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Il paese dell'anima. Scene dalla vita di Carl Gustav Jung
Il paese dell`anima: III) - La tragedia dell`uomo che volle farsi dio
Franco Livorsi

(franco.livorsi@unimi.it )

Le escursioni filosofiche del "primo Jung" mi avevano incuriosita. Perciò nell`incontro successivo ripresi la conversazione da quel punto.

- Potremmo ricominciare a parlare dei suoi filosofi da comodino della prima giovinezza?

- Volentieri, ma smettiamola con i nostri meravigliosi greci. Non mi piace apparire più pagano di quanto io non sia. Guardi che a me il Vangelo secondo Giovanni è sempre piaciuto più di Empedocle o di Eraclito. Sia ben chiaro!

- Non ne dubito, anche se Giovanni forse è il più neoplatonico, il più greco, degli evangelisti. Non è vero?

- Diavolo d`una donna - notò il vecchio Jung ridendo -, non la si può proprio gabbare neanche un pochettino, non è vero?

- Comunque - dissi io non meno divertita di lui -, seguitiamo pure come vuole Lei… Quali sono stati, dunque, i suoi originari maestri riconosciuti nel mondo moderno?

- In psicologia? Quella - nella nostra storia - viene dopo...

- No, no, semmai nella filosofia.

- Beh - notò Jung dopo averci riflettuto un po` su - sono stati tre. Tre, direi. Nell`ordine: Kant, Schopenhauer e l`ambiguo Nietzsche.

- Kant?? (chiesi io alquanto stupita).

- Sì, sì, proprio lui. Non sono irrazionalista quanto appaio, sa? Ho letto e riletto più volte la Critica della ragion pura, prima e dopo l`Università, specie nella prima versione: quella che pare fosse più vicina allo spirito empiristico, e se vuole scettico, di Hume, e anche al pessimismo di Schopenhauer (ma pure al senso del limite, che è proprio di noi scienziati).

- Che vuol dire?

- Non è chiaro?  Kant ci insegna che con le nostre intuizioni sensibili, o con i nostri concetti intellettuali, scientifici, noi possiamo conoscere solo i “fenomeni”: ossia appena appena “le cose che ci appaiono”, quelle che stanno nello "spazio" e nel "tempo" (i quali ultimi sono il filtro della nostra visione, la base della nostra elaborazione mentale, le funzioni che la rendono possibile nella sfera intuitiva, come poi il pensiero riflettente la rende possibile in quella appunto intellettuale). Lo scienziato deve fermarsi qui: a quel che appare nell`esperienza, a quello che è intuito dalla sensibilità razionale o rielaborato dall’intelletto. Anche lo psicologo ...

- Ma proprio Lei mi dice questo? E i suoi “archetipi”, le sue “impronte dell’originario”, per Lei presenti in ogni uomo, che paiono essere indizi di un mondo senza tempo - roba da Sant`Agostino, da Platone e da Plotino: pura mistica greca e cristiana - come si conciliano con tale approccio razionalistico? ...Che c`entra mai tutto questo con Kant?

- C`entra, c`entra ... C`entra in due sensi – disse Jung come riflettendo tra sé e sé. - Da un lato dobbiamo ricordarci del vecchio Immanuel Kant per ragioni di igiene mentale. Siamo scienziati, no? (anche se scienziati dell`anima), sino a prova contraria. Quantomeno vorremmo esserlo con ferma coscienza. Ebbene, allora non dobbiamo andare al di là del fenomeno, al di là dell`esperienza, qualunque essa sia (anche la più strana e inaspettata naturalmente, almeno per me - non dico per Kant -  sino alla telepatia ed oltre) ... Come scienziati, comunque, dobbiamo evitare di trarre dalle esperienze psichiche anche più strane conclusioni metafisiche. Prenda la telepatia: fenomeno per me indubitabile, verificato cento volte nel rapporto empatico, di identificazione psichica, tra me e i miei pazienti, o comunque tra loro e me.  Ebbene, basta ammettere questo e si apre tutto un altro mondo. Infatti, se è vero che c`è in noi qualcosa che spezza la barriera dello spazio-tempo - una barriera che solitamente assolutizziamo - allora noi stessi non siamo in tutto e per tutto nello spazio-tempo.

- È una ben strana funzione mentale, quella sottesa alla telepatia … 

 - Sì, ma è la “realtà dell`anima” come "corpo di diamante" del nostro inconscio, come credo fermamente io? Oppure dobbiamo accontentarci di dire che si verifica per strane funzioni fisiologiche per ora sconosciute? - Sia come sia come scienziati non dobbiamo “forzare i fenomeni”, non dobbiamo rispondere ai quesiti razionalmente irrisolvibili, almeno sino a quando ci si palesino come inconoscibili in sé e per sé … Ma non possiamo neppure rispondere negando la realtà di quello che non possiamo spiegare razionalmente: il che - se ci pensa bene - è altrettanto irrazionale che l’affermarlo. Anche questo “negare” la realtà del fenomeno “strano” che ci appaia sotto il naso, o spiegarlo con osservazioni di preteso buon senso che nulla spiegano, sarebbe un cacciare la testa sotto la sabbia come gli struzzi. Se proprio si tratti di qualcosa di inconoscibile, dovremo sospendere il giudizio. Dovremo essere agnostici: riconoscere che in quell’ambito, che per Kant era quello della metafisica, al di là dei fenomeni spazio-temporali,  “non possiamo conoscere”.

- Sono un po` sbalordita. Non è anche questa una fuga dalla realtà?

- Ma no ... No di certo ... Io non dico che non dobbiamo parlare di ciò che razionalmente, o anche semplicemente “ragionevolmente”, stia fuori dalla nostra portata conoscitiva di tipo razionale, spazio-temporale. Non affermo che dobbiamo tagliar via col “rasoio” ciò che non si lascia definire scientificamente, come pure affermava già un seicento anni fa l`ottimo filosofo della tarda scolastica Guglielmo Occam. Semplicemente ne possiamo parlare discettando di filosofia, o di teologia, o di altre opinioni, che possono pure essere vere, e che per me spesso, anzi, lo sono di sicuro, ma senza che il nostro risultato possa valere “necessariamente” per un altro, come nella scienza tendenzialmente accade sempre, almeno sino a prova contraria.

- Ho capito. E gli archetipi? Anche qui c`entra Kant?

- Ma certo! Lei si ricorda che Kant spiega che noi pensiamo attraverso funzioni che ci permettono di inquadrare razionalmente i pensieri? - Che pensiamo, cioè, perché abbiamo il senso dello spazio, e del tempo, e la capacità di pensare i pensieri? Tutte cose che non esistono in natura …

- Mi pare ...

- Ebbene, gli archetipi - le impronte originarie che stanno nella nostra mente, da cui emergono i nostri eterni miti, ora sommersi ed ora emergenti, sempre diversi e sempre uguali a se stessi: miti che sono come stelle polari per la nostra navigazione nella vita - sono  anch`essi funzioni mentali: però non già primariamente del pensiero razionale, bensì del nostro inconscio di specie. Sono le ragioni seminali dei nostri sogni più universalmente umani, grandi sogni che ciascuno fa al modo di tutti quanti, ma in base al suo essere più personale. Tutto qui.

- E questo che relazione ha con il grande pessimismo romantico del Mondo come volontà e rappresentazione del vecchio Arthur Schopenhauer, cui si è riferito a proposito della prima edizione della Critica della ragion pura di Kant?

- Il punto chiave mi pare questo: Schopenhauer sentiva come tragedia quest`impossibilità di valicare i fenomeni, di andare al di là dello spazio e del tempo, anche se poi cercava egli pure un`uscita di sicurezza, per oltrepassarli. Egli diceva a se stesso che se neanche noi, esseri pretesi razionali, possiamo conoscere il mondo in sé, ossia com’è al di là di ciò che appare alla nostra umana sensibilità spazio-temporale, questo “in sé” deve avere un fondamento diverso dalla nostra razionalità intellettuale. Dev’essere insomma un che di inconscio! E con ciò arriviamo pur sempre all`inconscio, alla realtà originaria dell’irrazionale, che in lui appare come volontà “cieca” di vivere. Questo è sacrosantamente vero, per me come per Freud.

- Anche lui sta con Schopenhauer?

- Ebbene, sì! Non c’è dubbio. E ne era del tutto consapevole. Solo che egli vi sta, a mio parere, in modo più angusto di me. Vi sta più da medico vecchia maniera, timorato di essere messo in ridicolo dai tanti fessi che lo perseguitavano nella sua Vienna negandone l`indubbia genialità.

- Ma dove lo vede, in Freud, quello che dice?

- Intanto lo dico perché lo so, per lui e per me. Entrambi abbiamo visto la vita come una forza dinamica che crea se stessa, come energia psichica allo stato puro, di nient`altro desiderosa che di vivere, e di tutto creatrice. Come Schopenhauer, ed anche partendo da Schopenhauer. Solo che Freud era legato alla grandezza e miseria del darwinismo della sua giovinezza, ossia all`idea dell`evoluzione biologica e solo biologica, allora ritenuta valida non solo in biologia, com’è giusto, ma in tutti i campi. Era un’idea - quella dell’evoluzionismo biologico, o omologo ad esso, in tutti i campi - per cui tutti, al suo tempo, diventavano matti, perché pensandola così si sentivano tanto scientifici, tanto positivi, anzi “positivisti”, fino alla morte. Perciò Freud voleva tenersi sempre fermo al suo proprio laboratorio da medico fisiologo. Voleva vedere l`energia solo come l`espressione dell`istinto nella sua realtà biologica, così da legarlo strettamente al variare degli organi del corpo umano ... Comunque anche per lui l`inconscio, in sé, è la volontà di vivere di Schopenhauer, che è poi, con qualche variazione, la volontà di potenza di Nietzsche  ...

- Anche Nietzsche sta allora alla base della psicoanalisi?

- Ma sì, credo proprio di sì, almeno per me, anche se credo che questo filosofo Freud lo abbia solo orecchiato. Non era certo il suo tipo ... Quel filosofo, nonostante il suo preteso o reale ateismo ossessivo, era troppo mistico per i suoi gusti. Ma non per i miei, notoriamente. Forse per i miei, anzi, non lo era abbastanza. (E qui Jung scoppiò di nuovo a ridere fragorosamente).

- E anche questo lo sappiamo … Ma per ora lasciamo stare Freud e parliamo piuttosto di questo suo Nietzsche.

- Lo lessi molto soprattutto all`Università, e ne discussi tanto con i miei amici. Oggi, come sa, ne parlo poco volentieri, e abbastanza male, almeno al di fuori della nostra cerchia più stretta. Ma certo mi ha segnato per la vita. Lo sa che ho fatto per anni ed anni seminari di commento psicologico analitico al Così parlò Zarathustra di Nietzsche?

- L`ho sentito dire ... Ma perché dice che ora, su Nietzsche, preferisce svicolare?

- Per via della faccenda del nazismo. Ma su ciò non prenda appunti, o meglio li prenda, ma non li svolga. Nietzsche è considerato anticipatore del nazismo. E anch`io lo penso con ferma convinzione, anche se non mi fa piacere né pensarlo né dirlo, dal momento che questo filosofo l’ho sempre amato. L`irruzione del dio antico-germanico, e barbarico, Wotan, chiara in Wagner (se pensa anche solo all’Anello del nibelungo), in Nietzsche c’era già, anche se in lui si presentava col nome del nume dell`ebbrezza scatenata: il dio greco Dioniso. Il dio dell’ebbrezza greco e mediterraneo sarà anche diverso da Wotan, come mi dice il mio allievo Hillman. Ma il risveglio di Dioniso, così chiaro in Nietzsche, e poi in tanti altri, è stato comunque un’esplosione altamente significativa di neopaganesimo nella nostra storia contemporanea: un neopaganesimo che poi avrebbe trovato in Hitler il suo profeta, o meglio il suo profeta nero, il suo necessario Anticristo in un certo senso. Parlando di superuomo Nietzsche non pensava certo a un tipo come Hitler, tanto più che egli non era affatto antisemita … Ma un nesso tra Nietzsche e Hitler c`è, come c`è tra Cristo e la chiesa di Roma, che certo Lui, Gesù, almeno come uomo storico, neanche s’immaginava, tanto che in pratica, pur non escludendo altri interlocutori non semiti, si era rivolto solo agli ebrei, senza fare neanche un viaggetto di predicazione tra i pagani ...

- Dunque, abbasso Nietzsche!

- Piano, piano... Noi sappiamo che c`è di più. Nietzsche si è semplicemente fatto infettare (noi psicologi analitici diremmo “inflazionare”) dalla sua grande scoperta, che noi abbiamo poi perfezionato.

- Quale scoperta?

- Quella della nevrosi come “malattia sacra”: una malattia che fa tanto male, che può fulminare, ma che è anche il frutto di un bisogno spasmodico di andare al di là della miseria esistenziale in cui si era, e che a un certo punto della vita non si è più potuto accettare, perché alla nostra sfera più intima e più segreta questo non stava più bene, costasse quel che doveva costare, per cui “contro la  realtà”, infame ed oppressiva, pur di negarla, si preferiva diventare disadattati, o magari pazzi ... Ma questo ammalarsi, questo diventare nevrotici, o persino pazzi, disadattati o estranei al cosiddetto mondo reale, ha un grande significato esistenziale, positivo. Quel male di vivere indica che la vita com’è non ci va affatto bene, per tante ragioni. Quelle degenerazioni mentali sorgono dal bisogno di oltrepassarla.

- E questo Lei lo coglie in Nietzsche?

- Sì, stia a sentire. (E nel dir così il vecchio Jung prese un`edizione rilegata in rosso del Così parlò Zarathustra di Nietzsche). Il profeta Zarathustra dapprima lascia la patria e i "laghi della sua patria" - certo la nostra Svizzera, e in particolare la mia Basilea, dove Nietzsche insegnava all`Università, come collega di mio nonno - e sale sulle montagne. Sempre le nostre, credo. Anzi, ne sono certo. Si trattava dell’Engadina, dove a Sils Maria ebbe la cosiddetta rivelazione dell’eterno ritorno (che però aveva già letto in Eraclito, ma da dotto, non ancora da visionario). Dopo dieci anni di meditazione, direi da yogin, Zarathustra sente la vocazione profetica e scende in città (la nostra fottutissima città borghese, forse la Basilea del suo tempo), che egli chiama, guarda caso, "la vacca variopinta". Dapprima ha l`ingenuità di voler parlare a tutti, come il suo aristocratico maestro Eraclito mai e poi mai avrebbe fatto. Ma già nella sua prima orazione alla folla parla pure di quella gente ferita nell’anima che Freud faceva distendere sul lettino e che io faccio discorrere con me faccia a faccia. Mi riferisco, si capisce, ai nostri amici nevrotici.  Ma senta... Senta questo rovesciamento - però generoso - del discorso delle beatitudini del buon Gesù.

Ora anzi, cara Aniela, facciamo un piccolo esperimento di “immaginazione attiva”.  Chiuda gli occhi, e pensi al famoso mercato del pittore fiammingo Brüghel, che certo conosce: con tutti quegli omini grotteschi che vivono quasi l`uno addosso all`altro, in quella sarabanda di colori e in quel contesto quasi da teatro delle marionette. Se vuole può pure immaginare un palco da comizi rosso e nero, e vedere, nel modo di parlare - alias essere - di Zarathustra, ora i toni dolci e persuasivi che possiamo attribuire a un San Francesco, ed ora, e quasi all`improvviso, ma attraverso un crescendo che va colto, le esplosioni isteroidi, seppure sempre ispirate, del tremendo profeta neopagano Adolf Hitler. Io, tra l’altro, immagino che anche Lutero fosse stato un predicatore di questo genere …

Quel giorno l`oratore, Zarathustra, non ha tanta fortuna, perché di fronte a sé ha solo una folla di curiosi, eterogenea, che lo ascolta distrattamente, noi diremmo mangiando noccioline e parlottando, niente affatto coinvolta.

Ma lasciamo parlare Nietzsche. Non si stupisca, però, se leggendo lo aiuterò un poco a spiegarsi, attraverso minime variazioni, se mi verrà voglia di farlo.

 "Ciò che vi è di grande nell`uomo è che egli è un ponte e non una fine." (Ciò che mi piace nell`uomo è la sua natura di essere aperto, capace di cambiare profondamente se stesso, anche se questa trasformazione, questa rinascita, lo può far perire). Ciò che posso amare nell`uomo è dunque il suo essere “un passaggio e una caduta”. Come potrà diventare nuovo se prima non sarà diventato cenere (dice in un altro punto)?

 "Io amo coloro che non sanno vivere, anche se sono coloro che cadono, perché essi sono coloro che attraversano.

Io amo i grandi spregiatori, perché sono i grandi adoratori, sono frecce di nostalgia verso l`altra riva...

Io amo colui che si vergogna quando il dado cade in modo favorevole a lui, e si chiede: `Sono forse un baro?` giacché egli vuole andare a fondo."

E ora senta qui: "Io amo colui che castiga il proprio Dio perché lo ama, giacché egli perirà per la collera del suo Dio." E questa non fu la storia di Nietzsche? Era talmente "religioso" da voler combattere Cristo come l`amante odia ed ama l`amata, sino a perire per il vuoto che la negazione di ogni fede produsse in lui - Nietzsche - povero dio mancato ...

E ancora: "Io amo colui la cui anima resta profonda anche nella ferita e può essere distrutto anche da un piccolo avvenimento, perché così andrà volentieri all`altro capo del ponte."

E qui, anche se certo il filosofo parlava ancora una volta di se stesso, non cogliamo l`ipersensibilità terribile di ogni nevrotico?

   E ancora: "Io amo tutti coloro che sono come gocce pesanti che cadono a una a una dalla nera nube che sovrasta l`uomo: essi annunciano che sta per venire il fulmine e periscono come annunciatori."

   È sempre il tema del disagio esistenziale che annuncia una rinascita, in tal caso viziata da un sentimento di onnipotenza, pur percepito subito come autodistruttivo. L`uomo che vive tale situazione pare immolarsi, a un punto tale che persino la pazzia sembra essere stata, qui - sei anni prima che in Nietzsche si verificasse davvero - annunciata.

- Addirittura?

- Ma sì… Infatti, proprio alla fine di questa decisiva parte introduttiva (e qui il vecchio Jung cercò, e subito trovò, il brano), dice: "E quando un giorno la mia accortezza mi abbandonerà (ahimè, essa ama volar via!), che il mio orgoglio voli allora accanto alla mia follia!"

- Sì, è veramente impressionante. E Lei lo comprese subito, a vent`anni?

- Ebbene, non vorrei apparirle arrogante, ma credo proprio di sì.

Ma in Nietzsche c`é anche una dimensione onirica in cui vengono sceneggiati i nostri archetipi, e dunque viene un po` dimostrata la nostra teoria.

- Addirittura?

- Ma certo... Senta un po` qui... Zarathustra sta lì, in silenzio, incompreso dalla folla. Noti però che egli aveva parlato a lungo di un uomo che è come “una corda annodata fra l`animale e l`oltreuomo, una corda sospesa sopra un abisso”. A questo punto - disse il vecchio Jung  tornando a leggere - afferma che "l`uomo è un pericoloso andar dall`altra parte, un pericoloso metà cammino, un pericoloso guardarsi indietro, un pericoloso rabbrividire e stare fermi." È lì che parla, poi, di quelli che non sanno vivere e cadono, dicendo di amarli in quanto "attraversanti" (noi potremmo ben dire "rinascenti").

- Come i nostri nevrotici secondo Lei, insomma.

- Per lo meno come i migliori tra loro...

Ora il tema della corda sospesa tra un essere e l`altro, tra l`animale e il dio, tra l`identità antropoide della scimmia - dice, suo malgrado darwinisticamente, ad un certo punto - e l`oltreuomo, ossia tra la disarmonia fra istinto e pensiero e la loro armonia o fusione, si trasfonde - dopo il discorso ai sordi “uomini massa” di cui abbiamo detto - in visione. Del resto è propria di Nietzsche - e forse è il segreto della sua capacità di fascinazione - la capacità di trasformare l`idea in visione onirica.

- Anche in ciò, insomma, è uno legato al mondo dei sogni, e specie dei grandi sogni, come noi, non è vero?

- Dei grandi sogni, che a occhi aperti diventano poi miti.... Appunto …Ma dell`uomo come corda sospesa tra l’essere un semplice animale o un uomo-dio abbiamo già detto abbastanza.

 Ad un certo punto, poi, ci fa vedere il funambolo: l`individuo che passa sulla corda sospesa per aria (la corda tra “uomo animale” e uomo “animale-dio”, o oltreuomo, di cui abbiamo detto), e fa di ciò - di questo suo "attraversare" - il senso stesso della sua vita. È chiaro ora il simbolo del funambolo?

- Direi! L`uomo è sospeso tra l`animale e l`oltreuomo come il funambolo in equilibrio su una corda al di sotto della quale c`é l`abisso. Deve procedere oltre se stesso, più o meno come si è fatto quando da scimmia si è diventati uomini (dal più al meno “scimmie pensanti”).

- Senta allora... "Ma ecco che accadde qualcosa che fece ammutolire ogni bocca e rese fisso e immobile ogni occhio. Poiché in quel frattempo il funambolo aveva cominciato il suo lavoro.

 Era uscito dalla sua porticina e ora camminava sulla corda sospesa tra due torri, in modo da esser sospeso sul mercato e sulla folla.

   E quando fu a metà del cammino, la porticina si aprì di nuovo e un individuo vestito di panni variopinti, che sembrava un pagliaccio, ne balzò fuori e seguì l`altro con passi affrettati."

 Lo vede, Aniela, l`Arlecchino, l’uomo dai panni variopinti?

- Lo vedo.

- Ebbene, Arlecchino inveisce. "Su presto, sciancato! Presto, marmotta, contrabbandiere, faccia da cadavere! Su, se non vuoi che ti faccia il solletico col mio calcagno! Che fai tu qui fra le torri? Dovresti starci dentro, bisognerebbe rinchiuderti lì, perché ingombri la strada ad uno che è migliore di te!"

 "E così dicendo gli si avvicinava man mano. Ma quando non fu più che ad un passo dietro di lui, allora successe la cosa terribile che rese muto ogni labbro e fissa ogni pupilla. Con un grido da indemoniato - non dimentichi quest`aggettivo “indemoniato”, Aniela! - egli saltò al di là di colui che gli impediva il cammino.

 Ma quello quando vide il rivale vincere a quel modo - col salto invece che passo dopo passo, “come se l`uomo potesse essere saltato”, intende Aniela? - perse la testa e il contatto con la corda, gettò via la pertica e, più rapido di questa, precipitò come un turbinio di braccia e di gambe giù nel vuoto.

Il mercato e la folla allora furono come il mare quando l`assale la tempesta: tutti se la dettero a gambe cadendo uno sull`altro, e specialmente là dove il corpo doveva sfracellarsi."

Il corpo del funambolo cade ai piedi di Zarathustra, rimasto immobile. E qui si ha un ben significativo dialogo col morente.

"- Che fai tu lì ? Sapevo da tempo che il diavolo - vede, Aniela? - Di nuovo lui! Vede che l’aggettivo “indemoniato” riferito al pagliaccio saltatore non era stato messo lì per caso? - mi avrebbe fatto lo sgambetto. Ora mi trascina giù all`inferno. Vuoi forse impedirglielo?

- Sul mio onore, amico, non c`é nulla di tutto ciò. Non c`é nessun diavolo, e nessun inferno. La tua anima sarà morta ancor prima del tuo corpo. Non temere più nulla."

Il funambolo morente lo guarda con diffidenza e parla molto a fatica.

"- Se mi dici la verità, allora non perdo nulla, perdendo la vita. Non sarei molto più di una bestia cui si è insegnato a ballare a furia di botte e amari bocconi.

- Non è così ... Tu hai fatto del pericolo il tuo mestiere, e non c`è nulla di spregevole in questo. Tu muori per la vita che hai scelto, e per questo “ti seppellirò con le mie stesse mani."

Che ne dice, Aniela?

- Impressionante, veramente impressionante! Lo conoscevo, naturalmente. Ma lei gli ha dato una vibrazione particolare. Intuisco già il suo pensiero, ma vorrei sentirglielo esprimere. Che significa questo grande sogno (perché si tratta di un grande sogno, non è vero)?

- Certo, è un grande sogno, un mito dell`inconscio collettivo del signor Nietzsche, che parla per sé e per tutti noi: per noi della sua epoca, che durerà chissà per quanti decenni, o secoli, ancora.

Il funambolo è l`uomo che partendo da una pratica di vita che pare da animale, vuol farsi dio. Del resto noi tutti siamo animali, esattamente come cani, gatti e scimmie, ma dotati di ragione, il che non è proprio di nessun animale, ma semmai di Dio. Siamo animali ragionevoli, come diceva Aristotele. Io, però, per non enfatizzare troppo la nostra povera ragione, preferisco dire che siamo animali coscienti. Abbiamo un pensiero che probabilmente non è diverso da quello degli altri animali, ma che in noi si è appunto fatto cosciente e critico, e perciò anche razionale e responsabile. Probabilmente il pensiero infinito c’è anche nell’animale, ma solo inconsciamente. In noi invece c’è - in modi e forme diversi dall’uno all’altro - coscientemente, al limite come in Dio, se esiste.

Si comprende, perciò, che il nostro funambolo, che in quanto uomo autentico vive simultaneamente tra due estremi della corda che sono l’animalità e la divinità, appaia a Zarathustra come uomo che tende all’oltreuomo. Al nostro funambolo va male, poiché egli precipita nell’abisso, esattamente come capitò poi a Nietzsche, che durante questa spericolata traversata perse il senno. Impazzì. E la pazzia è una specie di morte: la morte dell’Io…

- E le torri? Perché parla delle torri? È solo un dato scenografico?

- Mah? Lei sa che a me la torre è sempre parsa il luogo dell`anima. Me ne sono persino costruita una, quasi con le mie mani, a Bollingen, come luogo elettivo per il mio spirito. Pare che l`uomo dell`inconscio ami la torre, forse per la sua forma circolare (il “rotundum” è la forma dell`essere, o della "casa dell`essere"). Ma forse c`è anche un dato più preciso. Deve sapere che quando Nietzsche, oppresso da piccoli continui innumerevoli malanni fisici, quasi insopportabili, se ne tornò in Germania, come giovane pensionato del nostro Stato svizzero (per via dell`insegnamento universitario a Basilea), dopo aver trascorso qualche tempo in casa della sua mamma andò ad abitare in una torre poco distante, sempre al suo paese. Ma anche il poeta più caro a lui (e anche lui impazzito), il grande Hölderlin, visse a lungo, già folle, in una torre: la torre di un faro. E questo Nietzsche lo sapeva. Nella torre sta il malato di mente, o l`uomo dell`inconscio, dominato dal solo inconscio, ecco ...

- E dunque quell`Arlecchino, quell`uomo vestito di panni variopinti, quando dice al funambolo che meriterebbe di esser chiuso per sempre nella torre ha in mente il manicomio come carcere a vita, o la torre della pazzia ...

- Esattamente ...

- Ma guarda un poco! E questo pagliaccio?

- Lei stessa lo ha chiamato Arlecchino. E qualcuno questi Arlecchini di Nietzsche – quasi certamente senza pensare affatto a Nietzsche - ce li ha fatti vedere in tutte le maniere possibili e immaginabili, come se ne fosse ossessionato, quasi si trattasse dei suoi demoni. Lei sa chi è, vero?

- Mi vergogno come una scolaretta, ma non riesco a immaginarlo.

- Sono gli Arlecchini di Picasso, come ho avuto modo di sostenere anche in un saggio sulla sua pittura... Ma non si preoccupi. Lei non può mica aver letto tutto quello che ho scritto! Non ci sono ancora le mie opere complete. Sono ancora vivo, io... (E nel dir ciò Jung scoppiò a ridere come un bambino). E magari queste opere complete non ci saranno mai. In fondo non mi dispiacerebbe affatto.

 Ma torniamo ad Arlecchino. Egli è una sorta di dio pagano, un dio ingannatore, protettore di ladri e mercanti, come Mercurio. Ma per un cristiano è anche il diavolo. Infatti il funambolo morente dice che "l`uomo vestito di panni variopinti" è il "diavolo" che gli ha "fatto lo sgambetto". In prima approssimazione potremmo dire che è quello che noi chiamiamo l`archetipo dell`Ombra: è, cioè, la figurazione del Negativo dentro di noi. È il grande tentatore e trasgressore interiore, che ci fa paura balzando accanto a noi come un fantasma senza volto nei sogni, o come un ladro penetrato occultamente in casa nostra, o peggio ancora come un possibile assassino ignoto. È, insomma, la realtà del male, ma il malum nostrum, totalmente di noi stessi. Perciò non è sufficiente rifiutarlo. Dobbiamo imparare a conoscerlo, a placarlo, a rabbonirlo o a superarlo. Anche se quatto quatto può sempre riemergere all`improvviso.

- Dunque, se capisco bene, è il funambolo stesso ad aver prodotto - fatto emergere - il pagliaccio che lo fa cadere nel vuoto ...

- Sì, cioè è Nietzsche, che sotto sotto quando scrive sa di aver imboccato una brutta strada. Sa, oscuramente, di aver intrapreso una traversata ben pericolosa, che porta sì "oltre l`uomo", ma nella quale si può pure “perdere l`anima”, cioè la coscienza. Si può giungere alla morte psichica. È un`altra delle incredibili premonizioni della follia di cui già abbiamo parlato. Però badi che qui Nietzsche, nel 1883, iniziando il grande viaggio nei recessi dell’essere con la maschera di Zarathustra, ha ancora la testa abbastanza a posto, almeno quasi sino alla fine del brano che abbiamo letto.

- Cioè ?

- Egli sa che “il viaggio”, il grande viaggio verso l`al di là dell`uomo, la nékia o discesa agli inferi dei greci, per noi l`immersione negli abissi dell`anima alla ricerca dell`essere eterno che la faccia rinascere, immersione e viaggio che chiunque voglia rinascere deve fare, è una cosa da far tremar le vene e i polsi; è quasi un maneggiare dinamite pura ... E dice - quasi come se fosse un equilibrato svizzero come me (perché forse lo spirito di Basilea lo influenzava ancora) - che bisogna sì procedere fermamente in questa direzione, passo dopo passo sulla corda sospesa nell’abisso che porta dall’uomo animale ragionevole all’uomo animale-dio, ma che bisogna farlo a piccoli passi e stando ben attenti all’equilibrio, non tramite balzi che possono farci finire nel vuoto. L`uomo che io stesso sono, mezzo bestia e mezzo dio come ogni "fratello" della mia specie, può sì essere superato, ma non può essere saltato. Solo un pagliaccio, solo uno pseudo-uomo, o uno pseudo-dio, uno privo del senso del limite, un “diavoletto”, un’anima perduta, può immaginare che si possano fare, su tale terreno, dei balzi; può cioè pensare che si possa disprezzare il pericolo di una tale traversata sull`abisso, compiendo salti mortali... Ci vuole piuttosto la pertica per l`equilibrio, sull`abisso: per non cadere, per non provocare la morte dell`anima, per evitare l`inflazione psichica ...

- Vuol dire la pazzia, vero?

- Sì, la pazzia come “inflazione psichica”, come eccesso di circolazione non già della moneta, ma di inconscio, nella nostra psiche; come allagamento da parte delle acque dello Stige, cioè dei fiumi dell`abisso dell`inconscio, di tutta la mente, comprese le zone cosiddette consce.

    Ma il grande tentatore interiore ci fa perdere l`asse d`equilibrio, ossia l`equilibrio. E la pazzia arriva.

- E quello strano e forse un po` retorico e stiracchiato dialogo finale tra il morente e Zarathustra che vuol essere suo becchino?

- Sì, non è tanto bello, lì, letterariamente. Ma a noi che importa? È da meditare ugualmente. È come se Zarathustra dicesse al morente: “Non aver paura dell`Ombra, cioè del diavolo. Non esiste. L`hai prodotto tu. Ora troverai la pace, una sorta di Nirvana negativo, l`annullamento dei contrari che ti opprimevano: nella dolce follia, nella morte dell`anima, nel trapasso” ... E gli rende l`onore delle armi, come si conviene nei confronti di un “doppio” di se stessi. Fa un gesto di "pietas", di eroica consolazione, o di consolazione dell`eroe dello spirito destinato a morire. È come se Zarathustra dicesse: "Caro Friedrich Nietzsche, il tuo viaggio dell`anima finirà male, molto male:  nella morte psichica, ma io ti canto." Mi fa pensare persino a quel poeta spagnolo che piangeva il torero... Come si chiamava? Ah, sì: Garcia Lorca...

- Già… Lo so a memoria.

"Non ti conosce il toro né il fico,

né i cavalli né le formiche di casa tua.

Non ti conosce il bambino né la sera

perché tu sei morto per sempre...

 Verrà l`autunno con le conchiglie,

uva di nebbia e monti aggruppati,

ma nessuno vorrà guardare i tuoi occhi

perché tu sei morto per sempre.

Perché tu sei morto per sempre,

come tutti i morti della Terra,

come tutti i morti che si scordano

in un mucchio di cani spenti.

 Nessuno ti conosce. No. Ma io ti canto.

Canto per dopo il tuo profilo e la tua grazia.

La grande maturità della tua intelligenza.

Il tuo appetito di morte e il gusto della sua bocca.

La tristezza che ebbe la sua coraggiosa allegria"...

Con quel che segue...(3)

                                           (Segue)

2 settembre 2006

[Le illustrazioni di questa pagina, a partire dall`alto: Giovanni Evangelista; Immanuel Kant; Arthur Schopenhauer; Friedrich Nietzsche; "Il grande mercato del pesce" di Brueghel; "il funambolo" di Klee; la casa di Bollingen; "Arlechino pensoso" di Picasso; "Acrobata e giovane" di Picasso; "La morte del torero" di Picasso] 


02/09/2006 12:00:00
04.11.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it )- E poi che accadde?- In quello stesso periodo fui invitato a tenere una serie di lezioni sulla teoria psicoanalitica alla Fordham University di New York. Il contesto di rottura con i freudiani mi consentì di esporre per la prima volta in modo aperto e ampio una nuova teoria...
 
27.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it ) Quando ci rivedemmo, io esordii osservando:- Dottor Jung, abbiamo parlato di tanti eventi che si sono svolti sullo scorcio della fine del primo decennio del secolo. Da quel punto, abbiamo pure...
21.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it )Sì, sì, sì - disse Gross -,. lo riconosco. Te l’ho già detto anch’io … Ma a vincere, alla fine, è stato il Padre, il Grande Padre, sempre maiuscolo e sempre minuscolo, e sempre sulla nostra pelle e sulle nostre palle; per non dire della sorte toccata alle nostre sorelline, che...
 
14.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it ) - Se dovesse indicare - chiesi a questo punto al vecchio Jung - quale sia stato il contesto d`esperienza, in senso professionale, in cui si determinò la rottura irrimediabile con Freud, in che cosa lo individuerebbe? Quale fu insomma l`origine pratica, non banalmente privata,...
07.10.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it)- Alla luce di queste sue testimonianze, in fondo Freud - osservai io - con la sua psicologia umana tutta incentrata sullo spettro del padre non aveva affatto torto.- Lei mi vuole provocare ...- È il mio mestiere, qui, non è vero? Ci mettemmo entrambi a ridere.- Freud - notò...
 
30.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it)- La psicoanalisi di Freud - chiesi allora al vecchio Jung - accentra tutta l`analisi sui traumi psichici della prima infanzia, ma in generale ad essere vagliati sono soprattutto adulti, per lo più di sesso femminile. Mi chiedevo se Lei, in questa fase freudiana della sua vita,...
23.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it) Verso la fine del mio tirocinio in Psichiatria cominciavo a diventare quel che si dice - anche se a me quest`espressione ha sempre fatto un po` ridere - una celebrità. E non sempre per ragioni “scientifiche”. Avevo preso ad applicare, come Le ho già detto, l`ipnosi a scopo...
 
14.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it ) - Così, attraverso lo studio sistematico dei fenomeni medianici della giovane cugina isterica Helly, iniziai il mio lungo viaggio nei misteri della mente.Mi ero appena laureato, per la verità nel migliore dei modi, quando Bleuler mi offrì un posto da assistente in Psichiatria...
09.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it)Rimanemmo silenziosi, nella penombra, per circa un minuto. Jung si accese la pipa e cominciò ad emettere piccole nuvolette di fumo dal suo “camino”. Poi ruppe il silenzio:- Forse potremmo ricominciare. Ma non saprei bene da dove …- Beh - replicai - intanto potrebbe dirmi quale...
 
02.09.2006
Franco Livorsi
(franco.livorsi@unimi.it )Le escursioni filosofiche del "primo Jung" mi avevano incuriosita. Perciò nell`incontro successivo ripresi la conversazione da quel punto.- Potremmo ricominciare a parlare dei suoi filosofi da comodino della prima giovinezza?- Volentieri, ma smettiamola con i nostri meravigliosi...
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Alessandro Gassman e Marco Giallini sul grande schermo ...
Al Teatro Sociale tornano i tanto attesi appuntamenti del Sabato Pomeriggio in Famiglia quest'anno una...
Segnaliamo un articolo comparso sulla rivista economiaepolitica.it in cui si sostiene la tesi che le...
Segnaliamo un interessantissimo articolo di Rosa Canelli e Riccardo Realfonzo sulla crescente disuguaglianza...
Il Forum dei Movimenti per la Terra e il Paesaggio annuncia che il Gruppo di Lavoro Tecnico-Scientifico...
Segnaliamo un interessantissimo articolo del prof. Felice Roberto Pizzuti docente di Politica Economica...
I MARCHESI DEL MONFERRATO NEL 2018 Si è appena concluso un anno particolarmente intenso di attività,...
Stephen Jay Gould Alessandro Ottaviani Scienza Ediesse 2012 Pag. 216 euro 12​ New York, 10 settembre...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/lavoro-e-diritti/diritti/scuola-sanita-e-servizi-pubblici/servizio-sanitario-nazionale-a-prezzo-regionale-il-paradosso-del-ticket/...
Segnaliamo, come contributo alla discussione, un interessante articolo comparso sul sito “Le Scienze.it” Link:...
Il Circolo Culturale “I Marchesi del Monferrato” presenta il suo nuovo progetto per il 2018: le celebrazioni...
Segnaliamo un interessante articolo comparso sulla rivista online economiaepolitica http://www.economiaepolitica.it/politiche-economiche/europa-e-mondo/la-ripresa-e-lo-spettro-dellausterita-competitiva/...
DA OGGI IN RETE 2500 SCHEDE SU LUOGHI, MONUMENTI E PERSONAGGI A conclusione di un intenso lavoro, avviato...
Segnaliamo il libro di Agostino Spataro, collaboratore di Cittàfutura su un argomento sempre di estrema...
Memoria Pietro Ingrao Politica Ediesse 2017 Pag. 225 euro 15 Ha vissuto cent’anni Pietro Ingrao...
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