parte integrante del transfert, che implica l`empatia, la reciproca identificazione emozionale, transitoria, tra il paziente e il suo terapeuta. Di conseguenza si divertiva moltissimo nel fare “analisi”, e per nulla al mondo avrebbe rinunciato a quei dialoghi, per lui culminanti tanto facilmente nell`amore. Ma i guai, naturalmente, tanto più a quel tempo, ancora sostanzialmente bacchettone, non tardarono a venire. Erano genitori che si lamentavano per gli abusi contro la loro "bambina", pure adulta, o mariti che sospettavano, o scoprivano, le trasgressioni “terapeutiche” della moglie: “libertà” che del resto Gross voleva fossero rivendicate e non nascoste dalle "isteriche". Alcune signore furono messe incinte dal baldanzoso Gross. A quel punto suo padre riuscì a farlo passare per pazzo. E come tale Freud me lo mandò, per conto dell`illustre genitore in questione.

    Per me, che ero un po` oppresso dall`ambiente non certo libertario della mia Svizzera, quel Gross divenne manna dal cielo. Mi divertì parecchio e mi insegnò molto. Siccome ero nato in campagna, le sue smargiassate non mi turbavano troppo: i rutti, le parolacce e i "rumori molesti" per rimarcare il dissenso, non mi facevano un grande effetto. E quando parve diventare violento, gli feci subito capire, contraccambiando il suo manrovescio con un pugno che lo gettò a terra, che aveva trovato pane per i suoi denti (anzi, per perderne qualcuno). Gross capì subito il latino e divenne più mite.

       Un giorno decidemmo di fare una seduta senza limiti, intesa da entrambe le parti come occasione di transfert e di contro-transfert: come cura reciproca e alla pari.

 Eravamo sprofondati su due comode poltrone. Il tutto iniziò alle dieci del mattino e finì alle dieci di sera. Bevemmo parecchi litri di birra e mangiammo, mentre continuavamo il confronto, alcuni panini, e ingerimmo una pinta di caffè nero. Alla fine eravamo esausti, svuotati e semisvenuti, privi di resistenze sia psicologiche che fisiche, l`uno accanto all`altro. Fu una giornata indimenticabile. Sento ancora nelle mie orecchie la voce profonda e dolce di Gross.

  

    Io gli chiedevo: - Senti, Gross, ora che ci conosciamo un po` meglio, puoi dirmi come valuti, a questo punto, il tuo internamento in questa clinica psichiatrica svizzera e, per così dire, sotto la mia tutela o, come si suol dire, "cura"?

  Gross si fece cupo e scoppiò in lacrime. Poi, sempre molto agitato, mi rispose:- Per me è la prova lampante del tradimento dei "grandi padri", Jung. Per quanto bravi siano o sembrino, sotto sotto, caro mio, sono tutti dei tiranni. Ecco la verità! Anzi, più sono "grandi" e più sono tiranni che mangiano la carne dei loro figli.

- Hai in mente i miti greci sulla maledizione degli Atridi, non è vero? - A partire da quell`Atreo che dà in pasto al fratello Tieste i tre figli di costui, nascostamente fatti ammazzare e poi cucinare …

- Adesso che lo hai detto sì. Anche se in quel mito, se ben ricordo, l`odio originario sembra essere stato tra fratelli. Ma forse quell`odio tra il fratello maggiore e minore mascherava la distruttività propria di tanti maschi che fanno fuori la propria prole, in carne o in spirito, come capita talora tra i gatti ... Non credo però che lo faccia pure la gatta madre, anche se non ne sono sicuro. Sono portato a credere che si tratti di "trovate" diaboliche del padre.

- Ma riferendo quel che hai detto a tuo padre, e forse allo stesso Freud, che cosa ne evinci?

- Io, per la verità, caro Carl Gustav, li ho amati moltissimo entrambi. L`uno dalla più tenera età, e l`altro anche oggi, benché ora li farei fuori volentieri entrambi a colpi di pistola.

- Com`è nato questo tuo aspro risentimento verso tuo padre?

- Naturalmente c`entrano tante cose, che magari attraverso i sogni, analizzati insieme, potremo rapportare alla prima infanzia, come Freud comanda (con qualche ragione). Ma il referente più diretto è stato la scoperta del padre "vero", ossia del padre com’era nel profondo, durante l`adolescenza.

   Ad un certo punto le continue aspettative di mio padre su di me (come se la mia vita - cazzo!!! -fosse stata sua), il suo conformismo, la sua miseria intellettuale (o meglio "da intellettuale"), i suoi meschini calcoli ed intrighi accademici, il suo gettare letteralmente via la propria vita - di persona di grande intelligenza - in studi senza senso e di cui ciascuno si fotteva,  e forse anche lui "chiara fama a parte" - in definitiva il suo vivere bramando sempre un insensato potere, proprio come un vecchio maggiordomo libidinoso ed onanista può bramare la sua giovane e bella padroncina adolescente - mi disgustarono ... Mi fanno vomitare …

  Sono già medico ed assistente in psichiatria quando tutto ciò, ad un certo punto, mi si rivela con chiarezza assoluta, e non più semplicemente come piccola scoperta di taluni limiti tanto umani - chi non ne ha? - del venerato genitore. Ormai mi sento senza padre … Ed ecco che proprio allora incontro Freud, con la sua grande personalità, il suo indiscutibile fascino intellettuale, e soprattutto con quella che mi sembrò essere una vera e propria carica dirompente da rivoluzionario dello spirito. Freud prende a ben volermi. Mi incoraggia molto, nella direzione della pratica psicoanalitica, anche se mi frena negli svolgimenti più radicali del mio teorizzare e praticare, che paiono a me impliciti nel suo pensiero. Io tengo duro e sviluppo l`idea libertaria che egli mi ha, anche suo malgrado, instillata. La sviluppo nella mia stessa vita e nel mio stesso lavoro, nella forma che per me assume in quanto mia "verità", come a me pare giusto. E lui? Lui, il vecchio Sigmund, che fa? Si mette in combutta con il mio vecchio genitore, cui naturalmente va riconosciuto il primato nell`iniziativa, e mi fa mettere in manicomio da te ...

- Non ti sembra di essere un po` ingiusto? - dissi io più che altro per onor di firma. - Freud avrebbe certo potuto assecondare il tuo papà facendoti mettere in manicomio a Vienna, in uno degli innumerevoli posti, magari di lusso, in cui curano ancora a base di bromuro, di camicia di forza, di bagni freddi ed ora - ultimo ritrovato della tecnica - di scariche elettriche ...

- Ma perché avrebbe dovuto mandarmi in manicomio?

- Ammetterai - replicai- di aver commesso molte stranezze e sciocchezze ... Quelle minacce ripetute al tuo vecchio con la rivoltella ...

- Scarica - disse lui.

- Sì - replicai -, ma lui non lo sapeva ... L`effetto di sconvolgimento dell`altro è lo stesso ... (Gross rideva divertito). E poi quegli eccessi, con rutti e scorregge, con lui e addirittura con altri suoi ospiti illustri, e persino quell`erotismo fuor di controllo con le pazienti, talora da te messe persino incinte, ti paiono proprio cose innocenti, psicologicamente "normali"?

-  E con ciò? - Mi è piaciuto épater les bourgeois. Tutto qui. Ed anche vivere in modo libertario, il più possibile senza repressione libidica.

   E poi voi svizzeri siete tutti uguali. Siete sempre quelli presenti nella storia del mondo per via dell`invenzione dell`orologio a cucù ... Ma di te nulla dico. Magari tu, come svizzero, sarai l`eccezione che conferma la regola. Ma può essere che tu pure, come Freud, sia un conformista in fondo al cuore. Mi auguro di no. Per ora ...

  Il fatto è che Freud è un poco un tipo double face, proprio come il vecchio filosofo Hegel. Per un verso è un grande rivoluzionario; per l`altro è un reazionario, e della peggior specie. Prima ti mostra che tutte quante le nevrosi dipendono dal fatto che tuo padre ti è rimasto infisso nel cranio, proprio come i chiodi nelle mani di nostro Signor Gesù Cristo. E ti persuade che tu stesso devi liberarti da quel nume interiore se vuoi smettere di essere un bambino piccolo - ossessionato da quel maschio che tutto sa e tutto può, anche sulla mamma - e diventare grande. Solo così potrai conquistarti un`autorità tutta tua, smettere di essere il pargoletto o ragazzino che se la fa sotto di fronte ad ogni autorità, sempre paterna, invece appunto di avere autorità sua propria, e che si consola con le seghe … Solo così, dunque, potrai superare in te stesso il pargoletto che si pisciava a letto quando già era il tempo di andare a scuola, o quando già ci andava, e ciò sempre per paura dell`energumeno che gridava a più non posso contro di te, e magari ti prendeva a “ceffate”, e faceva così pure con la tua adorata mamma …, oltre a tutto - se ben ricordi le immagini remote della tua infanzia - penetrandola con un cazzo grosso così - e qui Gross fece un gesto molto eloquente -, mentre il tuo cazzo era ancora piccino piccino, un cazzettino per così dire ...

   Ora, la conseguenza logica di questo ragionamento dovrebbe essere quella di sparare sui padri, di fare appunto una società senza padri (sperma a parte, ben inteso), come nel matriarcato della grande antica civiltà egea magnificamente descritto e spiegato dal tuo grande concittadino Bachofen una settantina d`anni fa ...

- Era un collega di mio nonno all`Università di Basilea, sai  …- feci io tutto orgoglioso.

- Di ciò altissimamente me ne fotto, caro mio … Lasciami dire ... In realtà, qual è però il fine cui Freud piega tutta la sua straordinaria impostazione (almeno sotto sotto)?

   Non è forse quello di diventare “come papà” ? - Lo scopo, bada bene, non è quello di rompere con la famiglia patriarcale, bensì quello di ripristinarne il "regolare" andamento. Il fine è la tua integrazione nella merdosa "normalità". Questo è il tratto reazionario del suo pensiero. Ma in tal caso sarebbe meglio morire, o non essere mai nati …  È per questo che quel porco di mio padre ha potuto così facilmente mettersi d`accordo con quel porco di Freud e farmi internare qui, in questa tua porca prigione dorata. Possano entrambi i vecchi beccarsi una sifilide fulminante.

- E tuttavia, - feci io debolmente - non pensi che l`averti mandato qui, in una clinica non certo oppressiva, e oltre a tutto da me, che sono tuo coetaneo e che se vuoi potrò diventare un tuo amico per davvero, sia stato pur sempre un atto di apertura nei tuoi confronti?

- Che me ne frega - disse lui- di queste mezze misure?

  A volte, lascia che te lo dica, tu mostri uno spirito di compromesso che sinceramente mi fa un po` schifo.

  Comunque ormai la mia grande cotta per Freud è finita. Quello pseudorivoluzionario viennese ha voluto fare del padre-padrone una legge di natura, inscritta nell`evoluzione della specie e nei nostri cuori ...

- E non è proprio così ? - chiesi io con una certa perentorietà da preteso neofita entusiasta del freudismo, soffocando deliberatamente la vocina che in me diceva il contrario.

- Cazzate! Cazzate! Cazzate!- replicò Gross con impazienza -. Proprio tu, come concittadino e lettore attento di Bachofen e di Nietzsche, ed anche come figlio e nipote di preti, dovresti già  aver scoperto il trucco. Il complesso di Edipo non ha niente di naturale. Scommetto che ci saranno tribù pretese primitive, ancora oggi, che lo ignorano. L`amore-odio per il padre, parallelo all`attaccamento morboso alla madre nella prima infanzia, è "naturale" solo per noi. Ma magari non sarà così per altri popoli o epoche. Io ci credo al matriarcato. A me pare dimostrato. O non è così ?

- Se sia proprio dimostrato - risposi io-, non lo so. Certo è che di indizi su tempi in cui al centro della vita sociale stavano le madri, più che i padri, ce ne sono tanti, nella storia o preistoria della cultura umana ... Ma non capisco ugualmente dove tu voglia arrivare, oggi, con le tue affermazioni .

-  Non lo capisci, è, furbacchione e coniglio bianco di Zurigo? ... O non vuoi capire ...

  Intendo dire che tutto questo materiale vitale su padri e figli, innanzitutto relativamente alla prima infanzia, se non è qualcosa che emerga dalla spontanea natura umana, come mostra di credere Freud, è frutto dell`immaginario collettivo. È mitologico ... Bada, non intendo elevare tutto ciò al livello del dogma. So bene che c`é pure una mitologia per così dire al femminile e libertaria, da Bachofen agli Irochesi di Morgan e poi di Engels (sì, proprio l’amico intimo di Karl Marx). Ma le mitologie incentrate sul padre mi paiono di gran lunga prevalenti, specie nella storia dell`Occidente: ellenico, romano, ebraico e cristiano. Questo lo sappiamo tutti, non è vero?

  C`é chi dice che tutte e tre le grandi religioni monoteistiche derivate da Abramo - l`ebraica, la cristiana e la musulmana - siano mitologie del Padre (ed è ovvio che il maiuscolo sia cifra del minuscolo, e viceversa). Del resto te lo ricordi come incombe, e con che furia tanto spesso omicida e addirittura stragista, il Padre, "Eloìm", il "Signore", alias l’assoluto padrone, nel Vecchio Testamento durante la conquista della “terra promessa”? Non ci troviamo forse di fronte, lì, ad un "Dio geloso"? E poi, caro Carl Gustav, te la ricordi la grande preghiera controrivoluzionaria di Nostro Signor Gesù Cristo?

   A questo punto Gross vide il mio grande imbarazzo di fronte a tali bestemmie, o addirittura il mio rossore. Perciò osservò :- Ma sì! Ma sì! ... Non mettermi subito una lunga coda nel buco del culo, don Carl Gustav Jung. Non sono un diavolo, e purtroppo neanche un satiro. Purtroppo perché ridere sempre,  come il Sileno di ogni mitologia, che non può farne a meno neanche in situazioni tragiche, e suonare il flauto in modo non meno straordinario di quel che facesse Apollo con la cetra, sino a far scoppiare di rabbia il divino arpista figlio e servo di Zeus, che perciò scuoiò il povero satiro Marsia che si era vantato di suonare, col suo flauto agreste, meglio di lui; ed anche  scopare divinamente, instancabilmente, e con “attributi” divini, come Sileno, come Marsia e come tutti i satiri, che dei caproni non avevano solo i piedi, ma anche i solidi coglioni, certo mi piacerebbe molto. Ma comunque, ribadisco, tu non equivocare! Io sto dalla parte dei "buoni", degli innocenti, delle vittime sacrificali, degli agnelli di Dio, guarda caso sempre sacrificati sugli altari del Signore e Padre, con un ben preciso colpo di pugnale alla gola, come hanno sempre fatto nella Pasqua ebraica, e come in modo magico e simbolico capita pure a Gesù “agnello di Dio” in ogni messa. Te lo ricordi il quadro di Caravaggio su Abramo che sta per sgozzare Isacco? Non è tremendo? E a Gesù - poveraccio! - capita lo stesso, solo che lì nessun angelo lo salva in extremis! Del resto, forse, persino il “rabbi” (rabbino) Gesù avrà compiuto tali sacrifici di agnelli, anche se non lo credo (nonostante il Vangelo del vecchio Giovanni, o di altri). Lo vedo meglio come sacrificato che come sacrificante. Ma, insomma, infiorettature - o se preferisci sproloqui - a parte, le cose stanno come dico io, sino a prova contraria ...

- Ma se Gesù - dissi io con enfasi - è continuamente in lotta con i guardiani del tempio, custodi del  Dio Padre del Vecchio Testamento, che alla fine lo mandano persino a morte ...

- Sì, sì, è vero - osservò Gross. - Pure, egli è succube e vittima del suo Grande Padre. Già è un figlio rifiutato ... Ma lasciamo stare i problemi di Giuseppe o con Giuseppe, che pure si leggono chiaramente tra le righe nei Santi Vangeli, sino a far pensare che nella vita concreta Gesù fosse stato un figlio cosiddetto illegittimo. Non m`interessa la storia, tanto più se sacra, fatta dal buco della serratura ... Neppure quella della dubbia paternità di Gesù. Restiamo pure al certo, anche se la nostra scienza nuova, la psicoanalisi, è tutta fatta per indizi, sino a che nel paziente si ricomponga il puzzle interiore, purché a ricomporlo sia proprio lui ... Ma pensa un po` a quel "Padre nostro". Te lo ricordi quel "Non c`indurre in tentazione"? - Ma ad indurre in tentazione non era il diavolo? O lo è pure il Padre? - Bel Padre, quello che ci induce in tentazione, e che infatti chiede Isacco come sacrificio umano, come se Lui fosse un dio azteco, assetato di sangue. Sì, sì, lo so che alla fine "arrivano i nostri", irrompe in extremis, come vero deus ex machina, il pennuto di Dio che ferma il braccio levato di Abramo. Ma quante volte “il pennuto” arriva "dopo", come nelle guerre sante, e in tanti sacrifici degli innocenti? E del resto Gesù è un Isacco scarognato, per volontà di Abramo-Geova. Ma era pure colpa sua, di Gesù ... Povero Cristo “riformista”. Lui, poverino, avrebbe voluto incorporare, incubare, incassare, inglobare, inoculare, iniettare, innestare...- e qui Gross enunciò non so quanti sinonimi - il Padre nel Figlio, in fondo il divino nell`umano. Lui aveva scoperto, in verità grandiosamente, il suo e nostro teomorfismo, ossia la nostra comunanza di forma universalmente umana con Dio, o meglio Dio in noi ... Te lo ricordi quando egli, ai fratellini ebrei scandalizzati per quell`abolizione della distanza infinita che correva tra Figlio e Padre - si trattasse di naturalità o celestialità della sua stessa natura - replicava ricordando: "Non avete letto che sta scritto: voi siete déi ?" Questo è scritto proprio da Giovanni, nel quarto Vangelo.

  Sì, tutto ciò Gesù l`ha ben detto e vissuto. Ma da riformista! E come al solito il riformismo è stato fottuto, così come sono sempre state fottute, nella vita, mio caro, ricordatelo bene, le mezze misure, le scelte fatte con mille riserve mentali, tentando di fare i furbi con le grandi opzioni che siamo chiamati a compiere ...

 - Via, via, Gross - feci io -, ti pare proprio che Gesù Cristo sia stato uno così ?

- Non so! Non so! Non so - gridò Gross quasi con disperazione -. Non vorrei dire male di quel poveretto, che io vedo così com`è stato raffigurato nel crocifisso di Masaccio, appunto come un povero Cristo torturato in modo vile ed atroce, ma rimasto umanissimo; niente affatto bestiale nella sua immane sofferenza, e per questo divino, più divino che mai, in quanto immagine paradigmatica di ogni innocente messo a morte ... E tuttavia egli enuncia continuamente quel suo atteggiamento da uomo in rivolta pentito. Il perno del suo "Padre nostro", che per questo ho detto "controrivoluzionario", benché - credimi - io dica ciò con tanta tanta simpatia e considerazione per l`orante in questione (per Gesù), è il punto in cui dice: "Sia fatta la tua volontà". Come la tua? E io chi sono, padre mio? - Il figlio di nessuno?

   E quella parabola del "figliol prodigo", la più bella di tutte, che mi faceva e mi fa piangere come una fontanella quando la sento o leggo, non culmina forse in quel grido di pentimento nei confronti del padre che l`ha generato - ben inteso soprattutto grazie alla madre, che però non compare mai - in cui il nostro fratellino dice: "Padre, ho peccato contro il cielo e contro di te..." (perché, si sa, obbedire al Cielo e al padre è un tutt`uno)? - Altro che storie! Così il “ragazzo rosso”, il “figliol prodigo”, è accolto di nuovo in casa, e potrà finalmente godersi, all`ombra del papà, l`invidia, magari sotto sotto potenzialmente omicida, del fratello maggiore, il “vicepadre”, che lì già si vede. Costui potrà eventualmente fargli fare la fine di Abele, o la quasi fine di Giuseppe messo nel pozzo dai fratelli, o dello stesso Gesù, fatto impalare pure dagli antichi fratelli correligionari, come ribelle presunto nei confronti della parola del Padre dell’Antico Testamento. E ancora in croce scongiura, naturalmente invano, che il “Padre” lo salvi, rimettendosi però alla sua volontà, contrapposta alla propria. E muore emettendo quel grande grido che a giusta ragione tanto turbava il mio compatriota Lutero: "Padre, Padre, perché mi hai abbandonato?" Sì, è il grido dell`uomo disperato nell`uomo-Dio. Ma non era sempre, in ogni istante, vero Dio oltre che vero uomo?

    E qui Gross, quasi per sdrammatizzare il discorso, ma al tempo stesso per personalizzarlo all`estremo, si mise sgangheratamente a ridere sino alle lacrime. Poi disse, cupamente:- Il poveretto fu abbandonato da suo Padre, così come i miei due padri, il carnale e lo spirituale, il grande professor Gross e l`ancor più grande dottor Freud, hanno fatto con me. Dio li fulmini!

  Io obiettai:- Ma non c`è solo la religione dei padri, nella stessa religione cristiana, come in ogni religione, anche la più primitiva ...

  Ma Gross era più preparato, sulla psicanalizzazione delle mitologie religiose, di quel che io non avessi creduto(9).

                        (Segue)

14 ottobre 2006

[Le illustrazioni della pagina: Freud; Otto Gross; Charles Fourier; Dioniso]


14/10/2006 12:00:00
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